Capitolo 16

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Raisa

Dalla stessa coppa abbiamo bevuto il mal d'amore.

La seccatura che Damen possa aver analizzato il mio atteggiamento fa brontolare minacciosamente la parte razionale di me. Il fastidio di esibirmi debole dinanzi a lui è peggiore di essermi palesata a Dave. È disonore quello che percepisco, non ho la destrezza di incombere sulla figura a pochi passi da me. Le stelle nel firmamento luccicano incessanti e pronte ad implodere proprio come la sottoscritta. Rifletto sul da farsi, non ho la capacità di rientrare e fingere che non sia successo nulla. Non indosso nessuna maschera, non quest'oggi. Sfilo via il fermaglio e il grembiule, le scarpe sono le peggiori del repertorio ma non me ne curo. Non ho truccato il viso questa mattina e i jeans sono stati acquistati al negozio vintage sulla 23esima strada. Acconcio la felpa sulle spalle, elimino le pieghe creatosi. Marcio barcollante verso di lui. È arrivato il momento, lo è davvero. È seduto sul bordo del sedile e non ghigna, il muso duro e il cipiglio sulla fronte. Non proferisce, ammira ciò che ha dinanzi a sé. Devo sembrare davvero disperata, adagio i palmi sugli zigomi alti. Rilassa le palpebre e le comprime, risiedo sulla vettura. Restiamo in silenzio per alcuni secondi, forse dieci. Le vetture circolano incessanti a pochi metri da noi, i motori ruggiscono e le radio trasmettono musica pop.
«Quello non era un comportamento corretto e, di certo, non fraterno» rimarca sull'ultima parola. Scosto un sassolino con il piede e lo scaglio nella direzione opposta, la sua. Rimarca l'espressione utilizzata quella sera al bowling, non ha omesso la delucidazione. Non ho ancora orientato la visuale sul volto, resterei priva di ogni sfumatura lucida. L'attrazione fisica è innegabile, ma reagisco in modo avverso. Inganno la mente, do inizio alla conta delle vetture nere. Una, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, oh! Una grigia! Dieci... Procedo finché non solleva i palmi. Estrae un cioccolatino dal pacchetto, l'involucro verde scintilla al di sotto del fanale, la scritta è piccola e uniforme alla struttura.

«Vuoi?» comunica, introduce un pezzetto fra i denti e lo regge stretto. Stento a credere che uno come lui possa essere definito pericoloso, aspira a rincuorarmi. L'apparenza illude e truffa, ignoro l'aspetto effettivo, questo ragazzo non sarebbe in grado di assassinare un uomo. Il ciondolo nelle sembianze di uno stallone, oscilla e strimpella nella quiete. Il suono è un sedativo per il turbamento riscosso negli ultimi minuti. Tende l'incarto e nego con un lieve movimento.
«Odio il pistacchio» preciso, occulto un sorriso e roteo il viso nel senso opposto. Induce il palmo al centro dell'addome come un soldato pugnalato in battaglia.
«Mi sento ferito nel profondo!» ribatte, introduce la mano destra nella sacca del giubbotto ed estrae un sacchetto di caramelle gommose: rosse ai lamponi. Le mie preferite. Questa è la cosa più bizzarra che mi sia capitata e non ci sono dubbi, sono le Berry. Il marchio non è reperibile, non c'è nessun rifornitore nel raggio di chilometri. Raccolgo una serie di palline rosse e le tengo strette nel pugno. Il profumo è inebriante, il gusto eclatante. Eleva il sedere è si pone davanti a me, predispongo una certa distanza e colloco il sedere sulla spugna asciutta. Il casco integrale è tenuto con discrezione, nessun graffio o tipo di usura ed è in tema con la giacca rossa. Non curvo il dorso, non rilasso i muscoli. Escludo l'essere sciatta, evito che ciò avvenga.
«Non vorrei interferire, ma sono davvero difficili da ottenere» indica il sacchetto.
«Posso?» domanda. Distendo l'arto e aumento il distacco fra le sue grinfie e gli zuccheri. Sono piuttosto fastidiosa, a volte. Respingo qualsiasi azione, agisco rapidamente e le spingo nel taschino del maglione. Mirea avrebbe compiuto lo stesso, c'è molto da imparare dai marmocchi.

ARRESTATA LADRA DI DOLCI.
Questo potrebbe essere il prossimo titolo per il Southdell' Journal, grassetto e prima pagina.

