Capitolo Trentatré

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When I lay with you
I could stay there
Close my eyes
Feel you here forever
You and me together, nothing gets better

(Set fire to the rain – Adele)

Felix scosse la testa, balbettando: "S-solo un bicchiere d'acqua, g-grazie". Si rese conto di essere probabilmente ridicolo. Una reazione esagerata, davanti alla sua famiglia. Si sforzò di fare qualche passo avanti e crollò su una sedia, mentre sua madre gli porgeva premurosa dell'acqua. La sorseggiò lentamente, facendo dei respiri profondi tra un sorso e l'altro, sentendo tutti gli sguardi su di lui mentre si rimproverava per aver dato troppo peso a quello che era successo quella notte. Con un sospiro profondo, cercando di sorridere alla sua famiglia, annunciò che sarebbe andato a vestirsi, affrettandosi a salire le scale per evitare qualsiasi domanda.

Appena entrato in camera, Felix si chiuse la porta alle spalle e si passò le mani sulla faccia. Doveva assolutamente rintracciare Noah, parlare con lui ,a non per la stupida farsa che avevano inscenato. Per i momenti che avevano condiviso, poche ore prima. Era stato quello a far fuggire Noah? Felix lo aveva offeso? Il ragazzo prese il cellulare da sopra il comodino e chiamò Erik. Il suo amico rispose dopo una lunga serie di squilli, la voce roca ed il tono incazzato: "Felix! Perché cazzo mi svegli a quest'ora?". "Scusa" praticamente sussurrò e la sua voce rotta fece immediatamente cambiare tono all'amico: "Cosa succede?". "Ecco" provò a spiegare Felix, cercando le parole per far meglio comprendere la situazione: "Noah.", una pausa: "Noah è sparito". "Sparito?" Erik sembrava confuso e preoccupato. "Sparito, scappato, volatilizzato" elaborò Felix, il tono esasperato. "Che cosa hai fatto?" chiese Erik e Felix sbuffò, perché doveva per forza essere colpa sua? Ma non rispose, cambiò invece argomento chiedendo ad Erik di andare al club dove lavorava Noah per chiedere un recapito qualsiasi o un altro numero di telefono, visto che all'unico contatto che aveva le chiamate finivano direttamente nella segreteria telefonica. "Forse quello è il numero con cui lavora" ipotizzò Felix, cercando di sembrare calmo: "Magari, ha un altro numero personale". "Felix" il tono di Erik si era fatto preoccupato: "Posso farlo, se ti fa sentire meglio. Ma ho l'impressione che qualcosa ti turbi. Ricordo poco della nostra ultima conversazione, ero piuttosto fuori, ma ora sembri molto più serio. Più coinvolto, mi sbaglio?". "Erik" lo rimproverò Felix: "Non ne voglio parlare, potresti solo andare al club e farmi sapere qualcosa?". L'amico acconsentì, facendosi però promettere di avere qualche dettaglio sull'accaduto, quanto prima. Felix riagganciò e prese a camminare nervosamente per la stanza. Sarebbe dovuto restare a casa fino al giorno dopo, ma non sapeva come affrontare gli altri, cosa dire. Se Noah aveva avuto un problema grave, perché non lo aveva informato? Tutto il castello di bugie che aveva costruito stava crollando, ma più di questo lo preoccupava quella strana sensazione di vuoto che aveva iniziato a provare dal momento in cui si era svegliato da solo nel letto. Cercava di non pensare alle sue mani che accarezzavano Noah, alla sua voce bassa e sensuale che gli sussurrava che andava bene. Che non stavano facendo nulla di sbagliato. 

IO, TE E GLI ALTRIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora