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io e Jungkook eravamo totalmente diversi, e questo lo capirono tutti fin dall'inizio

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io e Jungkook eravamo totalmente diversi, e questo lo capirono tutti fin dall'inizio.
Più passava il tempo e più lui si apriva a poco a poco ma comunque rimaneva un bambino timido e impacciato; io mi guadagnai la fama di un bambino troppo vivace e la lingua biforcuta.
Lui era bravo a scuola, io invece me la cavavo, lui era calmo ed educato, io ero educato con chi volevo e con chi ritenevo più simpatico, ma mai calmo; e fa ridere pensare che crescendo, si invertirono i ruoli.
Ma ritornando alla nostra infanzia, gli anni delle elementari, ci distinguevamo proprio perchè eravamo disuguali , due fratelli acquisiti di cui uno era il bianco e l'altro il nero.

A nove anni io ero bravo a conquistarmi  la fama come miglior giocatore di calcio, ero veloce, gli altri dicevano che schizzavo come una scheggia, e intanto Jungkook mi osservava da lontano, seduto da qualche parte nel campo o nelle gradinate.
Riuscivo a fare cento metri correndo e facendo roteare la palla sotto le gambe, dietro la schiena, cambiando la palla da un piede all'altro, io Taehyung ero diventato il più veloce del quartiere, Jungkook era la mia ombra, tutti lo conoscevano, sapevano che era come un fratello ma il suo essere timido non gli regalò nessun titolo d'onore come il mio: tutti volevano essere i miei amici, cercavano di giocare con me a calcio sotto il sole cocente dell'estate o nel freddo dell'inverno, ma io più correvo e più cercavo la sua approvazione, i suoi occhi che non mi lasciavano neanche per un secondo, anche se io correvo per migliaia di chilometri.
Un giorno, stranamente eravamo arrivati per primi al parchetto, e allora gli chiesi di fare qualche tiro con me e in maniera sorprendente mi mostrò la sua bravura nel giocare a calcio:
" Perchè non giochi mai quando ci sono gli altri? Sei davvero bravo! Potresti soffiarmi il posto!" gli feci notare.
"Gli altri non mi piacciono... mi prendono in giro."
"chi? Tutti loro?"
"Si, quasi tutti."
"Anche Choi? Lui ti prende in giro?"
"Soprattutto lui, mi chiamano mezza sega."
"cosa vuol dire mezza sega?" intanto il pallone saltava in aria sopra la sua testa, li contai quante volte riusciva a farla saltare, ed ero sicuro che arrivò a più di venti palleggi, io lo guardavo mentre ero seduto per terra, sorreggendomi sui gomiti,
"Significa Gay, l'ho chiesto anche a Jin."
"E questo che ti dice Choi?"
Jungkook accennò un "si" con la testa smettendo di palleggiare; appena arrivarono gli altri, si sedette tra le gradinate, diventando invisibile agli occhi degli altri.
Quelle parole mi rimbombavano nelle orecchie, come un fischio. "Gay" a nove anni cosa può significare? E perchè Jungkook doveva esserlo, sentì una sensazione di fastidio percorrere tutto il mio corpo, l'immagine di Choi si paralizzò davanti a me come una sagoma; lui era più alto di me, più robusto, eppure dentro di me ronzava l'idea di una vendetta. Mi sentivo tradito, come se lui l'aveva detta me quella parola,
Io non lo avevo dichiarato a nessuno che per me Jungkook era diventato importante, che gli volevo bene come a Yurina eppure, in quel momento pretesi che tutti dovevano saperlo, tutti dovevano sapere che lui non si doveva toccare; Io quelle parole che gli dicevano non le avevo mai sentite, troppo preso dal mio ego e dalla mia fama da bravo giocatore, intanto non avevo notato che "mio fratello" veniva preso in giro e scartato da tutti, compreso dal mio migliore amico che giocava assieme a noi; la mia convinzione del mio trio ideale era svanita, ora volevo solo che fossimo in due, io e Jungkook.
Dopo svariati minuti arrivò anche Choi, con la sua aria spavalda, la sua altezza che superava tutti, pronto con il pallone in mano, e fu in quel momento che lo vidi insultare Jungkook, dalle sue labbra mimò la parola "finocchio." senza urlare, né tanto meno dirla a voce. Guardai Jungkook abbassare la testa, non avendo il coraggio neanche di guardare me che vidi l'intera scena.
Ma quando era successo tutto questo? Perchè lo prendeva in giro? Perchè me ne sono reso conto solo adesso e, perchè lui non me ne aveva mai parlato?

