Raisa
Il vento freddo scaccia via alcune foglie ingiallite, calpesto il cemento e impugno la borsa sui fianchi. Testa alta, pancia in dentro e sguardo gelido. Questa sera non accadrà nulla, resterò vigile per la mia incolumità. Lilian sbuffa e Brianna conversa animatamente con una serie di ragazzi all'ingresso. Sollevo gli occhi al cielo ed osservo il firmamento ricco di puntini, capto vari schiamazzi e battute poco carine.
«Guarda quella! Ha delle cosce enormi...» esclama il ragazzino dinanzi a me. Scaglio un occhiata alla ragazza accanto a loro, forme sinuose e curve morbide. Simulo una perdita d'equilibrio e calpesto intenzionalmente le sue scarpe immacolate. Oltrepassa la corda rossa ed esclama una serie di imprecazioni contro la sottoscritta, stupido ed ottuso. Nessuno ha il diritto di stabilire la forma fisica di un altro soggetto, quello che importa è amarsi oltre tutte le aspettative. Elimino le pieghe dal vestito rosso con i palmi, il polso di Lily sfiora la clavicola mentre sovrappone la testa sulla mia.
«Stento a credere che abbia una ragazza» sussurra ad un centimetro dalla guancia. Annuisco, attonita dalla musica assordante.
«Io stento a credere che ci possano essere ancora delle persone che non riflettono prima di aprir bocca!» dichiaro, presso il tacco sul terreno umido. Scambio vari saluti e giungo all'interno del locale, le luci abbagliano la vista e il tanfo di Marijuana impregna i vestiti. Seguo Brianna e sistemo l'orlo sul retro delle sue gambe, chino le ginocchia e intoppo in una serie di mocciosi eccitati. Proseguo e opto per un angolo lontano dalla calca, cedo dinanzi al bancone.
«Vado al bagno!» urla la mora nell'orecchio della bionda.
«Ti accompagno!» risponde, sollevo le spalle e poggio i gomiti sul marmo. Ammiro i pantaloni sulle cosce snelle di Lillian, pendono perfettamente sui polpacci gonfi. Ricopre un ruolo importante nella squadra femminile di Southdell, il calcio è la sua fonte di vita. L'ho vista poche volte senza freni ed è stata lei a farmi riacquistare coscienza quando non ne avevo. Devo molto a questa donna, forse la metà di tutte le scelte giuste che ho compiuto. Pitt, il barman, incombe su di me. Ordino un Martini senza ghiaccio ed osservo la massa, noto la figura sottile di Dave. Distinguo accanto a lui un dorso ampio, afferra il colletto della camicia e digrigna i denti. Sghignazza qualcosa d'incomprensibile e sposta velocemente il peso dal suo. Il moro sbianca e tossisce, seguo l'impulso e mi avvicino. I ricci scuri roteano nella direzione apposta, svolta i reni e cammina rapidamente dalla parte opposta. Ignora il mio tentativo di comprendere tale gesto e con noncuranza si dissolve.
«Cosa è successo?» indico la precedente scenata.
«Ti preoccupi per me babe?» le labbra sottili si schiudono in un sorriso plateale, abbranca i fianchi e mormora qualcosa. Simulo un risolino imbarazzato e scosto una ciocca di capelli fra le ciglia scure. Ho tentato di trovare la nascita dell'amore, ho analizzato l'infatuazione, ho atteso una cotta. Con Dave non ha funzionato, mi sono cimentata in qualcosa di immutabile. Cominciare come amici e sognare un futuro per entrambi, comprendo che non esiste alcuna magia per trasformare il bene in amore. Mi hanno ripetuto spesso: ''Arriverà quando meno te lo aspetti'' così tante volte che ho finito per crederci sul serio. La persona perfetta, quella che aggiunge un po' di colore all'arcobaleno in bianco e nero, piena di pregi e altrettanti difetti. Un fiore appassito in un campo ricco di rugiada, il diverso che punta al sole e non alla banale luna. Non uno che apre lo sportello dell'auto, ma quello che ti scosta un granello di sabbia dai vestiti. Un sorriso rassicurante e non un ghigno. Curvo il capo verso il fondo della stanza, custodisco la visione divina di un corpo celestiale. Interseca la visuale su di me, il bagliore delle luci annebbia la vista. Scuoto le ciglia, noto un'espressione compiaciuta sul viso rigido e severo. Beccata in pieno, di nuovo. Le gote si colorano di rosso, vacillo. Fisso costantemente le labbra carnose a due centimetri dal drink, bisbiglia all'orecchio della ragazza di fianco a lui e regge la bretella con vigore. Allontano la visuale e concentro l'attenzione sulle mie migliore amiche, Lilian sorregge Brianna con entrambi i palmi sulle spalle. Aggrotto la fronte e accorro, la mora è evidentemente agitata mentre la bionda respira con difficoltà.