«Non l'hai fatto sul serio!» dichiara, puntella l'indice sulla mia tempia e sorride. Il punto brucia al contatto e non ho il tempo di scostarmi, ho indebolito la guardia e non ero pronta al tocco. Una sequenza di brividi puntella l'intero corpo, non è spavento e lo concretizzo al panorama. Ride, Hendrick Anderson ride di me. Roco e profondo. Dovrei essere infastidita, tuttavia, ne sono ammaliata. Il sorriso più vasto a cui abbia mai assistito, i denti perfettamente dritti e bianchi. Le labbra carnose sono disegnate interamente per essere adattate al volto, occulta un lato con la spanna e vorrei confessargli di non insabbiarlo. È bellissimo. L'argento degli anelli in contrasto con la pelle scura e il puntino sulla guancia destra accrescono il fascino del lecito. Un angelo caduto direttamente dal cielo, oscurerebbe persino l'incanto del proibito. Perché non lo è. Lui è qui per me. La vocina nella testa borbotta: ''È un miraggio, non illuderti Raisa'' ma mi ha palpata e non sono sfuggita. Irrigidita, guardo attentamente la visione celestiale. Il gelo perfora l'epidermide e rabbrividisco visibilmente, sfila il giubbotto e l'appoggia intorno alla esile figura.
«A me non serve, puoi tenerlo» sporge di poco, percepisco l'odore di bucato. Non lo indosso, non del tutto. Non voglio rovinarlo, incrocio le braccia al di sotto dei seni per evitare un ulteriore contatto. Non s'accorge di nulla o, almeno, dà a intendere questo concetto. È inebriante e il mal di testa non tarda ad arrivare, sono frastornata come se avessi bevuto l'intero repertorio di Jack Daniels di Zio Tony. Procede nel sgranocchiare i cioccolatini, compio lo stesso. Imbocco le palline colorate, prima quella rossa poiché il sapore è più dolciastro.
«Chi sei davvero? Ti sei presentato come Hendrick e poi Damen, ma chi sei davvero?», non elaboro e schietta pronuncio ciò che formulo. Nessun disagio o imbarazzo, nessuna interferenza. Il risolino non ha lasciato del tutto l'orlo delle labbra.
 «Non vuoi saperlo davvero, ma se proprio insisti. Il denominativo che mi hanno affibbiato quando sono nato è Hendrick, ma questo qui...» indica se stesso con rammarico.
 «Questo qui è Damen Anderson, figlio di Andrew Anderson. E se non vuoi ficcarti nei guai dovresti palesarmi in questo modo» dice, le mani inserite nelle tasche e il capo rivolto verso il cemento, non sghignazza più. È sereno, tranquillo e pacato. Nessun cenno di turbamento da parte sua, in opposto, all'agitazione che attanaglia le mie viscere. Ho sempre amato i guai Dam, ancor prima d'immergermi all'interno e di possederli. Non sono mai stata il mare, sempre è solo tempesta. Mi nutro di caos e follia.
«David è innamorato di te» confessa, più a se stesso che alla sottoscritta.
Annuisco, ammetto ciò che ho cercato di celare fino a questo momento.
«Non posso confermare lo stesso, evito le relazioni sentimentali nel modo in cui si ignorano i cartelli stradali. L'amore non è nei miei piani, cerco stabilità qui dentro» parlo con fluidità, senza rimuginarci e indico la parte alta della testa.
«Ignori i cartelli stradali?» è restio a continuare la conversazione in quella direzione. È sono grata per aver compreso che il discorso è disprezzato, non amo parlare di ciò che ho esaminato in prima linea.
«Sei, per caso, un poliziotto in incognito?»
«Non sembri il tipo che rispetta la legge però, guardati, sei così fuori dagli schemi!», schiocco la lingua al palato e ghigno ironicamente.
«Morirei e se dovessi ritenerlo opportuno, in qualsiasi caso, non potrebbe essere un'opzione valida» replica serio. Mordo il labbro inferiore per la curiosità, preme e scalpita per emergere. Rinuncio al sapere e sgranocchio le sfere nere, il sapore è completamente diverso. Amaro, come la replica ottenuta.
«Lavori qui tutti i giorni?» infila le mani nel taschino e mi siede accanto. I bicipiti guizzano al di sotto della t-shirt, fingo di non dare un'occhiata alle nocche coperte dall'inchiostro nero: una nota musicale, delle ali e un numero. Vorrei chiedere di più, ma le parole giuste sono quelle non espresse. Non ha cercato informazioni sulla sottoscritta, non ha trovato dati particolari su Internet in connessione alla mia famiglia. Potrei mentire e alterare la realtà, ma non c'è dubbio che sia un buon ingannatore. Mente? Potremmo competere, sono davvero una bugiarda cronica. Raccontare frottole è nel sangue della nostra generazione, ci addestrano per alterare la verità e, nel mentre, sopravvivere.
«Vuoi essere coinvolto per spiarmi senza consenso?»
«Non farò mai nulla che tu non voglia Raggio di sole»
«Sai cosa voglio Damen?», ammicco, accolgo la sollecitazione.
