Manuel si rende conto di aver commesso uno sbaglio quando è ormai troppo tardi. Gli succede spesso in realtà ma ciò non significa che sia per lui una situazione piacevole rendersi conto di aver fatto l'ennesimo errore di valutazione.
Quella sera il suo errore consiste nell'essere salito in macchina e nell'aver guidato fino a casa di Simone.
Si accorge di aver sbagliato quando invia un messaggio all'amico per annunciare il suo arrivo e capisce che preferisce scrivere piuttosto che telefonargli perché non ha voglia neppure di aprire bocca per produrre un suono che somigli anche vagamente ad un esci, sono fuori.
Non ha idea di cosa finirà per dire a Simone se questo è lo stato delle cose.
Fortunatamente per lui, però, Simone sembra aver ingoiato un dizionario, o essere diventato un elenco di podcast con tanto di riproduzione automatica.
Gli racconta dell'allenamento di quel pomeriggio, del nuovo arrivato in squadra che sembra non riuscire neppure a capire come funzionino le regole base del rugby, del nuovo tatuaggio che vorrebbe farsi, delle idee sull'università che da un po' gli frullano nel cervello e dell'ultima frequentazione assurda di suo padre.Quando però si rende conto che Manuel sta guidando praticamente in cerchio, senza una vera e propria meta, smette di parlare.
O meglio, avanza una richiesta.
"Possiamo andare a casa mia? Sono stanco." dice, e Manuel lo vede, lo sa, lo percepisce che sta mentendo, perché Simone sembra tutto fuorché stanco.
Ha imparato a conoscere ogni lato del suo migliore amico Manuel, sa quando è davvero stanco. Sa che in quel momento ha percepito il suo sconforto e vuole soltanto farlo stare bene.
Così senza dire più di dieci parole per l'intero viaggio, ritornano a villa Balestra e solo quando si sta togliendo le scarpe per distendersi sulla brandina, Simone gli rivolge effettivamente la parola.
"Fermo." esclama, mentre recupera due coperte dall'armadio e lui non capisce cosa ci sia di sbagliato nel cercare di stendersi a faccia in giù nel cuscino e sparire per un po'.
"Che c'è?" mormora, nonostante anche quelle parole gli costino fatica.
"Lascia sta' la brandina, vieni qua." però Simone gli spiega e lui sente improvvisamente gran parte della tensione dissiparsi.
Si gira e trova Simone seduto sul letto, poggiato con la schiena al muro, con un cuscino dietro di lui, con la coperta a nascondergli le gambe e le braccia aperte, chiaramente in sua attesa.
"Vieni." ribadisce, alzando un sopracciglio, indicando il materasso con un cenno del capo.
Sulle guance di Manuel si fa largo un discreto rossore ma considerando il suo livello di disperazione, non trova la forza per curarsene, così semplicemente si avvicina piano e si siede, poggiando la schiena sul petto di Simone che subito gli prende le mani, in silenzio.
"Non avevi voglia di parlare." sussurra, mentre i pollici disegnano cerchi invisibili sul dorso delle mani dell'altro.
Manuel scuote il capo e chiude gli occhi, nonostante il cuore gli batta all'impazzata. Incastra la testa nell'incavo del collo di Simone, all'indietro. Si rilassa per la prima volta in tutto il pomeriggio.
"Perché non me l'hai detto?"
Simone sa che probabilmente non riceverà risposta ed infatti continua ad incontrare soltanto silenzio e delle spalle che si muovono nel vano tentativo di dire "boh.".
Annuisce e poggia il naso tra i capelli di Manuel, poi sposta le mani, inizia a salire lungo le braccia, accarezzandogli prima gli avambracci e poi le braccia, per poi scendere di nuovo giù, fino ad intrecciare le loro dita.
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Little bit of perfect
FanfictionTutto l'amore del mondo in più o meno 1000 parole. (Raccolta)