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Un uomo dall'aspetto burbero aspettava seduto al tavolo da cucina in casa mia; aveva la barba folta e grigia, gli occhi ispidi e la pelle rovinata dall'alcol

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Un uomo dall'aspetto burbero aspettava seduto al tavolo da cucina in casa mia; aveva la barba folta e grigia, gli occhi ispidi e la pelle rovinata dall'alcol.
Attorno a lui c'erano i miei genitori, mio padre turbato per la sua presenza e mia madre era iperattiva e nervosa, tamburellava le unghie senza smalto sul legno del tavolo, si alzava in continuazione per fare qualcosa di inesistente come asciugare le tazzine che già erano pronte, intanto tutti ascoltavo le parole dell'uomo sconosciuto, il padre di Jungkook.
Jin teneva stretto il fratello mentre lui aveva il viso appoggiato all'altezza della pancia del fratello mentre il suo braccio gli copriva metà volto, si nascondeva da chi l'aveva messo al mondo mentre questo lo incoraggiava a guardarlo e dargli un abbraccio.

"Filate in camera!" ci disse mio padre appena varcammo la porta, e noi, come al solito, nel buio della sera che invadeva la camera, ascoltavamo per quel poco che si riusciva, i discorsi che avvenivano dall'altra parte della casa, osservando la scena dello spiffero di porta aperta.
Jin aveva uno sguardo contrariato, schifato, pieno di ribrezzo e quello che mi spaventò era che quegli occhi guardavano suo padre, che non perse attimo a chiedere ad una sconosciuta se aveva un goccio d'alcol nel frigo e si accesse una sigaretta senza chiedere permesso, parlava in coreano ma con accento da dialetto, capimmo che loro provenivano da qualche città vicino al mare, forse Busan ma non eravamo sicuri; sapevo per certo che Jungkook era nato a Seul, come tutti noi d'altronde, ma la grande città si vedeva solo in queste occasioni, per lavoro, per qualche visita importante o nascite dato che era l'ospedale più vicini, Hanok seppure era un quartiere situato nel cuore della capitale, era un mondo a parte per tutti, fuori da ogni concezione.
Jin andava a fare visita al padre soltanto in giorni disponibili, ecco come lui sapeva che i due figli vivevano ad Hanok; non si era mai portato dietro il fratello minore per non mostrargli in che condizioni era suo padre, una volta al mese ci andava da solo, senza dire niente a nessuno.

"Jungkook non mi riconosci? Sono tuo padre. Vieni qui, dammi un abbraccio." Intanto il bambino non si schiodava dal fratello maggiore.

"Papà come può riconoscerti? Aveva quattro anni quando sei finito in galera. Ora ne ha undici, non so se ti è chiaro."

"Jin, c'è tempo per rimediare. Ormai tu sei un uomo grande e adulto, posso badare io a tuo fratello e voglio che lui sappia che io ora ci sono, sono tornato."

"Non ci pensare neanche. Che cosa farei adesso? Dove te ne andrai? Non considerare l'idea di vivere con noi, noi stiamo bene così." Jin guardò prima mia madre e poi mio padre. Conoscevo lo sguardo di mio padre, era sull'orlo di sclerare da un momento all'altro, mia madre in un angolo della piccola cucina se ne stava in disparte, pregando che questa situazione finisse il prima possibile.
Ma quando era tornato? Da quello che eravamo riusciti a capire il padre uscì da galera il giorno esatto in cui noi eravamo ritornati del campeggio, arrivò prendendo prima il treno per arrivare a Seul e poi chiedendo un paio di indicazioni ai passanti riuscì a trovare il nostro quartiere.

"Con chi credi di parlare? Io sono tuo padre e decido io. Io rimango qui con voi, crescerò io questo bambino, tu puoi farti da parte." Jungkook strinse ancora di più il fratello a sé sentendo quelle parole.

Mille inverni - TaekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora