Dall'infanzia fino all'età adulta, «Mille inverni» racconta la storia di Taehyung e Jungkook, due ragazzi che vivono in periferia della città in un quartiere popolare ed emarginato; fin da piccoli, dovranno combattere contro una realtà dura della vi...
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"Taehyung? Ti va se in questi giorni usciamo?" Jongin chiese di uscire mentre mangiavamo fuori nello spazio dell'Università all'aria aperta. Lui era un ragazzo davvero impeccabile; era di Seul, il suo fascino conquistava tutti, i capelli castani scuro, gli occhi neri e profondi e poi aveva un altezza non indifferente; passavamo la maggior parte de tempo assieme, le lezioni, il pranzo, anche fuori le mura del plesso; spesso ci recavamo nella biblioteca per studiare, andavamo a prendere un caffè insieme prima di ritornare a casa: era la prima persona al di fuori dei miei amici e parenti, con cui stringevo un legame. La verità e che non ci voleva un mago nel capire che il ragazzo incominciò a provare interesse nei miei confronti, lo vedevo dal modo in cui mi guardava, con cui mi cercava: i suoi occhi perlustravano l'intera aula per vedere se io c'ero e se un posto affianco a me era vuoto: ma non sapeva che io la sera abbracciavo il cuscino di Jungkook per colmare quei giorni che non sembravano mai finire, che leggevo per l'ennesima volta le sue lettere inviate dalla caserma. Però, lui riusciva a colmare un po' il vuoto, quando passavamo del tempo insieme la mia mente riusciva a svuotarsi dalle mie preoccupazioni, dal suo pensiero.
"Mh si, si può fare!" Gli dissi, con l'intento però di palesare il fatto che dietro a quel accettare l'invito non c'era nessuna intenzione, sapevo che dovevo dirgli di Jungkook ma l'abitudine di tenerlo segreto, non mi permetteva di fare quel passo.
L'uscita era stata organizzata da lui: in pieno inverno in città organizzarono una mostra dedicata alla prevenzione contro il suicidio; delle persone che erano riuscite a combattere contro la depressione e i loro mostri, avevano realizzato dei dipinti attraverso le loro emozioni: mi colpì una in particolare, era un disegno di una persona seduta al centro e attorno a lei c'erano dei palazzi enormi e dalle finestre uscivano delle teste che la guardavano, facce arrabbiate, inveivano su quella figura rannicchiata su di essa: è per un attimo mi immaginai al posto di quel disegno in nero. Le mura erano Hanok, ed io al centro che combattevo contro di essa per non essere risucchiato da quella vita: la lontananza aveva rafforzato i sentimenti, per lo meno io, avevo capito che nonostante gli anni assieme, più le persone si avvicinavano a me e più la sua figura diventava un'esigenza ma, incominciai ad ingranare l'idea che nascondersi non era più conveniente e sapevo che chiedere una cosa simile a lui era impossibile; per quanto era più forte di me caratterialmente sapevo che lui non era in grado di affrontare una situazione del genere, non potevo chiedergli di ammettere a tutti che nelle nostre vite non ci sarebbe stata nessuna lei, perché noi eravamo fatti per stare insieme, noi ci siamo scelti. Jongin mi raccontò senza nessuna richiesta delle sue relazioni più importanti e spazzò via ogni mio dubbio sulla sua omosessualità, camminavamo lungo il fiume Han aveva avuto una relazione finita da poco con un uomo sposato, insieme sono durati più di tre anni ma lui si stancò di essere l'amante, di essere l'altra faccia dell'amore e decise di troncarla nonostante l'uomo non volesse.
"E tu? Sei fidanzato o impegnato in questo periodo?" Mi chiede appoggiandomi una mano sulla spalla, provai un certo senso di piacere nel sentire una tocco ma probabilmente era perché immaginai in automatico la sua mano su di me. Guardai lontano, in una direzione non definita, su per i colli, nei suoi scorci, c'era una parte non illuminata e quella era casa mia, tanto odiata, Hanok.
"Si."
Sapevo che aveva storto un po la faccia, credendo che io ero andato all'appuntamento per interesse.
"Davvero?"
"Si, ed è una relazione abbastanza seria."
"Uuuh... inusuale in una coppia così giovane."
"Lui è il mio migliore amico, stiamo insieme da quando avevamo sedici anni."
"SEDICI COSA? Non conosco nessuno che sta insieme ad una persona da così tanto tempo."