«Brianna...» enuncia Lily.
«Brianna si sente male!» esclama subito dopo.
Scosto una ciocca di capelli dal viso e fletto sulle ginocchia, risistemo il tessuto sulle sue gambe. Non le farò indossare mai più un vestito così corto e succinto, non tutti gli uomini sono restii a lasciar perdere tutto questo ben di Dio. Carezzo la guancia sudata e tranquillizzo il resto dei presenti, acciuffo le lunghe dita e la conduco all'esterno del locale. Spingo il maniglione e l'aria fresca torna a pizzicare gli occhi, intirizzisco. La vista dall'alto è meravigliosa, le case risplendono come brillanti e le persone sono solo puntini insignificanti visti da quassù. Siedo su uno dei cubi disponibili e attendo che sia lei a parlare, non forzerò la conversazione.
«Ho sentito l'aria mancarmi nei polmoni Raisa, un macigno proprio qui...» indica lo sterno e percuote la carne nuda. Il tacco batte rumorosamente sulle piastrelle, presso le dita sul gambale e tento di frenare l'impulso di fuggire. Ci siamo solo noi, nessun altro. Ho sperimentato in prima fila la sensazione di voler evaporare via, tutto comincia a non aver nessuna importanza e l'unico impulso è: l'apatia. Il cuore palpita meccanicamente e non c'è alcun tasto laterale con scritto: ''Come posso aiutarti?''.
L'aria scarseggia, soffochi di un dolore nauseante e stomachevole. Interseco le pupile scure e miro alla stella che pende sul petto. Il primo regalo donato al suo diciassettesimo compleanno, quella notte fu magica e il ricordo provoca in me una serie di sussulti. Mordicchio il labbro inferiore e sollevo le spalle, schizzo via.
«Non puoi continuare in questo modo» spiattello, tono atono e privo d'accento. Passeggio lungo la balaustra, passo dopo passo manifesto la mia volontà.
«Non puoi continuare a stare male Brianna, la mia psicologa potrebbe aiutar..» tento di formulare, scatta in piedi. Il vuoto è l'unica visuale su cui punta, non ci sono io e non c'è lei. Ho tralasciato attacchi di panico e scatti d'ira, diete inusuali e tremolii immotivati. Ho il timore che sia troppo tardi e che non ci sia più nulla da compiere per loro. Per loro, per Brianna e il suo bambino. Kilian McHouse sarà frutto di un passo falso, un equivoco imponente e smisurato. Primogenito di un mascalzone, amante dei festini e delle risse immotivate. Nessun matrimonio in vista, nessuna famiglia. Solo il successore di un uomo qualunque, predestinato ad essere la conseguenza di un atto incosciente. Rievoco la disperazione e la gioia dell'annuncio: Zio Tony destava sull'uscio come un'ebete, Zia Lyn sospirava pesantemente con il palmo sul petto, Emily era parecchio agiata. L'unico calmo era Miles, rassicurava pianissimo i neo-nonni e la futura madre. Il tempo ha alleviato tutto il tormento, ma non l'angoscia di quest'ultima. Sono stata al suo fianco, il pancione non è evidente e il fiore germoglia intatto. La musica perseverante e i drink turbolenti non hanno intaccato la gravidanza, non confido nel susseguirsi.
«Non ho bisogno di una strizzacervelli, non sono pazza Raisa!» dice. Qualcosa cede, i muri crollano e i meccanismi del cuore cessano. Rilasso i muscoli del viso e volto le spalle dritta all'uscita, umiliata dalle prepotenti parole. Essere fragili non è sinonimo di instabilità, essere incompresi non è schizofrenia. Avanzo verso l'interno, il tanfo di Marijuana pizzica l'olfatto e desidero arrivare il più lontano possibile.
