We'll be a fine line, we'll be alright

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La pioggia scrosciava impavida, colpendo violentemente il viso candido di Selene, che correva sopportando tutto il dolore fisico, che non era equiparabile al tormento che provava dentro.

Il vento soffiava violento, le faceva volare i capelli per aria, facendole accapponare la pelle scoperta del collo. Ma nemmeno quello le importava, continuava solamente a correre, verso l'unico posto dove avrebbe potuto far cessare i suoi demoni.

Iniziò a salire lungo la stradina sterrata, i rami mossi dal vento le arrivavano sul viso, lasciandole segni violacei. Inciampò su un sasso, cadendo e sbucciandosi i palmi delle mani, che iniziarono a sanguinare, ma nemmeno il bruciore che occupava tutto il suo corpo la fermò.

Arrivò fino in cima, si avvicinò a passi irresoluti fino alla fine del dirupo, scrutando tutte le rocce e la foresta che ricopriva quella discesa.

Se lo era promesso, non avrebbe fatto quello che aveva fatto lui, non avrebbe lasciato vincere i suoi mostri, eppure, quella sera, qualcosa era cambiato, uno strano interruttore era stato premuto, e l'unico pensiero che aveva per la testa era, voglio farla finita una volta per tutte.

Le parole di Tom le rimbombavano nella testa, assilandola, facendola uscire di testa, e lo sguardo sconvolto, deluso del padre era impresso nella sua mente, facendola sentire una brutta persona, facendole chiedere, perché non me ne sono stata zitta?

Si era pentita di tutto, di tutte le cose che gli aveva detto e del modo in cui l'aveva trattato. Arthur non si meritava tutto quel dolore, non era lui il problema, sua madre lo era. Lui l'aveva sempre tratta bene, se ne era andato per non farla soffrire, e ora l'aveva capito, ma era troppo tardi. Era sempre stata sua madre, Cheryl, il problema, era lei a sgridarla ogni volta che le provava a rivolgere la parola mentre parlava al telefono con qualche sua amica, era lei a chiuderla ogni sera nella sua stanza perché doveva divertirsi con degli uomini, era lei a lasciarla sola senza nessun avviso e tornare dopo settimane, senza ricordare nemmeno il suo nome.

Suo padre l'aveva lasciata, e questo era stato l'unica colpa che gli poteva attribuire. E lì realizzò, era diventata proprio come sua madre, non faceva altro se non incolpare gli altri per le sue disgrazie, sfogava la sua rabbia su persone che non avevano fatto nulla di male.

Il piede era in bilico, tra la terra e il vuoto, le lacrime scendevano repentine lungo le sue guance, il vento le pizzicava le gote arrossate e la pioggia le bagnava i vestiti, facendole pesare ogni suo movimento. Era pronta, pronta a finire la sua vita, bastava solo ancora un piccola passo, un salto, e tutto sarebbe finito.

"SELENE NON FARLO!" Una voce da lei conosciuta la costrinse a fermarsi, vedendo una figura che mai si sarebbe aspettata di vedere.

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"Mi scusi, lei chi è?" Domandò incerto Bill, alzandosi in piedi.

"Sono Arthur Schwarz, il padre di Selene. Ha lasciato a casa il telefono perciò ho chiamato il primo numero che aveva in rubrica, tu sei?" Rispose affranto l'uomo.

"Io sono Bill, il migliore amico di Selene. Ma che intende per...scomparsa? Cosa è successo?" Chiese con voce tremolante il moro, sentendo l'ansia salire.

"Ieri abbiamo litigato, questa sera è uscita e non è ancora tornata, l'ho provata a chiamare ma ha lasciato a casa il telefono, non ho idea di dove possa essere, fuori piove, fa freddo" disse con voce spezzata il padre della ragazza, facendo mozzare il respiro a Tom, sconvolto da quelle parole.

"Ok...non si preoccupi la aiuteremo a trovarla, non può essere andata molto lontano" cercò di rassicurarlo Bill, mise giù il telefono e corse a prendere le giacche dei suoi amici, porgendogliele in modo distratto.

THOSE EYES  //Tom Kaulitz//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora