Prologo

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C'era una volta un grande regno, con una grande storia, dove c'erano grandi persone. Era un regno segreto, ed i più comuni non sarebbero mai riusciti a vederlo, ma, di certo, in questa storia non parleremo dei più comuni.

Nel Tutum echeggiava il silenzio più assordante mentre i due ragazzi più conosciuti del posto – i futuri imperatori – aspettavano dento all'altro un Munetico che avrebbe portato avanti la stirpe di Prigus XII "il grande", re Munetico di tutto il Tutum.

Quest'ultimo era fermo davanti alla grande porta di pietra della torre in cui si trovavano mentre il figlio accompagnava la futura moglie e regina nella stanza da dove tutti, da un momento all'altro, aspettavano una grande notizia.

C'erano diversi bisbigli in ogni angolo del pianerottolo che provenivano da Munetici in maggioranza, creature umanoidi molto alte che, secondo le dicerie, possedevano dei doni: riuscivano a prevedere il futuro e molti di loro erano in grado di creare intrugli curativi usando la magia, o almeno quello era ciò che sostenevano;

oltre a loro c'erano diverse creature che erano l'esatto opposto dei Munetici, Teprei si facevano chiamare, famosi per essere bassi i Teprei amavano la natura, la utilizzavano addirittura per mangiare e cucinare e facevano spesso a gara con i Munetici per chi inventava gli intrugli più soporiferi e puzzolenti.

«Padre!»

Imprecò un ragazzo, uscendo dalla stanza con la porta in pietra e rivelandone il contenuto: un letto abbastanza grande si trovava al centro del pavimento con le mattonelle beige e le pareti color crema in bugnato lasciavano spazio a due grandi finestre, una sulla parete di sinistra ed una sulla parete di destra

«Cumeret?» Chiese Prigus ed il ragazzo, spaventato dall'espressione del padre, cercava le parole per comporre una frase

«Non sembra... uno di noi». Pronunciò il ragazzo, guardando il padre negli occhi, portava, oltre ai pantaloni neri ed alla maglia di stoffa nera con i ghirigori bianchi, un mantello blu notte proprio come il padre.

«È un Tepreo?» Disse l'uomo, accompagnando le parole con una risatina, mentre donava alla ragazza nella stanza un'occhiata fugace; le creature bassine bisbigliarono alcune parole arrabbiate ed offese dall'aria sdegnata dell'uomo.

Il ragazzo si girò a guardare la sua compagna, era ancora seduta sul ciglio del letto con due piccole teste che si facevano strada fuori dal lenzuolo in cui erano avvolti.

«No, crediamo siano umani padre». Bisbigliò Cumeret guardando il padre di sottecchi, Prigus gli fece subito segno di abbassare la voce per non farsi sentire da quelli pronti ad ascoltare e raccontare tutto ma il suo tentativo non riuscì.

Si sentivano diversi bisbigli che dicevano -lo sapevo- o -l'avevo visto in sogno-, il viso di Prigus XII "il grande" si scurì mentre socchiudeva gli occhi

«Uomini?» Ringhiò l'uomo sospirando, il figlio annuì lentamente e la ragazza dietro di lui si alzò con i due bambini fra le braccia, erano più grandi di un piccolo Tepreo ma più piccoli di un piccolo Munetico, avevano la stazza e la lunghezza di un normale umano, c'era una bambina, che aveva il viso rossa come il fuoco, ed un bambino, che aveva le guance rigate e piene di piccole goccioline.

Tutum: a kingdom in riskDove le storie prendono vita. Scoprilo ora