"Si, ma ci conosciamo da quando avevamo rispettivamente cinque anni."
"Taehyung, mi hai colpito. Ma lui chi è? Frequenta la nostra stessa università?"
"No, è partito per il militare e lavora per una fabbrica tessile."
"Capisco..."
"Perché quel tono?"
Si sporse un po' più avanti, appoggiandosi alla ringhiera del canale dove al di sotto l'acqua del fiume scorreva in maniera ritmica.
"Beh... non voglio offendere nessuno ma non so perché al tuo fianco immaginavo uno studente... sono solo stereotipi stupidi lo so, non so perché ho avuto quest'impressione..."
"È un'idea sbagliata. Lui è una persona davvero dignitosa."
"Immagino. Scusami se sono stato impertinente."
"No, posso capirlo. L'unica cosa che mi preme è che lo dobbiamo nascondere, sono anni che nascondiamo questa relazione e tutti pretendono che ci sposiamo, troviamo una ragazza... averlo distante non fa che aumentare questo pensiero, so che lui non riuscirà mai ad aprirsi."
Era la prima volta che ne parlavo con qualcuno; mia sorella Yerina anche se ormai aveva la sua vita, sapevo che si immaginava che io e lui stavamo insieme anche se nessuno dei due aveva mai accennato a domandare o per parlarne; Jungkook non voleva, tremava alla sola idea che qualcuno che ci conosceva sapeva di noi, ed io accettai nel non confessare a nessuno del nostro amore, nemmeno alla persona che volevo più bene al mondo; Jongin è stato la prima persona con cui mi confessavo, con cui parlare, uno nota al di fuori del contesto che mi opprimeva, dalle persone che conoscevano qualcuno che non ero in realtà, lui mi faceva sentire libero.
"Taehyung, per quanto si capisce che tu sia innamorato perso, per esperienza ti dico che queste sono relazioni che non hanno lunga vita. Riuscirai a tenerlo nascosto per anni? Questo vuol dire che lui è disposto a sposarti ma allo stesso tempo mantenere la relazione con te. Non devi essere la seconda persona di nessuno."
"Il punto è che non ne abbiamo parlato. Lui non fa che dirmi che è per il nostro bene. Ma io non sto bene: non ho neanche la possibilità di scrivergli una lettera per dirgli che mi manca: devo scriverla durante le pause e poi spedirla lontano, sotto il nome di una certa «V.» sono così stanco di mentire."
"Parlarci. Mettilo alla prova, se non è capace di ascoltarti allora cosa aspetti a mollarlo?" Mi disse guardandomi e per un attimo incrociai i suoi occhi che mi studiavano. Lasciarlo? Come potevo? Io senza di lui sarei morto, sarei diventato una pianta senza acqua, un mare senza pesci. Questo era fuori, era da escludere a propri; però dovevo dare ascolto a quello che provavo, mi decisi che appena lui ritornava dovevamo parlarne, prendere una decisione su che cosa sarebbe stato di noi.
"No, non ci penso neanche."
"A cosa?"
"A lasciarlo..."
Sbuffò quasi divertito, per un attimo mi irritai ad averlo di fianco, aveva l'atteggiamento di chi sapeva già cosa stessi passando, ma dall'altra parte sapevo che lui aveva ragione; era una situazione instabile che durava da fin troppo: il mio obbiettivo era portarlo fuori da Hanok, convincerlo che quel posto non faceva per noi, di fuggire e viverci al di fuori dove nessuno ci conosceva.
"È difficile lo so...ma non deve essere egoista. Tu sei un essere umano che si è innamorato, ma non devi morire dietro chi ascolta solo le sue paure, non credi?"
Lui non era affatto egoista. Ed io ero innamorato si, ma prima di tutto aveva dei sentimenti e per quanto Jongin non era nella situazione, le sue parole mi colpirono, come se qualcuno gettò un secchio di acqua gelida sopra di me, svegliandomi. Lui era stato in una situazione simile, poteva capirmi. Dovevo smetterla di pensarci e chiedermi come fare, dovevo agire, per il bene di entrambi, fargli capire che non meritiamo di amarci nell'ombra.
«sei un essere umano, innamorato»
- 🍒 Ragazz* scusatemi se pubblico solo ora il capitolo 23 ma ho avuto un po' da fare in questi giorni! Spero di non avervi fatto aspettare tanto 🫶