«Perdere la scommessa» dondolo le gambe e rischio. Tutto quanto, non m'importa delle conseguenze. Intravedo qualcosa di irrefrenabile all'interno delle iridi scure. La consapevolezza che se si avvicinasse più del dovuto, darei di matto. E lo fa, accosta il corpo al mio con irruenza. È caldo, cocente. Il ginocchio sfiora il mio, s'incastra perfettamente fra le cosce come se non avesse desiderato altro. Siamo molto, troppo vicini e nessuno dei due accenna a spostarsi. Profuma d'arancia e cioccolato, pizzica le narici, ma è piacevole. Vorrei sfiorare con i polpastrelli l'epidermide liscia e regalare al mio corpo questo tipo di ipnosi. Racchiude le mani sulle mie e le stringe in una presa dolce, delicata, non invadente. Sfiora una ciocca d'orata con la punta del naso, la mente grida e sono oltre, oltre ogni confine e sentiero.
«Mi stai mettendo alla prova? Se questa è una pazzia, lo giuro, io-» sussurra mentre il suo respiro si perde nel mio, le nostre labbra si sfiorano e posso già percepire il loro sapore. Se una settimana fa mi avessero detto che mi sarei ritrovata sul ciglio della strada a mangiare caramelle e a conversare con un componente della famiglia Anderson, sarei corsa in psichiatria. Invece è reale, siamo davvero in piedi contro una moto e ad un passo dal pomiciare. Ma io non sono questo tipo di ragazza, non bacio chiunque e non permetto a chiunque di valicare il muro di cinta. Socchiudo le palpebre e schiaccio il palmo contro l'addome scolpito, annaspo con urgenza. Un solo centimetro per compiere l'estremo. Non capto alcuna reazione, un mormorio lontano squassa il silenzio.
«Raisa! Raisa! Ma dove cavolo si è cacciata?» è Brianna.
«Dovrebbe avere con sé il cellulare» questa è Lillian.
Spalanco le orbite nel momento in cui capto che non è possibile, devo andare prima che la situazione degeneri e crei ulteriori sospetti. Ascendo con un saltello, racchiudo i capelli in uno chignon basso e infilo le Berry nella tasca posteriore dei jeans. Un piccolo souvenir prelevato da questo incontro. Le donne richiamano il mio nome in un grido disperato e bisognoso, trafilo con ansia lungo la banchina. Gesticolo e articolo parole senza connessione logica.
«Brianna potrebbe spaventarsi, metterei in pericolo la vita di Kilian! Ci vediamo in giro Damen, dico sul serio. Southdell è piccola, tutti conoscono tutti...» farnetico come una disperata, gli passo accanto pronta a valicare la proprietà.
«Aspetta! Non posso andare via senza aver ricevuto la ricompensa. Ti prego, non di nuovo», afferra l'avambraccio e batto sul dorso. Ingurgita il groppo, il pomo d'Adamo cala e s'innalza come una supplica.
«Donami il tuo permesso Raggio di sole» il buio recede il momento. Infila una mano fra la chioma chiara, sottrae l'elastico e lo inserisce al polso destro. Acconsento con un cenno impercettibile della nuca, stento a credere che lo abbia avvertito, ma compie ciò che ha tanto bramato. Tocca appena la mascella, struscia sul collo sensibile ed emette un soffio rassicurante. Mille brividi inondano la schiena, la inarco involontariamente alla sua mercè. Adagia delicatamente l'orlo fra il labbro superiore e la gota arrossata. È leggero, soffice. Accarezza senza toccare del tutto, poggio all'altezza del cuore il palmo della mano destra. Non percepisco alcun battito sostenuto, contrariamente al mio, che minaccia di fuoriuscire dalla gabbia toracica. Interrompo il contatto con premura, lambisco l'inchiostro rosso e antepongo il giusto distacco.
«Devo andare...» curvo le spalle e torno dall'altra parte della strada, lo sguardo fisso in una sola direzione. Non mi volto, non compio due volte lo stesso movimento. Eppure, per un solo attimo, controllo che sia ancora fermo dove ho rinunciato a baciarlo sul serio. Ma non c'è, sul posto straripa la scia della sua essenza.
«Ma dove diavolo ti eri cacciata?», «E quello?» interroga la mora, seguo la traiettoria dell'occhiata e m'accorgo di indossare ancora il giacchetto di pelle.
Sorrido e sfioro dove mi ha marchiata.
Non è un caso, tutto accade per volere del fato. 

#spazioautrice
Finalmente ci sono, questo capitolo è stato un parto, ma rileggerlo è stato bellissimo. Damen è un finto sottone o sbaglio? Non perdete di vista l'obiettivo.🙃 Se finge? Questo ancora non posso dirlo, ma Raisa non è stupida. Bionda si, ma stupida mai.
But fatemi sapere cosa ne pensate di questo bacio-non bacio. Qui ci voleva un limone in piena regola solo per aver portato le Berry. 🍋
Per spoiler, edit e stupidi tik tok sono su ig: _fatimaonwattpad_
ONE KISS.🐞🌻

𝑭𝒊𝒐𝒓𝒊 𝑵𝒆𝒍 𝑩𝒖𝒊𝒐.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora