Ormai erano ore che Selene cercava di comprendere le parole scritte sul suo libro di chimica, ma tutte le formule che cercava di capire, nella sua testa perdevano il loro ipotetico senso trasformandosi in qualcosa di troppo complicato da imparare. Appoggiò la sua testa sulla carta tagliente del libro.
"Non ce la farò mai" mormorò esasperata, sentiva la testa scoppiare e gli occhi bruciarle. Il brontolio con cui la sua pancia si lamentò la fece decidere ad uscire dalla sua piccola stanza e mangiare qualcosa. L'unico rumore che si poteva sentire tra quelle mura erano i passi leggiadri di Selene, mentre scendeva la corta scalinata formata da solamente sei scalini. Suo padre era ancora a lavoro, per colpa degli straordinari che gli toccava fare da quando c'era anche un'altra bocca da sfamare, perciò le capitava molto spesso di ritrovarsi in questa situazione. Ma se lo doveva ammettere non le dispiaceva affatto, stava tutto il tempo chiusa nella sua stanza, perciò non le cambiava molto. Tranne nei momenti come quello, che si ritrovava a fissare una sedia vuota di fronte a lei, mangiucchiando un pezzo di pane trovato nella dispensa.
Nessuno l'aveva mai capita. Sin da piccola le era molto difficile fare amicizia, erano stati molti i compleanni festeggiati con sua madre e una torta comprata al supermercato affianco. E quando provava a dire a sua madre che avrebbe voluto degli amici lei rispondeva sempre così: "Dici sempre che ti piace stare sola, cosa ti lamenti?" con quel suo tono saccente e seccato dalle lamentele della figlia undicenne. Tutti pensavano che stare da soli e sentirsi soli fossero la stessa cosa, ma non era così, e Selene lo sapeva molto bene. Lei adorava stare da sola, con la musica a palla, leggendo un libro o semplicemente distendendosi e chiudendo gli occhi, disconnettendosi da quel mondo caotico e, alcune volte, soffocante. Ma sentirsi soli, era tutta un'altra storia, quando affogavi tra i milioni di pensieri che ti sgorgavano in testa, ti sentivi come un lebbroso, emarginato da tutto e da tutti, quando sentivi i mostri che risiedevano nel tuo cuore ridere del tuo stesso dolore. E l'unica cosa che volevi fare era farla finita, una volta per tutte, ma poi ti ricordavi delle belve imprigionate dentro al tuo corpo, sentivi le loro risate diaboliche e disprezzanti ridicolizzarti per il tuo atteggiamento infantile, da mammoletta. Perciò non lo facevi, non ti arrendevi, perché non gliela potevi dare vinta, dovevi dimostrarli che eri forte, anche se le lacrime che uscivano dai tuoi occhi ti facevano sembrare tutt'altro.
Il telefono di Selene iniziò a squillare, facendola tornare alla realtà. Il nome di Bill lampeggiava sul piccolo schermo, aspettando una risposta dalla ragazza corvina.
"Pronto?" sussurrò ancora immersa tra i suoi pensieri Selene.
"Ehy! Fatti trovare pronta fuori casa tua, tra circa mezz'ora sono lì" la voce dell'amico risuonò all'altro capo del telefono, sembrava quasi un obbligo più che una semplice affermazione.
"Dove mi devi portare?" chiese curiosa Selene, alzandosi dalla sedia della cucina.
"In un posto, ci sono anche i ragazzi" rispose frettoloso Bill, senza volersi dilungare troppo.
"Ok? A dopo Bill" mormorò lievemente confusa la ragazza, incamminandosi verso la sua stanza.
"A dopo, Selene" la chiamata finì li, nessun "Abbracci a distanza!" o "Baci stellari" tipici di Bill, solo un "A dopo", parve tutto alquanto strano a Selene, ma non aveva voglia di indagare, le avrebbe spiegato il moro per strada.
Era passato circa un mese dal primo incontro con i gemelli, e da lì lei e Bill avevano legato molto. Di sicuro il merito andava tutto al moro, che ogni giorno tormentava Selene parlandole di qualsiasi cosa che gli passasse per la testa, una volta era uscito con "Secondo te gli uccelli fanno le scoregge?" , lo avevo detto, il moro diceva tutto quello che gli passava nell'anticamera del cervello, proprio tutto. Ma grazie a quelle frasi così stupide e infantili, ora era diventato il punto fisso della ragazza, il sole durante una tempesta, la dolce brezza durante una giornata calda e afosa. L'unico difetto che poteva vedere in quel ragazzo dark, probabilmente, era la sua parlantina, riusciva a parlare per una giornata intera senza mai prendere fiato o ingoiare della saliva. Molta gente l'avrebbe definita una rottura di scatole, ma Bill la definiva una dote di cui ne andava molto fiero (anche Selene in persona la definiva una rottura di scatole, ma non l'aveva mai confidato al suo amico).
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THOSE EYES //Tom Kaulitz//
RomanceSelene Schwarz è una ragazza di soli 17 anni, che dopo nove anni di sua assenza va a vivere con suo padre, Arthur. Il primo giorno di scuola conoscerà quattro ragazzi, ma solo uno attirerà la sua attenzione e il suo nome è...Tom Kaulitz