Quando il Tempo Passò pt.1

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Messaggio Introduttivo:

È così strano tornare a scrivere per questa storia.
A distanza di quasi cinque anni dalla creazione della prima parte di questo romanzo adolescenziale mi sono pentita più di una volta della sua pubblicazione, eppure dopo tempo e ragionamenti ho capito una cosa:
questo è il frutto di una me ancora piccola e incapace per il mondo esterno.
Niente di malvagio, solo inconsistente per la me di adesso, ma valido, per la piccola me 14enne. Nonostante tutto una cosa non è mai cambiata in tutto questo tempo, ovvero tutto il benessere che traggo dalle interazioni che tutti voi avete avuto con una "mia creatura" che per quanto acerba, rimane mia.
Amo i vostri commenti e giuro, spesso ho passato ore a leggerli, rendendomi conto che da qualcuno questa storia è stata davvero apprezzata, ed è per voi che ho deciso di scrivere un ultimo capitolo diviso in due parti, un'ultima occhiata sul futuro di Aria e Jace.
Spero possa essere di vostro gradimento e
a presto.

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Diversi anni dopo

Stamattina mi sono alzata e ho deciso di bere qualcosa di caldo, ero stremata dal nervosismo della sera prima e volevo riprendermi.

Un respiro profondo, poi un altro, chiudo gli occhi e tento di rallentare il cuore concentrandomi il più possibile.

Il cuore si calma, piano piano, come se dovesse analizzare ogni suo battito.

Mi alzo dalla sedia della cucina e mi perdo nel panorama dell'appartamento di fronte, per quanto grigio e rovinato c'era sempre una finestra in un piano più sotto del mio che spiccava più delle altre: la luce sempre accesa anche di giorno e degli adesivi natalizi che stanziavano sui vetri tutto l'anno, per quanto fuori luogo rendevano quella casa in mezzo alle altre l'unica fonte di intrattenimento su quel muro grigio.

Ammetto che mi sentivo sola,
non ero più abituata a svegliarmi con l'altra parte del letto fredda.
Inizialmente avevo tolto il cuscino per marcare la fine di un'era, poi mi ero resa conto che in quel modo il mio letto era diventato troppo strano, troppo freddo, quindi il cuscino era tornato dov'era e avevo iniziato a dormire su più parte di letto possibile.
Potevo benissimo scaldarlo da sola.

Nonostante la questione letto c'era molto altro che mi faceva sentire sola da quando Jace se n'era andato, come per esempio i pranzi e le cene da sola mentre con lo sguardo basso mi ingozzavo di di pasta e vino, quando vedendo una scena divertente in un film non potevo girarmi e riderne con qualcuno o quando dopo una dura giornata non c'era lui a darmi un bacio sulla punta del naso e a giocare a carte con me.

Non importava, sarei stata bene da sola,
prima o poi.

Restava comunque in ballo l'enorme problema a cui ero sottoposta adesso.
Potevo anche farmi i fatti miei, ma la cosa giusta era senz'altro far presente a Jace ciò che stava accadendo.

E così è questo che decisi di fare. Finita la mia bevanda diedi una sistemata al trucco rimasto dalla sera prima -ero troppo stremata per toglierlo e adesso ero troppo in ritardo- e cercai di sbrigarmi il più possibile.

Non era il lavoro dei miei sogni, né era davvero ben pagato, ma al tempo mi sembrava una buona opzione data la situazione che stavo vivendo: una nuova casa in una nuova città, volevamo iniziare una nuova vita solo io e Jace.
Avevamo bisogno di pagare l'affitto e nonostante la vaga paga dal tirocinio all'ospedale dovevamo contribuire entrambi e decisi di accettare il lavoro come aiutante in libreria. Non era affatto male, c'era la signora Langer con il suo gatto bianco in grembo al bancone, e il retro bottega in cui erano accumulati scatoloni pieni di nuovi libri da sistemare.

Avevo solo in mente una parola in tutto questo tempo
<cazzo>
un uomo preso da un libro si girò lanciandomi un occhiata di disapprovazione e confusione: l'avevo detta ad alta voce.

Ero stanca e stufa, stavo fremendo per finire quel turno di lavoro e poter correre da Jace, ovunque fosse.
È per questo motivo che appena scoccarono le 13:15 mi fiondai fuori dalla porta <a dopo signora Langer>.

Si era spostato in un appartamento in una brutta zona, "un buco di culo" l'aveva definita lui quando ne avevamo parlato l'ultima volta, con i muri che cadevano a pezzi e le strade sporche e piene di spazzatura ero certa che dicesse la verità, ma sapevo anche che quel tenore di vita era solo momentaneo.

Mi affrettai a raggiungere il suo appartamento e dopo aver suonato per un minuto e mezzo mi aprii finalmente una ragazza, capelli biondi e scompigliati, rossetto sbavato, occhi verdi e spenti. Sembrava reduce di una serata.

Sussultai per un attimo, ma mi ripresi in fretta
<c'è Jace?>
<credo sia andato a lavoro, non saprei>
<grazie, tu saresti... la sua ragazza?>
face un mezzo sorriso
<oddio no, so a malapena il suo nome>.
Quasi sollevata la salutai e andai via.

Mi ero diretta verso l'ospedale sicura di me nonostante il cuore a mille, ma non appena mi ritrovai nel parcheggio vidi un uomo di spalle, capelli neri, fumava una sigaretta e si grattava insistentemente il palmo della mano destra: era lui ed era nervoso, per qualche motivo.

Mi avvicinai a lui, ogni passo era più pesante dell'altro, ogni passo mi faceva sobbalzare il cuore che mi sentivo così tanto in gola che ad un certo punto, prima di pronunciare quelle quattro lettere, dovetti deglutire

<Jace>

Lui si fermò, espirò il fumo e si girò a guardarmi.
Cercava di rilassare il viso ma non era riuscito a tener a bada la fronte che era corrugata in un'espressione direi quasi, sconvolta.
Sapevo che se mi fossi avvicinata al suo petto, o se solo avessi sfiorato il suo collo, avrei sentito il suo cuore pulsare incontrollabilmente, e sapevo anche che avrebbe cercato di nascondermi che quei battiti erano proprio per me.

<Aria>

||Love My Bully|| {Completa}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora