Prologo

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Ares sospirò prima di iniziare a cercare le chiavi di casa all'interno dello zaino che aveva sulle spalle. Era stanco morto visto che si stava ritirando solo in quel momento da lavoro e l'unica cosa che voleva realmente fare era buttarsi sul suo letto e dormire per poi non pensare più a niente. Malediceva il giorno nel quale aveva deciso che lavorare in quel pub dalle sette di sera alle sei di mattina fosse un'ottima idea. Certo la paga era buona, non delle migliori ma almeno gli permetteva di pagare alcune bollette al posto dei genitori, e all'inizio gli era sembrato anche semplice lavorare li dentro ma quando gli si accumulavano più giorni consecutivi di quei turni massacrati senza una pausa del mezzo davvero non riusciva a reggersi in piedi e camminava solo per inerzia. Per non parlare del fatto che il suo datore di lavoro lo costringeva anche ad accettare le avances dei vecchi che bevevano in quel locale solo e soltanto perché in quel modo li avrebbero avuto come clienti fissi e avrebbero continuato a bere. Ad Ares non piaceva minimamente quella situazione, soprattutto quando alcuni di quegli uomini iniziavano anche a strizzargli il sedere senza il suo consenso, e si era lamentato con il suo capo ma lui aveva sorriso dicendogli che se voleva continuare a lavorare e quindi non essere licenziato non doveva lamentarsi. E Ares non poteva minimamente permettersi di perdere quel maledetto lavoro altrimenti chi li avrebbe sentiti i suoi genitori? Quando aveva cambiato lavoro e ci aveva messo un mese per trovarne uno nuovo gli avevano dato dello scansafatiche che non voleva contribuire alle spese della casa e la cosa come al solito faceva innervosire tantissimo Ares.

-Ares!- una bambina bionda di sette anni con un orsacchiotto di peluches comparve davanti alla porta e lo guardò arrabbiata -ieri sera non mi hai raccontato la favola della buonanotte!- protestò la bionda e Ares sospirò: voleva solamente dormire e non occuparsi dei suoi fratellastri.

-ero a lavoro Julie- disse a bassissima voce.

-Ares perché non hai raccontato la storia a tua sorella?- il castano si voltò a guardare sconvolto Sonja che con le braccia incrociate al petto lo stava guardando con rimprovero.

-ero a lavoro! Sono uscito di casa alle sei e mezza mamma- disse alla donna, che non era realmente sua madre ma solo la donna che lo aveva adottato, mente cercava di reggersi in piedi e non crollare a terra per la stanchezza.

-si...sempre con la scusa del lavoro tu-

-sono serio, ho appena staccato!-

-a si?-

-si- e il castano uscì dallo zaino quella che era la sua busta paga e la diede alla donna. Aveva provato a volte a mettere da parte un po' di soldi per se stesso ma quasi sempre Sonja se ne accorgeva e pretendeva indietro quei soldi quindi aveva smesso.

-così poco? Non ti danno mai la mancia in quel locale e io e tuo padre siamo costretti a lavorare per mantenervi tutti e cinque-

-non è colpa mia se guadagno così poco- sussurrò il ragazzo -fino a prova contraria sono ancora in prova-

-e tu fa si di non essere più in prova e fa qualcosa per guadagnare di più. Ti è arrivata questa comunque- e Sonja gli passò quella che a tutti gli effetti era una lettera indirizzata a lui prima di ritornare in cucina seguita a ruota da una Julie ancora arrabbiata. Ares sospirò e si diresse nella sua camera, che in realtà la condivideva anche con Ernest e August, e si buttò a peso morto sul divano che era il suo letto chiudendo gli occhi e addormentandosi quasi subito troppo stanco.


Lost memoriesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora