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𝐂𝐇𝐀𝐑𝐋𝐄𝐒

Un respiro di frustrazione abbandonò le mie labbra, quando mi dissero che non avevo conquistato la pole position per la domenica.
Max Verstappen, ancora una volta, aveva fatto il giro più veloce in qualifica, dove io ero sempre eccellente. Aveva vinto la sprint e aveva dominato tutte le sessioni.
Mi piaceva anche quel circuito, e quello era la cosa che più mi faceva incazzare.

<<Le emozioni non devono guidare al posto tuo. Prendi il controllo del kart e concentrati, la mente comanda tutto.>> mi ripeteva sempre mio padre. Le emozioni non dovevano prendere il sopravvento su di me. Non potevo renderlo più fiero quel weekend quando morì, ed io vinsi il mio titolo in Formula 2, con sangue freddo e la mente spenta. Tornai a Monaco, e andai a trovarlo con il trofeo e mille lacrime che scorrevano sulle guance.
Fissai la tomba incredulo di aver perso un'altra persona fondamentale per me, tornai a casa e cercai conforto nelle braccia di mia madre, da sempre il mio posto sicuro.

Uscii dalla macchina, strinsi le mani ai miei meccanici e mi andai a congratulare con Max, il poleman, e poi con Carlos, che aveva posizionato la sua macchina terza, dietro la mia.

Calmavo il respiro mentre guardavo il pilota della redbull firmare il ruotino, feci le interviste e poi mi diressi dentro il box per trovare conforto dall'unica persona che sapeva gestire le mie emozioni meglio di me. Andrea.

<<Va bene. La gara è domani, Charles.>> mi disse il mio allenatore, mentre mangiavo uno snack. Gli lanciai uno sguardo minaccioso alla sua frase fatta. <<Okay. Scusa.>> l'italiano alzò le mani, in segno di resa.
<<Però è la verità. Lascia stare tutti i pensieri, sei forte, il circuito è veloce e non parti ultimo, ma secondo. Se la macchina ti permette di vincere sono sicuro che riuscirai a superare l'unica macchina che ti è davanti. Sennò la porterai a podio, e sono comunque grandi punti per il campionato, che ti piaccia o no.>>
nel mentre che parlava gesticolava come faceva anche la mia Amelie.
Non ascoltai una minima parola, però apprezzai il suo intento nel risollevarmi il morale, e ci riusciva sempre con il suo accento marcato e le sue mani che si agitavano in aria.

<<Grazie, Andrea, per non avermi abbandonato in questi anni.>> lui mi sorrise e ci abbracciammo per qualche secondo.

<<È il mio lavoro, disgraziato.>> risi, finalmente, rendendolo estremamente fiero.

Mica era merito suo, alcune parole italiane mi facevano troppo ridere e non riuscivo a trattenermi.

<<Amelie ti aspetta nel motorhome, vai.>> annuii sicuro, scappando dalla mia amata.

Le sarei rimasto affianco durante i momenti più belli e anche durante i più brutti, come lei stava facendo durante quest'anno.
Volevo presentarla a Seb, e lo avrei fatto prima o poi, dopo la gara o forse prima.

<<Amore.>> si avvicinò a me, abbracciandomi.
<<Va tutto bene.>> dissi io. <<Merito di Andrea?>> chiese ed io sorrisi, contagiando anche lei.

***

Il momento della griglia di partenza era quello che più mi metteva ansia. Tutta quella gente sulla pista, i meccanici attorno la mia auto e i fotografi irritanti che però svolgevano soltanto il loro lavoro, come d'altronde facevo anche io.

Preferivo di gran lunga sedermi sull'erba e tirare le ginocchia al petto, coprendomi con un asciugamano bianca per allontanare il sole.
A volte accanto a me si sedeva Andrea, una volta anche Amelie, ma entrambi erano durati poco. Sapevano che quello era il mio momento di calma, dove io avevo bisogno di stare da solo e concentrarmi per la gara.

Eyes never lie [Charles Leclerc]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora