Manuel nemmeno lo sa come sia finito a bere una tisana con Simone in un bar del centro alle sei del pomeriggio, ma soprattutto si chiede come sia finito un bambino di circa quattro anni tra le braccia di Simone.
La disperazione lo assale quando scopre che questo bambino si chiama Manuel e adora Simone. Anzi, è abbastanza convinto che ne sia ossessionato.
Un po' riesce anche a capirlo.
A differenza del bambino, comunque, lui non lo ammette neppure a sé stesso.
«Ma non te dà fastidio?» domanda, quando vede una manina del bambino tirare i ricci di Simone, e questi semplicemente ridacchia un «no, è così carino» che rischia di farlo collassare.
Crede di aver avuto una bomba ad orologeria al centro del petto per mesi e che in quell'istante sia scoppiata, perché non riuscirebbe a giustificare in altro modo quel susseguirsi di colpi che pare volergli aprire il petto in due.
Si sente un po' a disagio, un po' stupido, ché da quando quel bambino è arrivato, ha iniziato a cercare le attenzioni di Simone e Simone, da quando la madre di suddetto bambino gliel'ha gentilmente parcheggiato sulle gambe, ha smesso di prestare attenzione a lui.
«E che si fa co' 'sti qua, scusa?» sussurra, un po' per non farsi sentire dalla madre del bambino, un po' perché si sente davvero stupido.
Simone però ride e a lui va bene così.
«Manuel, è un bambino» gli fa notare.
«Non un ordigno nucleare»Deve fingersi offeso Manuel; quella farsa gli consente di distrarsi, di non concentrarsi sul suo cuore che batte così tanto da fargli tremare lo stomaco.
Non gli riesce granché bene però, perché Simone recupera una macchinina tra i giochi del bambino ed inizia a fare strani rumori, il tutto con Manuel, – quello piccolo –, sulle sue cosce ed una mano sulla sua piccola schiena per evitare che possa cadere.
Si sente di venir meno Manuel, e nemmeno sa perché. Sa solo che vuole uscire da quel bar al più presto possibile e contemporaneamente vorrebbe poter fermare il tempo.
«Certo che co' tanti bambini, se doveva innamora' de te proprio uno che se chiama Manuel» ride, e riflette sulle sue parole forse dopo, quando è troppo tardi.
Simone scrolla le spalle, accarezza i capelli del bambino che sembra gradire particolarmente, sgancia una bomba.
«Sarà 'na cosa del nome» ridacchia, continuando a fissare il piccolo Manuel.
«Ho capito!» esclama allora, portandosi una mano sul cuore, che sente ancor più fuori controllo.
«'Sto bambino te ama perché non capisce 'nto sei stronzo»
La situazione peggiora però, perché Simone scoppia a ridere, strizza gli occhi in quel modo che fa scoppiare il cuore a Manuel e con lui inizia a ridere anche il bambino, impegnato ad accarezzargli una guancia con una piccola mano a palmo aperto, producendo l'effetto di uno schiaffo più che di una carezza.
Quella sera Manuel è così tanto turbato che non riesce a dormire, ché continua a pensare a Simone con un bambino sulle gambe, i capelli arruffati per colpa delle sue manine, la sua risata che sembrava risuonare nell'intera sala, una tisana che – in altri tempi – non avrebbe guardato neppure da lontano, figurarsi pensare di berla.
Manuel è così turbato che sua madre lo trova seduto sul divano, in cucina, alle due di notte, più o meno.
«Manu» biascica, ancora assonnata.
«Che hai? Stai male?» gli domanda, allarmata, prendendo posto accanto a lui, portando una mano tra i suoi ricci.

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Little bit of perfect
Fiksyen PeminatTutto l'amore del mondo in più o meno 1000 parole. (Raccolta)