Foresta e risentimenti

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Ignis

Mi guardai intorno.

Nessuno ci vedeva, così mi concentrai.

Ero davanti la barriera, una barriera che non mi permetteva quello che c'era nella foresta. Scacciai tutto dalla mente, papà, Prigus, le rose, Cal.

Pensavo solo alla foresta, senza dar conto alla barriera che ci divideva dal nostro destino.

Un destino che non avevamo scelto noi.

Serrai gli occhi.

Una vena mi pulsava sulla tempia.

Mi sentivo fluttuare.

Non riuscivo a controllare il senso del tatto.

Non sentivo più le rose nelle mie mani.

«Cal, ma tu stai facendo qualcosa o rimani a guardare?» Chiesi a denti stretti.

Vedevo tutto sfocato.

'Non posso lasciarmi svenire, non questa volta'.

«Ig, io ci provo». Cominciò a parlare mio fratello, sentivo la sua voce ovattata. «Ma non ci riesco». Confessò.

Provai a dire qualcosa ma dalla mia gola uscivano solo lamenti.

'Non svenire. Ignis. No'.

Continuai a concentrarmi.

A pensare come se fossi già nella foresta, ad eliminare il limite della mia mente.

Sentii i miei muscoli irrigidirsi.

'Ci'.

Le dita affusolarsi.

'Posso.'

Le gambe addormentarsi.

'Riuscire'.

La testa scoppiare.

Ma ci ero riuscita.

Non c'era più quell'orribile sfocatura, quel senso di responsabilità e quella paura, non c'era più la paura.

Ero esausta, sfinita, faticavo a respirare ma ero contenta.

Caligo mi fissava.

«Stai bene?» Mi chiese.

Io annuii ma non riuscivo a parlare.

Mi guardò per un altro po' e poi si avvicinò a me.

«Vieni qui». Trattenni un urlo, mi prese di peso come un sacco di patate.

«Cal, posso camminare. Mettimi giù!» Balbettai, muovendo le gambe.

Lui ridacchiò ma non ci penso neanche ad ascoltarmi.

«Tu ti sei aggrappata a me tipo bradipo, ed io ti porto in braccio con il rischio di farti cadere. Scambio equo». Affermò, e questa volta non potevo dargli torto.

«Sì, ma io l'avrò fatto per, massimo, cinque minuti». Contesto.

«Allora, fra cinque minuti ti metterò a terra. Ti va?» Io annuii e lui continuò a passeggiare con me in spalla.

Gli alberi erano più verdi che mai, il cielo era azzurro pastello.

Sembrava quasi una favola, un disegno.

«Qui puzza di cavallo». Commentò Cal, un po' aveva ragione.

Dopo aver dato il suo contributo alla conversazione, mi rimise sul terreno in piedi.

«Grazie, eh».

Ero più che confusa.

In poche ore ero passata dallo stare con mamma, poi con papà, poi avevo perso un papà per alcune settimane ed ora ero lì.

Tutum: a kingdom in riskDove le storie prendono vita. Scoprilo ora