Capitolo Trentacinque

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"Avete litigato, caro?". Sua madre era andata da lui, visto che non era sceso neppure per pranzo. Ed ora, lo fissava dalla soglia della camera con aria preoccupata. "Sono proprio un coglione" sussurrò Felix, in tono abbastanza basso da non essere udito. Non sopportava lo sguardo amorevole e preoccupato di sua madre, non lo meritava. Aveva sbagliato ed ora il destino lo stava punendo. Sospirò, scuotendo la testa in risposta alla domanda di sua madre che entrò e si fermò a pochi passi dal letto dove Felix era ancora seduto. Non c'era proprio niente da dire, pensò il giovane. Niente era stato vero, in quei giorni. Si sforzò di alzarsi dal letto per raggiungere gli altri, facendo un piccolo sorriso alla donna. Insieme, scesero al piano di sotto.

Il resto della giornata trascorse lentamente, era come se il tempo fosse rallentato. Felix mangiò poco sia a pranzo che a cena e praticamente non parlò. Stranamente, i suoi familiari non lo assillarono per sapere cosa non andasse ed, incredibilmente, suo padre e suo zio gli misero sempre solo acqua nel bicchiere. Perché, proprio ora che avrebbe davvero voluto sbronzarsi e dimenticare? La risposta era forse negli sguardi che gli lanciavano ogni tanto, cercando di non farsi notare. Lo fissavano come se temessero di vederlo scoppiare o sgretolarsi all'improvviso. Era davvero così sconvolto? Felix non aveva il coraggio di guardarsi allo specchio, così dopo cena andò direttamente a letto e si sdraiò vestito. Comunque, doveva partire molto presto la mattina dopo per tornare a Roma. All'università, alla sua vita di sempre.

Il viaggio in treno sembrò interminabile, Felix si mise le cuffie per non sentire nessuno ed aprì un libro sulle ginocchia per fingersi molto impegnato. Ma, non sentiva la musica e non leggeva niente. Continuava a ripercorrere gli ultimi giorni nella sua mente, cercare di comprendere come potesse essere tutto così diverso e così uguale al tempo stesso. Sarebbe tornato ai suoi studi, alle feste, alla vita spensierata di sempre. Eppure, qualcosa dentro di lui era cambiato. Probabilmente, non avrebbe mai più rivisto Noah. Eppure, in quei pochi giorni, il ragazzo gli aveva fatto capire che forse c'era un motivo per cui si era sempre sentito insoddisfatto e fuori posto. Con un sospiro profondo, si guardò intorno nella carrozza per studiare le persone intorno a lui. Come poteva capire se era attratto dai ragazzi? A chi poteva rivolgersi, ora? Maledisse il giovane, dentro di sé. Quel bel ragazzo che gli aveva sconvolto la vita, per poi lasciarlo solo e confuso, senza neppure una parola di saluto.

IO, TE E GLI ALTRIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora