6

157 22 0
                                    

Le cose cambiarono, presero una piega diversa da quella che io mi aspettavo

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.



Le cose cambiarono, presero una piega diversa da quella che io mi aspettavo.
Il fatto era che mi stavo abituando, ogni giorno era sempre più consapevole del fatto che lui era nella mia vita, era parte integrante di essa.
Sotto lo sguardo attento di mia madre, le premura di mia sorella e la comprensione di mio padre, Jungkook diventò un membro della mia famiglia.
Passano anni, anni dopo altri ed io e lui arrivammo a frequentare le scuole elementari insieme; mia sorella era entrata alle scuole medie, non gironzolava più attorno a noi per giocare, lei ormai era presa da discorsi tra ragazze, si attaccava alla cornetta del telefono per parlare con le sue amiche del colore dello smalto, di un certo ragazzo popolare a scuola di cui lei era ovviamente cotta, passava le giornate distesa sul letto attaccato al nostro, a pancia in giù mentre leggeva i giornalini dove all'interno regalavano i trucchi e c'erano i poster di cantanti famosi del momento.
Il suo corpo cambiò, le sue forme non erano più minute, il tempo gli regalava delle forme femminili, il seno più rassodato, la vita stretta e superò nostra madre a livello di altezza; la sua voce non era più stridula come prima ma più pacata. Mi ricordo ancora il giorno in cui gli arrivavano le mestruazioni, era chiusa in bagno perché si vergognava, solo dopo le interminabili bussate da parte di mia madre sulla porta,ci disse che del sangue era uscito dal suo corpo, mia madre gli spiegò cosa gli era successo e nel suo tono di voce si percepiva un pizzico di emozione; sua figlia era diventata una piccola donna, noi curiosi, c'è ne stavamo sull'uscio della porta, osservando la scena della spiegazione di come veniva messo l'assorbente, provai una sensazione di brividi quando vidi l'intimo di mia sorella macchiato.
ma questo significava solo una cosa; le cose stavano cambiando, lei smise di essere una bambina e diventò una ragazza che viveva la sua vita adolescenziale.
Io e Jungkook incominciamo a stringere il legame, se pure prima era un po' forzato dall'episodio dello schiaffo e dal mio arrendermi al fatto che lui ormai era sempre in casa mia, il nostro rapporto andò al di fuori di queste conseguenze.
Lui mi cercava. Nell'ora della ricreazione, se io ero vicino ad altri bambini lui si accostava a me, appoggiava il suo mento sopra alla mia spalla e osservava gli altri parlare, rimanendo in silenzio; le prime volte spostavo la spalla, altre lo spingevo indietro ma poi, giorno dopo giorno gli facevo rimanere il suo volto appoggiato al mio corpo.
Eravamo vicini di banco, nonostante io preferissi Choi, dovetti cedere il banco vicino al suo per sedermi a fianco di Jungkook, le nostre spalle si toccavano sempre, eravamo troppo piccoli per capire, non c'era nessun gesto di malizia o altro, ma io mi resi conto che cercava il mio contatto per sentirsi al sicuro, lo vedevo quando tutti cercavano di parlarci e lui rimaneva il silenzio, mi guardava come per dire: "non voglio nessuno intorno a me se non ci sei tu." o perlomeno io così lo interpretavo e allora, chiedevo agli altri di lasciarlo in pace, di non forzarlo a parlare poiché lui veniva da una situazione particolare, alcuni mi davano retta altri erano curiosi di lui: tutti i bambini di Hanok si conoscevano, lui era estraneo, da pochi anni era lì, e non aveva stretto legame con nessuno se non con me e Choi.
Il suo rapporto con Choi era quasi simile agli altri, solo che parlavano quando eravamo solo noi tre, a giocare al parchetto o nell'androne del palazzo in mezzo alle scale sporche di polvere e un'aria che sapeva di umidità, puntualmente noi tre ritornavamo a casa con le mani sporche e nere, facevamo scivolare le macchinine con le rotelle sopra il marmo grigio del pavimento, ci spostavamo solo quando qualcuno doveva salire o scendere le scale.

"Jungkook vuoi giocare?" gli chiedeva Choi, e le sue risposte erano sempre monosillabi, ogni tanto si scappava uscire un "forse." ma per il resto, i dialoghi inventati tra soldatini, i rumori dei finti motori delle macchine, provenivano dalla mia bocca o dal mio migliore amico.
La sua voce, la sentivo quando eravamo soli, quando nessuno poteva sentirci: quando eravamo pronti per andare a dormire, rimanevamo per un po' di tempo distesi nel letto, avvolti dall'oscurità della notte se non per la luce lunare che proveniva dalle fessura della persiana, ci raccontavamo di qualsiasi cosa ci passasse per la testa, io d'altronde, che ero quello un po' più perfido in senso buono, mi piaceva raccontargli delle storie horror inventate, come quella della casa stregata che si trovava all'angolo della via, ai confini del quartiere, gli dissi che tanto tempo fa, dei bambini andarono a visitare quella casa e non ne fecero più ritorno: sentì la sua mano cercare la mia, il mio palmo era rivolto verso l'alto, appoggiato alle bianche lenzuola di flanella, il suo di palmo si unì al mio.

"hai paura?"
"no."
"allora perchè stringi la mia mano se non hai paura?"
"non lo so..."
intanto mia sorella diede un colpo di tosse che ci fece sussultare entrambi e la presa delle mani si rafforzò in un secondo, da lì a poco ci addormentammo mano nella mano.

Mille inverni - TaekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora