CAPITOLO 10

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Ultimamente è piuttosto strano, sta sempre a casa a guardare la tv – credo abbia perso il lavoro anche se lui continua a dire di essere in ferie – ma con me non parla; si nasconde dietro degli interminabili silenzi che feriscono più di tante parole e forse questo è proprio uno di quei casi in cui la regola della qualità del tempo è sacrosanta, passiamo ore intere nella stessa stanza ma in realtà siamo soli, siamo semplicemente due esseri solitari che condividono lo stesso ristretto e claustrofobico spazio.

Ogni giorno che passa è sempre più nervoso e a volte per sentirsi meglio mi urla contro “E’ tutta colpa tua!” – COLPA MIA, come se le parole o le azioni di un adolescente possano modificare il corso degli eventi migliorando o penalizzando la vita degli altri – e la cosa buffa è che a furia di sentirlo dire uno poi inizia a crederci :

rifletti, ragioni, continui a girare a vuoto nella tua camera per cercare di capire come migliorare la situazione, come fare per toglierti questa colpa di dosso che in fondo sai che non ti appartiene, non ti è propria ma la rendi tua per cercare di alleggerire le colpe altrui … ma poi arrivano quegli attimi di lucidità e ti rendi conto che nulla, assolutamente nulla può giustificare o minimizzare una violenza di qualunque forma essa sia; spesso le parole fanno anche più male dei segni sulla pelle ma a volte capita che queste non bastino più … ho LIVIDI ovunque.

Non ricordo il giorno in cui tutto è iniziato : una volta ho ricevuto uno spintone perché ero rientrato tardi a casa, la volta successiva la sua mano si è scontrata violentemente con la mia guancia perché mi ero “azzardato” a rispondere male e poi, così in un attimo, mi sono ritrovato sul mio letto con le mani in faccia per proteggermi da una furia che si scaraventava su di me perché la stanza era in disordine.

Giorno dopo giorno i lividi aumentavano E le sue scuse si moltiplicavano mentre le mie lacrime ormai erano finite e nonostante tutto pensavo che qualche segno sul corpo poteva essere un buon compromesso se poteva aiutarlo a stare meglio, le cicatrici prima o poi sarebbero scomparse ma lui sarebbe per sempre restato mio padre e non potevo abbandonarlo come mia madre ha fatto con me perché anche se fu proprio lui a portarmi via da quello che forse avrebbe potuto essere un incubo per me, la scelta di non cercarmi, di non scrivermi, di non provare mai a rintracciarmi per sapere come stessi e se avessi bisogno di lei, di quella madre imperfetta ma che era mia e non l’ avrei sostituita con nessun’altra, fu una decisione solo ed esclusivamente sua.

DIARIO DI UN UOMO QUALUNQUE Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora