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Come aveva disfatto la valigia, era pronto a rifarla, per ripartire di nuovo: le settimane scorrevano velocissime, il tempo non bastò per risanarmi dalla sua mancanza anzi peggiorò ancora di più nel sapere che sarebbe dovuto ripartire; vederlo rit...

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Come aveva disfatto la valigia, era pronto a rifarla, per ripartire di nuovo: le settimane scorrevano velocissime, il tempo non bastò per risanarmi dalla sua mancanza anzi peggiorò ancora di più nel sapere che sarebbe dovuto ripartire; vederlo ritornare nella mia quotidianità mi lasciava un senso di amarezza.
Dentro di me, sentivo il peso delle vicende non sistemate: da quella sera non ne avevamo più parlato, le parole erano rimaste in sospeso nell'aria di quella notte consumata dalle mie paure, dalla sua angoscia.
Ed ecco che infilava il suo berretto, si abbottonava tutti i bottoni ben saldati sulla fodera e il manico della valigia ben stretto nelle sue mani ruvide.

"Ti scriverò, non preoccuparti." Mi disse mentre saliva sul treno per partire lontano di nuovo: eravamo nella stessa situazione dell'ultima volta, quando mesi fa era stato accompagnato da tutti noi in stazione ma quel giorno c'ero solo io, eravamo solo noi due circondati da persone che ritornavano a casa, chi andava a lavoro, altri partivano come lui.

"Jungkook?" Lo richiamai mentre si sistemava il colletto.

"Dimmi"

E poi la voce robotizzata dall'alto parlante interrompe il mio discorso.

«a tutti i passeggeri. Vi invitiamo ad allontanarci dalla linea gialla per questioni di massima sicurezza. Il treno per Gyeonggi-do sta per arrivare.»

"Devi dirmi qualcosa Tae?"

"No niente, lascia perdere. Allora fai buon viaggio, non preoccuparti per me. Occupati della tua salute" gli diedi un bacio leggero sulla guancia, un bacio fraterno e lui mi strinse appoggiando una mano dietro la nuca, nascondendo il mio viso nel mezzo del suo petto vestito da divisa: profumava di muschio, era sicuramente il profumo di mio padre che gli aveva dato in prestito, per dare bella figura, presentarsi come un vero uomo.

"Si sistemerà tutto vedrai,  è una promessa."
Mi disse quando il rumore delle rotaie strizzò su i binari.

Dal finestrino mezzo aperto del vagone mi salutava con la mano e il treno poco più di qualche minuto, se lo portò via con se.

Nessuno dei due sapeva come sarebbe andata a finire, come la situazione poteva eclissarsi, se in positivo o in negativo.
Lui sapeva le parole che volevo dirgli, solo lui le conosceva e seppure non ne avevo pronunciate nemmeno una, erano stato soffiate nell'aria di quella giornata celeste, nei battiti dei nostri cuori.

Ma in quel momento realizzai di aver creduto che l'arma vincente per entrambi era quella dell'amore; in realtà più crescevamo e più mi rendevo conto che era la forza l'elemento principale a renderci uniti, era l'unica cosa che poteva contare, la vera forza era quella di saper restare con o senza ostacoli.
Sentivo anche io l'esigenza di partire, lontano da tutti e ricominciare da campo ma sapevo che non potevo farlo, non me la sentivo perché in quel vagone c'era chi alimentava quella forza che mi ancorava anche ad una briciola di amore che era disposto a donarmi.
Jogin aveva scatenato un inferno, aveva riaperto una ferita che a primo impatto sembrava guarita, ma non era così.

«è una promessa»

Ma io e lui non eravamo legati da nessuna promessa, né tanto meno da parole invano. Era qualcosa di diverso, era come una catena che ci faceva sentire ancora più legati: un legame che si era ancorato a lui e questo lo sapevo fin troppo bene, lo sapevo da diciannove anni a questa parte, quando ci siamo conosciuti, quando ho capito cosa eravamo io e lui.

«parti lontano Jungkook, e torna ti prego. Ma chissà se al tuo ritorno saremo liberi da queste catene. Mille inverni sono troppo freddi per un sentimento così fervido»

Mille inverni - TaekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora