Damen
Immerso in una stanza buia scorgo uno spiraglio di luce fuoriuscire da un punto preciso della parete, immergo l'indice nel vano tentativo di uscirne illeso. Gli indumenti indossati mutano in una pozza scarlatta, il liquido comincia ad espandersi sui pantaloni e sulla t-shirt. Sfrego le dita sulla carne, presso le unghie infliggendo la giusta dose di dolore. Non è reale, non è reale. E sono nel sedicesimo distretto, di nuovo, indosso gli stessi pantaloni da una settimana e le stesse mutande da giorni. Mia madre è distesa sul logoro salotto in pelle, le palpebre serrate e l'ago infilzato in vena. Il pallore in volto comunica che probabilmente è deceduta da qualche ora, la bottiglietta di Jack Daniel's è riversata sul pavimento. Nessuno verrà a recuperare il corpo, nessuno conferirà il discorso sulla sua lapide, nessuno dichiarerà che è stata una buona figlia o un buon genitore per noi. Angel è nascosto in un angolo del salotto, i palmi sulle orecchie e il respiro mozzato. Con passi lenti seguo la scia della sua essenza, chino le ginocchia all'altezza del busto. La memoria rammenta in volto del bambino ferito e deluso, le iridi limpide come quelle di suo padre e lo sguardo terrorizzato di nostra madre. Sussulta nel momento in cui sfioro la parte alta della fronte, la cicatrice è ancora umida e nessun disinfettante ha compiuto il lavoro. Cinge con forza le spalle, ma sono io l'adulto e tocca a me, devo proteggerlo. Una gocciolina sfugge, riga la guancia destra e piomba sul ginocchio sbucciato. Il bruciore si propaga e la vista s'offusca.
«Quest'anno non ho nessun regalo, ma prometto che il prossimo anno andremo in New England dai nonni. Felice compleanno Hendrick...» compie una smorfia imitando un sorriso. Scuoto il capo e schiocco un bacio sulla tempia.
Non è reale, non è reale.Spalanco gli occhi e sollevo il busto con frenesia, percepisco la sagoma di Madelyn distesa accanto a me. Il volto è racchiuso fra gli avambracci e la chioma è dispersa sul guanciale, ha la bocca schiusa e la bavetta che pende dal lato sinistro. Ci metto poco ad abituarmi al tepore dell'abitacolo, i fasci solari penetrano tramite le finestrelle e colpiscono la trapunta azzurra. Drizzo in piedi e curvo il dorso verso il mobiletto su cui sono adagiati i farmaci, li inserisco tutti nella cavità orale come un piccolo cocktail di benvenuto. I colori sgargianti non miscelano il retro gusto amarognolo, inghiotto fiotti d'acqua per non restare soffocato dallo spessore delle compresse. Il parquet è freddo, non c'è traccia di riscaldamento su questo piano della casa e ne sono soddisfatto. La soffitta è l'unico posto in cui io mi sia sentito confortato, non subentrano voci di corridoio o discussioni non richieste. Le mura sono isolate con materiale apposito, ogni rumore esterno è attonito dal polistirolo come una barriera.
«Cazzo che mal di schiena, questo letto è un inferno!» roteo il capo per affrontare le pozze scure della ragazza. Lei è l'unica ad avere, oltre Jay, accesso illimitato quassù. Tende la muscolatura in ambi i lati, una serie di cigolii inondano il silenzio creatosi e ridacchia divertita. Afferro una t-shirt pulita e la indosso, stessa cosa per i pantaloni e le sneakers. Ho fretta di compiere ciò che avrei dovuto svolgere, oggi è il giorno giusto per recarmi nel posto in cui ho vissuto fino all'arrivo di Andrew. Non ci sarà nessuno ad ostacolarmi, niente potrà rovinare questo momento.
«Dove credi di andare?» punta la torcia del cellulare sul viso, accecandosi. Formula una serie di parole sconnesse e affonda il sedere sul materasso, nel contempo attraverso la porta e monitoro che non ci sia nessuno a tentarmi un agguato.
«Non hai restituito le chiavi del ranch a zio Dom?» rivolge un occhiata al sottoscritto e giocherella con l'orlo della trapunta. Non è scrupolosa e non indaga oltre il possibile, comprende il mio mal umore e non cerca di infierire.
«Smettila di tormentarmi» lamento spazientito, sollevo le spalle in una manovra meccanica. Scatto nel tentativo di agguantare le chiavi dell'auto, ma giunge come una gazza ladra e le sventola in malo modo inanzi al naso. La spallina sottile pende dalla clavicola fino al gomito mostrando un lembo di seno, scosto lo sguardo altrove. Sono turbato dalle nudità esposte, conduco il busto verso l'unica via d'uscita: la portafinestra che accede sul balconcino. Madelyn è una donna a sé stante, non ha più quindici anni ed io sono un uomo, suo fratello, ma pur sempre un essere umano. Non possiamo permanere nudi nello stesso letto, nessun bagno in compagnia per depistare la noia e, soprattutto, niente nuotate al chiaro di luna. È impossibile che ciò accada in presenza dei nostri genitori o dei componenti della nostra famiglia, Heliana salvaguarda l'integrità dell'unico fiore sbocciato in casa Anderson. Non c'è alcuna malizia nelle gesta o nelle espressioni attuate, eppure rifiuto di essere colto in flagrante in questo modo: coprirsi è altrettanto essenziale in ogni contesto.
