Rose verdi e una promessa

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Ignis

Ero del tutto eccitata.

Papà non faceva che parlare di quella fantomatica sorpresa da settimane ormai.

Ormai pensavo a qualsiasi cosa.

Chissà che cosa ci aveva fatto.

Più che altro, ero preoccupata per Caligo.

Non volevo azzardare una scusa, ma quel nuovo amico gli faceva perdere la testa.

Era totalmente impazzito, urlava, era irascibile per qualsiasi cosa, e non gli faceva bene questo tipo di comportamento.

Ovviamente, non gliel'avrei detto.

Se avessi osato, sarebbe stato anche capace di uccidermi a parole.

Camminava lentamente dietro di me, papà ci aspettava all'entrata principale: lì non c'era nessuno.

Erano solo le sei del pomeriggio, quasi le sette, ma data la stagione la luna risplendeva nel cielo.

C'erano già alcune stelle che danzavano nel buio, che facevano l'amore e ridevano.

Avrei voluto essere una stella.

Da lontano vidi papà, alzò un braccio ed io indicai Caligo.

«L'ho trovato, finalmente».

Cominciammo a marciare verso alcuni giardini nascosti.

In lontananza, dove ci stava portando papà, c'erano molti alberi, uno accanto all'altro, e formavano un grosso muro.

Caligo sbuffava ad ogni passo, mi angosciava, sinceramente.

Era troppo strano, Caligo non si comportava così, mai.

Caligo era solare, correva, rideva per tutto, scherzava sempre.

Ora era spento, si arrabbiava per due battute.

Non era più mio fratello.

Amava stare con papà, e comportarsi così in sua presenza non era da lui.

Non era da Caligo.

«Quando entriamo, mi raccomando, guardate per terra. State attenti». Sussurrò papà, eccitato. Stavo per chiedergli perché, ma non me l'avrebbe detto.

Eravamo a pochi metri dal muro di alberi.

Erano grossi pini, il terreno era ricoperto di pigne, proprio nel mezzo, tra due alberi, c'era uno spazio.

Fungeva da porta.

Sentivo la felicità e l'eccitazione di papà da metri di distanza.

Non vedevo l'ora di scoprire cosa lo rendeva così felice da settimane.

Lo vidi scomparire fra i due pini.

Presi coraggio ed entrai anche io.

Le stelle facevano da tetto alla piccola stanza che aveva creato la natura.

Abbassai lo sguardo.

Le pigne sembravano neve, cadevano ogni secondo dai grossi alberi.

Il pavimento era pieno di fiori.

Non fiori comuni, rose dai petali verdi.

«Le hai piantate tu?» Chiesi a papà.

«Già, ho piantato gli alberi, e le rose. Rose verdi. Lo sapete, le rose verdi sono molto rare. Rare quanto voi. Non perché avete sembianze umane, non perché siete belli, non perché siete i miei figli. Perché siete speciali, e meritate di saperlo ogni giorno. Quindi vi prego». Si lasciò scivolare sul terreno, per sedersi, e ci fece cenno di fare lo stesso.

Tutum: a kingdom in riskDove le storie prendono vita. Scoprilo ora