Confusione

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Caligo

Sospirai e tossii tre volte.

Non c'era sole, anzi, pioveva.

Sentii le piccole gocce cadermi sul viso, toccarlo dolcemente e poi scorrere lungo la guancia, come una lacrima.

Mi guardai intorno, girai il capo un paio di volte e sbuffai.

Nessuno, solo io, la pioggia e le braccia e gambe addormentate.

Era notte, la luna era proprio su di me e mi illuminava, il buio prendeva tutta la foresta. Attorno a me c'erano degli alberi che formavano un cerchio.

Sfregai i pugni sulle palpebre e cominciai a piangere.

Non sapevo cosa fare, non riuscivo a muovere le gambe e le braccia a malapena.

Non sapevo cosa fosse successo.

Ero perso.

La prima persona a cui pensai era sfocata, ma la ricordavo fin troppo bene.

Non Ig, non mamma o papà, non Nalor e neanche Prigus.

Era stato Daemon.

Il suo viso.

Le sue mani.

Il suo torace nudo.

I suoi capelli ed il suo sorriso.

Ma Daemon non era con me, Daemon non mi voleva.

Nessuno mi voleva, ma stavo sforzando troppo la vista, troppo la mente.

Chiusi gli occhi e lasciai la testa cadere.

Provai a ricordare quello che era successo.

Ricordavo un centauro, Ignis che correva.

Qualcuno che mi afferrava da dietro ed io che mi dimenavo, ricordai il dolore della mia gola quando avevo strillato con la paura negli occhi.

Cominciai a pensare a Daemon.

Pensavo sempre a lui: anche quando soffrivo, quando non m'importava di lui.

Anche quando lo odiavo.

Anche quando stavo per morire.

Tossii di nuovo.

Mi faceva male la testa, mi sentivo uno straccio.

Provai di nuovo ad alzarmi, ma non ci riuscii. In cambio, sentii un formicolio sulla gamba, come se milioni di insetti stessero camminando sulla mia coscia destra.

Sentii delle voci.

Una più chiara, l'altra rauca.

«Vuoi parlare o dobbiamo trarre conclusioni?» Disse la voce rauca.

«Lasciami in pace». Bisbigliò la seconda voce, era triste, spaventata.

Mi ricordava qualcuno, ma pensare intensamente mi faceva girare la testa.

«Allora trarrò le mie conclusioni».

«Lasciami in pace!» Urlò la voce, e la riconobbi.

Era Ignis.

«Cosa avete scoperto?»

«Non toccarmi». Piagnucolò.

«Rispondi, o uno di voi non ce la farà». Rise la voce rauca.

Cercai di alzarmi, di parlare, di muovermi.

Nulla.

Ignis non doveva parlare. A costo di morire.

A costo di farmi morire.

Ma cosa mi era successo?

Tutum: a kingdom in riskDove le storie prendono vita. Scoprilo ora