La partenza era il momento più delicato, quando un bambino prendeva il ruolo dell'arbitro e si portava le dita alle labbra per far il suono del fischio d'inizio; bisognava agire con un colpo preciso, prendere la palla al primo colpo. Io d'altronde, sembravo aver raggiunto un livello da vero professionista, facendo alzare attorno a me la polvere sabbiosa del parchetto senza erba, la palla al centro era sempre mia: un giorno ne parlai con mio padre con l'aiuto di Jungkook, gli chiesi di potermi iscrivere ad una scuola calcistica ma lui a malincuore mi disse che non c'erano soldi, così il mio talento era rinchiuso nella mura di Hanok; ogni tanto mi concedevo di sognare una divisa, un allenatore e una squadra di serie A, ma poi ritornavo alla realtà, scacciando via questo sogno lontano.

"Pronti... VIA!" e il fischio arrivò come un colpo, contro di me c'era Choi, attorno a noi però, il coro dei bambini urlava un solo nome "VAI TAE!".
Aspettai un paio di goal, sia dalla sua squadra che dalla mia, cercai di renderla più lenta e possibile la mia vendetta; ma poi arrivò il momento in cui lui cercò di sovrastare, mi tirò per la maglietta a maniche corte per prendermi la palla da sotto i piedi, io lo tenevo lontano con il gomito, era il momento perfetto: girai su me stesso prendendo il totale controllo della palla e con la scusa, gli suonai un calcio sulla caviglia.
Ci vollero due minuti per farlo stendere a terra dal dolore, gli procurò una slogatura. Mi avvicinai e gli sussurrai all'orecchio: "non chiamarlo più frocio, siamo intesi?". Guardai i suoi occhi spalancarsi, mentre si teneva stretto con la mano la caviglia che si gonfiava sempre di più. Si accerchiarono tutti i bambini attorno, un po' spaventati e altri incuriositi. Cercai di scamparla prendendo Jungkook con la mano e fuggire verso casa ma la madre di Choi si trovò proprio in quel momento.
Mi trascinò fin fuori alla mia porta, Choi era rimasto seduto sulle panchine malmesse del parco, Jungkook mi seguiva a ruota dietro, mentre la madre mi teneva stretto al polso infuriata, capì che io avevo colpito il figlio appositamente.
Diede un paio di bussate forti alla porta di casa mia, mia madre comparve sull'uscio della porta, pulendosi le mani sul suo grembiule.
"Tuo figlio ha picchiato il mio ChoI!" gli disse. "L'ho visto mentre tornavo dal macellaio! Gli ha suonato un calcio alla caviglia che ora è slogata! E poi un'altro negli stinchi quando era per terra! Mio Dio Yerim! Tuo figlio è un grande maleducato irrequieto!"

inutile dire che mi beccai una punizione e un infinita strillata di mia madre.
"Mamma! L'ho fatto perchè Choi prende in giro Jungkook! Gli serviva una lezione!" gli provai a spiegare, intanto Jungkook sedeva al mio fianco, sul piccolo divano mentre mia madre era in piedi davanti a noi.
"Pensi di aver risolto la situazione? Con la violenza? E questo che ti abbiamo insegnato? Io e tuo padre? Taehyung mi costringi a metterti in punizione!".

Quella sera non cenai, me ne andai direttamente a letto senza dormire, deluso da mia madre che non aveva capito il mio gesto, mi infastidì ancora di più quando raccontò la vicenda a mio padre come se io fossi in torto. Poi udì in lontananza che mio padre chiese a Jungkook perchè lo prendessero in giro e cosa gli dicevano di così terribile che il suo "vero figlio" era arrivato ad alzare le mani, e lui gli pronunciò di nuovo quella parola, non la potevo sentire in modo chiaro dato che me ne stavo disteso a letto mentre tutti loro erano in cucina per consumare il pasto serale, ma avvertì il silenzio calare quando quella parola uscì di nuovo fuori.
Poi lui arrivò, si distese a fianco a me come sempre, mia sorella ci diede la buona notte ed entrambi pronunciamo: "anche a te."
Sotto il rumore del respiro profondo di mia sorella che russava, capì che neanche lui riusciva a dormire, spostava le gambe ogni tre per due, spostando continuamente le lenzuola.

"Dovevi dirmelo prima Jungkook, che ti prendevano in giro." Gli dissi a bassa voce.

"Non l'ho fatto perchè sapevo come potevi reagire."

"Vedrai che da oggi in poi nessuno ti dirà quella parola."

"Lo spero." sospirò.

Si girò su un fianco, rivolgendomi il suo viso ed io lo imitai, in quel momento i nostri volti erano uno di fronte all'altro, sentì l'urgenza di fargli una carezza anche se non ero solito a farlo, ma in senso fraterno come quando Yurina ci prendeva la mano per farci attraversare la strada oppure ci scompigliava i capelli ma, mi frenai.

"Grazie Tae." si lanciò in avanti e mi stampò un bacio sulla guancia libera, quella che non era appoggiata al cuscino.
Improvvisamente sentì quella parola, sentì la voce di Choi dire quella espressione. Strizzai gli occhi e mi voltai dall'altra parte, non gli dissi niente; il suo viso guardava la mia schiena, giurai di sentirlo dietro di me che mi guardava e mi addormentai con quella sensazione.

Mille inverni - TaekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora