Stima e affetto

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Una delle principali differenze che ho notato tra le superiori e l'università è la diversa importanza che si dà ai professori o alle persone più grandi in generale.

Per quanto unx possa rispettare il proprio insegnante, infatti, alle superiori non ci sono grandi dimostrazioni di stima e affetto, per non parlare poi del fatto che alcunx abbiano anche il coraggio di insultare e litigare in classe con i propri prof.

All'università no, queste cose ce le sogniamo proprio: tralasciando il fatto che il rapporto docente-studente è completamente diverso, per quanto tu possa odiare un professore finirai sempre e comunque per rispettarlo.

Ci sono due questioni che voglio trattare in questo capitolo, ovvero gli studenti Senior e la teoria degli applausi.

Gli studenti Senior sono quelli che hanno deciso di iscriversi all'università più tardi rispetto agli altri: solitamente sono persone che hanno passato i 40 e hanno deciso di prendersi una seconda laurea per sfizio personale, ma ho sentito che a Filosofia c'è un signore molto anziano che non ha terminato il percorso universitario per motivi di forza maggiore e ha deciso di approfittare della pensione per concludere gli studi.

In ogni caso, gli studenti Senior sono delle vere e proprie celebrità tra noi studenti regolari: tutti li conoscono, tutti non perdono un'occasione per parlare con loro e hanno il posto assicurato in aula, visto che nessuno di noi se la sente di farli stare per terra al freddo.

Che poi, almeno da noi, è tutta gente molto interessante: uno è CEO in una grande azienda di programmazione, un altro ha studiato a Stanford e un altro ancora ha viaggiato per l'Europa in moto. Devo ammettere che è un po' triste che siano solo maschi, ma questo non diminuisce la stima che nutriamo nei loro confronti.

E poi c'è la teoria degli applausi (il nome trash ovviamente è mio, ma ha senso).

Molto spesso vengono dei professori esterni a fare dei seminari monotematici: durante il corso di Storia della filosofia, ad esempio, abbiamo avuto un seminario su Leibniz tenuto da un docente dell'Università di Venezia, uno su Nietzsche tenuto da una professoressa dell'Università di Salerno e uno sulla Scolastica tenuto da un dottorando.

In queste occasioni è prassi comune applaudire alla fine del seminario: secondo me è più per la gioia di scappare via dopo tre ore, ma mi dicono dalla regia che è un gesto di rispetto nei confronti del relatore.

Questa è, appunto, una consuetudine per i seminari e gli interventi degli esterni, non per i nostri docenti. Tuttavia, ieri si è verificato un caso particolare e io sono qui per raccontarvelo perché è stato molto cute.

Ieri sera c'è stata l'ultima lezione di Storia della filosofia, tenuto da Fronty (sì, noi lo chiamiamo davvero così) e incentrato su Gilbert Ryle.

Probabilmente chiunque mi segua qui o su Insta sa perfettamente quanto questo corso mi stia facendo esaurire, visto che Ryle è un autore a dir poco assurdo, ma devo ammettere che è stato il migliore di questo primo semestre.

Questa opinione è largamente sentita e si aggiunge al fatto che Fronty è un professore fantastico: fa battute, ironizza su se stesso e sul suo corso, cerca di semplificarci il più possibile i passaggi più complessi ed è anche un bell'uomo.

Fatto sta che ieri, finita la lezione, ci siamo tutti alzati a fargli l'applauso: standing ovation che manco agli Oscar. Qualcuno nelle retrovie ha addirittura fischiato, in senso positivo ovviamente, e un ragazzo delle prime file gli ha assicurato che avrà ottimi punteggi all'OPIS (su questo farò un capitolo a parte perché sono fantastici).

Morale della storia: noi amiamo Fronty, glielo abbiamo dimostrato calorosamente e lui si è commosso.

Lo ammetto: in fondo in fondo, voglio sposare quell'uomo. Sempre che non si riveli un'orca assassina all'esame, naturalmente.

E questo è quanto per oggi: torno da Ryle e la sua critica delle sensazioni.

Ave atque vale



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