«Oh ecco! Vi ho cercato dappertutto!» esclama Lily, cammina spedita verso la ragazza dietro di me e le poggia il giubbotto sulle clavicole sottili. Scambio uno sguardo d'intesa con entrambe, il caldo riveste l'epidermide e non ho più bisogno di comprimermi. Non sosto accanto al bancone, continuo a vagare con le immagini schiacciate innanzi al nervo ottico. Diciannove anni, il peso dei ricordi a sfavore di un futuro roseo. Mi hanno chiesto cosa mi mancasse e perché mi tormentassi così tanto, ma la realtà è ben altro: non è cosa ti manca o cosa desideri, ma cosa c'è in più dentro di te. Maggiore empatia, ulteriore senso del dovere. Perché assumersi responsabilità di altri? Inutile nascondere a se stessi il vero. L'omicidio del Sign. Simon Dowell è un'ulteriore prova. Essere al corrente del carnefice, non poter fiatare sulla circostante è una complicazione estenuate. Non voglio avversioni. Reclamo il cappotto con cui sono sopraggiunta e indirizzo il capo in prossimità del pavimento rovinato. I piedi iniziano a dolere, siedo sul ciglio della strada, carezzo l'estremità e slego i laccetti posti circolarmente ai polpacci. Il lampione illumina solo un piccolo frammento di carreggiata, osservo la folla dimezzarsi ad ogni ingresso. Il clacson di un auto si propaga nel park-ing, trasalisco turbata dal forte suono.
«Scusami...» sento dire.
«Perdona la mia invadenza» roteo la cervice e analizzo il tono intimorito, studio l'espressione imbarazzata e il palmo sul retro del capo. Curva le spalle e mostra la denatura perfetta, identifico le pagliuzze verdi e la carnagione olivastra. La giacca di jeans risvoltata sugli avambracci, i cargo sui fianchi asciutti e il cellulare fra le mani. Questa volta è da solo, non c'è traccia della donna. Controllo che non abbia errato ragazza e sorrido con gentilezza.
«Non volevo spaventarti!» ozia sul da farsi, sprofonda di fianco a me. Qualcosa comincia a farsi spazio nella mente. Vuole minacciarmi? Uccidermi? Ho già promesso di non esternare, non infrango mai ciò che proclamo. Striscio a qualche centimetro di distanza e giocherello con le falangi, un nodo di anelli e ossa.
«Andrò dritto al sodo, non voglio importunarti ulteriormente» dice calmo. Schiocca il palato e inchioda le scarpe al cemento.
«Ehm...non è semplice, maledetto Damen!» impreca sottovoce parole sconnesse, finché non conferisce in un'unica emissione.
«Mio cugino vorrebbe un tuo contatto, magari uno social. Sai, siamo nel ventunesimo secolo e non dobbiamo per forza scambiarci i numeri...» continua a parlare ininterrottamente, un fiume in piena. Inclino il busto e corruccio le sopracciglia.
«Perché non è giunto di persona?» domando retorica, mordo le labbra e poggio il mento sul pugno serrato. Pronta a qualsiasi sentenza plateale, ingoio fiotti di saliva.
«Diciamo che aveva altro da sbrigare» pronuncia con rammarico. Drizzo la schiena ed elevo il sedere, fa lo stesso. Segue ogni gesto con attenzione, fletto sulle ginocchia e annodo le calzature. Punto i miei occhi nei suoi, mordicchio la pelle interna della bocca e chiarisco.
«Perdonami...» ripeto, attendo che pronunci il suo nome e comprende.
«Jeremy, sono Jeremy» porge la mano, stringo con durezza e inclemenza.
«Perdonami Jeremy, ma non ho bisogno di un ragazzino che per sedurre una donna chiede aiuto a qualcun altro!» esprimo, un ghigno compiaciuto presso sull'orlo. Saluto il malcapitato con un cenno e, nel momento in cui sto per eclissarmi, enfatizzo un riferimento.
«Sa dove trovarmi!».
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𝑭𝒊𝒐𝒓𝒊 𝑵𝒆𝒍 𝑩𝒖𝒊𝒐.
Random🔞 Questa storia contiene: violenza, linguaggio scurrile, scene che possono urtare la vostra sensibilità e uso di stupefacenti. E se ci fossero due sentieri da esplorare? Tu, quale sorte tenteresti? Raisa è una ragazza di diciannove anni, uno spic...