«Hai dimenticato di essere circondata da domestici? Cazzo Mad... trova qualcosa che ti copra quelle cazzo di tette!» percepisco un rapido fruscio e il calore della sua pelle plasmata sul dorso coperto. Lamenta una serie di mugolii, il profumo delicato dei capelli penetra nelle narici dritto al cervello. Il ronzio del furgone di Zio Dominic depista l'attenzione su di sé, rammento la data dell'ultima riunione e impreco mentalmente: oggi è il primo Lunedì del mese. Quello in cui dovrebbero essere citati i buoni propositi, non la lista delle persone da pedinare per l'omicidio di Tourus. Arcuo le sopracciglia in modo teatrale e roteo il busto oltre la balaustra, l'auto rossa di Jeremy è accostata a quella di Arnold. Dove si è cacciato quel figlio di puttana?
«Dio no, ti prego..» il frastuono oltre il battente è la conferma al quesito posto, la porta batte sul muro con irruenza e il corpo massiccio di Jay avanza spedito nella nostra direzione con l'altoparlante impostato al massimo volume.
«Happy Birthday to you...Happy Birthday to you...Happy Birthday to Damen...Happy Birthday to you...» il fascio brillante delle candeline riflette sull'arredamento e sui visi gioiosi, sento le guance infiammarsi allo splendido panorama. Tendo i muscoli per l'imbarazzo provato e gratto il retro del capo in un gesto involontario.
«Esprimi un desiderio» incita Mad. «Non essere egoista, opta per uno che comprenda entrambi e non lasciarmi fuori!» rimprovera Jeremy. Esamino la scritta verde sulla glassa e i fiori di zucchero posti ai lati della cheesecake, i pistacchi non lasciano ipotizzare il ripieno usato e sono felice che Milly ricordi le mie volontà. Chino la testa e soffio sulla fiammella, serro le palpebre e pongo fine all'azione. A cosa potrei aspirare: un'auto? Dei guantoni da boxe? L'ultima collezione di mazze da golf? Un campetto da calcio? Forse, un puledro da aggiungere al ranch? Dischiudo l'occhio sinistro e sbircio sotto le lunghe ciglia, Madelyn e Jeremy vestono un'espressione estasiata e serena, come se non avessero colpe e supplizi da soppesare. È questo ciò che bramo ogni anni ad ogni fottuto compleanno: la trasparenza. Vivere in modo dignitoso e tranquillo, essere in grado di esprimersi senza timori, paure fondate e costrizioni. Vorrei poter essere semplicemente me stesso. Non ho mai sognato in grande e mi sono sempre limitato a quel che posseggo, ma percepisco che quest'anno sarà diverso. Desidero la felicità e, se non posso averne, vorrei cimentarmi in un sentimento simile: l'amore. Nella maggior parte dei casi, nelle relazioni, ci sono entrambe e in quantità smisurate. Vorrei un amore struggente, uno di quelli che ti permane dentro per l'intera esistenza, uno che distrugge il male e resuscita in qualcosa di migliore. Scritto da Shekespeare e non da Jane Austen. Un amore alla Romeo e Giulietta, ricco di colpi di scena e forti emozioni.
«Non ho tutto il giorno, Zio Joe ha suggerito di non metterci troppo, sono già pronti per la riunione e attendono noi» gli cedo uno buffetto sul retro del collo per ammonirlo e poi, d'impeto, circondo le spalle ampie in una morsa serrata. Se quel giorno, Andrew Anderson, avesse respinto i moduli per l'adozione, non avrei avuto un compagno di vita e di giochi. Spero di essergli fedele sempre, otto anni fa abbiamo stipulato un patto e non lo infrangerò per nessuna ragione al mondo.
Nessuno può separare ciò che non vuole essere diviso, nessuno.
«Chi vuole un pezzetto di torta?» schiocco uno sguardo complice al cugino. Presso le dita sul dolcetto e distribuisco in modo omogeneo la panna sulle guance scarlatte della mora, spalanca le orbite e punta al palmo imbrattato.
«Favorite?» non è un quesito di circostanza e scuotiamo la testa in sincrono, l'adrenalina pompa nelle vene come se avessi appena vinto alla lotteria. M'allontano con uno scatto da felino, piombo sul letto con le gambe tese e le braccia aperte. Jeremy gira in tondo in cerca di un riparo, avvista la vecchia poltrona e nasconde metà del corpo dietro di essa. Tecnica infallibile: io non vedo loro, automaticamente loro non vedono me. Rido di cuore, prima di essere imbrattato come pupazzetto al parco giochi.

STAI LEGGENDO
𝑭𝒊𝒐𝒓𝒊 𝑵𝒆𝒍 𝑩𝒖𝒊𝒐.
Random🔞 Questa storia contiene: violenza, linguaggio scurrile, scene che possono urtare la vostra sensibilità e uso di stupefacenti. E se ci fossero due sentieri da esplorare? Tu, quale sorte tenteresti? Raisa è una ragazza di diciannove anni, uno spic...