prologo

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- storia raccontata dal punto di vista di Taehyung-

Immaginatevi dei palazzi alti, file e ancora altre file allineate tra di loro, di enormi strutture di cemento armato alzate sopra il cielo di una città industrializzata e di smog, avviata sulla retta via della nuova tecnologia e dove le persone, c...

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Immaginatevi dei palazzi alti, file e ancora altre file allineate tra di loro, di enormi strutture di cemento armato alzate sopra il cielo di una città industrializzata e di smog, avviata sulla retta via della nuova tecnologia e dove le persone, che si considerano diverse da noi, la mattina si svegliano in case comode, arredate, spaziose, senza preoccupazioni di come poter arrivare a fine mese senza essere devoti in maniera tossica al lavoro, per esempio.

Quando ripenso al mio quartiere che tutti chiamavano "Hanok" ossia " casa"in lingua coreana, ricordo la polvere che si alzava quando io, e i bambini a me coetanei, scalciavamo il pallone  un po' sgonfio per il troppo utilizzo: Ancora mi sembra di sentire sotto al naso fin ad invadere completamente le mie narici, la puzza di urina che invadeva gli angoli di ogni portone e, davanti ai miei occhi è ancora viva l'immagine del piccolo parco fatto di una sola panchina un po' rotta con tutte le scritte fatte con i pennarelli dai ragazzi più grandi di me, ma probabilmente, anche io ho scritto qualcosa  su quel legno scuro dove si erano sedute tutte le generazioni cresciute all'interno di Hanok.

Vivere in un posto del genere, per molto tempo, è come vivere bendato; noi non vedevamo oltre alle mura della nostra casa, attorno a noi il mondo esterno non c'era, non esisteva.
Io sento di essere ancora incollato a quel sobborgo, di essere l'umidità appiccicata  alle pareti di casa mia di un colore giallastro, il mio corpo sembra essere sempre fermo lì, nella piccola stanza condivisa con mia sorella maggiore fino ai miei ventidue anni, ma poi, solo in seguito presi la decisione che la mia vita doveva prendere una piega diversa, mi convinsi dopo aver finto il liceo, forse sono uno dei pochi ad aver continuato gli studi tra i ragazzi di Hanok, e questa diede alibi ad una maggior ragione per convincermi sempre di più che io ero diverso da quelle persone con cui ho vissuto un intera vita, sapevo che io non mi potevo confondere con delle case popolari, così piccole da non aver altro spazio se non una camera da letto, una cameretta divisa in due, un piccolo angolo cucina assieme al salone e, un solo bagno per quattro persone.

Ma quando mi unisco  con una società un po' più altolocata, borghese, distante dalla mia famiglia poco acculturata e da tutti i miei conoscenti di Hanok, mi rendo conto che ogni parte di me è abbracciata a quelle persone, a quelle muri dei palazzi grigi e l'intonaco staccato, io so che il mio essere è intrecciato con i miliardi di fili per il cavo tv che si riescono a vedere dal tetto di un condominio, ai panni stesi su un filo che svolazzavano con il vento umido dall'estate o glaciale per via dell'inverno, in tutte le stagioni.

A dire il vero,  la mia famiglia ci finì per caso ad Hanok.

Quando i miei genitori erano troppo giovani per essere responsabili e avevano già come figlia mia sorella, all'arrivo dell'ultimo e secondo genito, lavorava solo mio padre e la a fortuna non era dalla sua parte portando l'azienda in cui era dipendente ad avere un crollo finanziario: dopo la perdita lavorativa fu costretto a lasciar la casa in affitto situata in centro città, e richiedere l'accesso alle case popolari; loro mi raccontano che inizialmente Hanok era un quartiere tranquillo, fatto da persone sfortunate ma piene di buona volontà, proprio come noi, ma non andò così: nessuno aveva previsto l'arrivo dell'occupazione, le persone incominciarono ad abitare  in maniera abusiva in quelle case, le persone modeste invece, rimanevano in quella zona della città tenendo alto l'orgoglio di non essere persone poco raccomandabili mentre Hanok, diventò sempre più abbandonata a sé, con la criminalità che cresceva a vista d'occhio, come l'erbaccia che si trovava nelle fessure spaccate delle mattonelle dei marciapiedi e dell'unico parco a disposizione per lo svago, con le altalene e scivoli un po' ammaccati e arrugginiti dal tempo.
Mio padre continuò a lavorare, l'unico membro familiare che portava avanti la gestione finanziaria della famiglia, mentre, mia madre diventò una casalinga abbandonando per sempre il mondo lavorativo, infrangendo il sogno di ritornare a vivere in maniera modesta, assicurando una vita dignitosa per i due figli.
Ma solo cosi, ho avuto la possibilità di trascorrere l'intera vita in questo posto, lo stesso, dove ho conosciuto Jungkook, una delle poche persone più importanti della mia vita.

Mille inverni - TaekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora