stare (solo) bene

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Simone si sta rigirando tra le coperte, cercando di addormentarsi, quando sente il telefono di suo padre squillare. Non ha però neppure il tempo di imprecare e chiedersi perché non imposti il silenzioso dopo un certo orario perché qualcosa attira subito la sua attenzione.

Sembra infatti che l'uomo stia parlando con Manuel e lui si chiede per quale ragione il suo migliore amico abbia telefonato a suo padre alle undici di sera invece che a lui.

«Ma che succede?» borbotta, dopo aver raggiunto a fatica la sua camera.

«Era Manuel.» biascica Dante, lasciando le coperte.
«E? Perché ha chiamato te?»

Simone è impaziente, ha le sopracciglia alzate e le mani aperte all'altezza dei fianchi.

«E non essere geloso dai!» lo sbeffeggia infatti Dante, guadagnandoci un'occhiataccia ed uno sbuffo enorme che sinceramente lo diverte.

«Si è allagata casa loro e poiché sua mamma non voleva chiamarmi, Manuel l'ha fatto al posto suo. Tutto qui, Simone.» spiega alla fine.

«E non sanno dove andare?»
«Esatto. E non credo ci siano idraulici disponibili a Roma a quest'ora.»
«E non possono venire a stare qui?»

L'espressione di Simone è ora a metà strada tra la stanchezza e la preoccupazione ed il cuore di Dante si rimpicciolisce di fronte al suo sguardo; cerca di scacciare via il sonno dagli occhi con i palmi delle mani e attende che suo padre gli risponda.

«Sono già in macchina.»









Simone non sa cosa aspettarsi, non sa neanche cosa sia successo a casa di Manuel, quali siano i danni, ma suppone che se lui e sua madre stiano per andare a dormire a casa sua, la situazione debba essere grave, così se ne resta seduto sul bracciolo del divano in attesa che il suo amico arrivi, nonostante sia piuttosto stanco per via degli allenamenti di quella sera.

Quando però lo vede varcare la soglia di casa sua gli diventa piuttosto chiaro che qualsiasi cosa sia, abbia turbato Manuel più di quanto voglia ammetterlo.

«Oh.» sussurra infatti, afferrandogli un gomito, mentre stanno salendo le scale per raggiungere la sua camera.

Manuel però non si gira e lui è costretto a perderlo per un attimo di vista perché suo padre gli chiede se abbiano bisogno di aiuto con la brandina.

«Manuel, mi parli?» riprova, quando la porta è chiusa e loro sono al sicuro, in camera sua.

«Scusa.»

È forse la prima volta che sente quella parola uscire dalla bocca dell'amico Simone, e forse la sua confusione è così chiara che Manuel riesce a leggerla nella sua fronte aggrottata.

«È che... andava... andava tutto bene e stasera...»
«Stasera? Che è successo? Cioè, oltre ai tubi che–»
«Quando ero piccolo c'hanno cacciato di casa 'n sacco de volte Simò, e... quando... qua– cioè, lo so che adesso non è così però io non–»

Simone decide di azzardare o forse non decide proprio nulla, dà semplicemente ascolto al suo cuore che non ne può più di starsene lì a vedere Manuel che soffre, e si allontana da lui avvicinandosi all'armadio, lasciandolo piuttosto perplesso.

Recupera una felpa grigia ed un pantalone blu, ritorna da lui. «Tieni, cambiati, poi ci stendiamo e parliamo. Okay?» dice, tirandolo fuori da quella spirale di pensieri.

Manuel li afferra nonostante non abbia molta fiducia nella sua stretta in quel momento e quasi si commuove quando vede Simone uscire dalla stanza. È chiaro che gli stia dando una privacy di cui lui non è neanche certo di aver bisogno, sicuramente una che non gli ha mai concesso prima — e non per una mancanza sua personale, bensì perché mai ne hanno sentito la necessità.

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