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𝐀𝐌𝐄𝐋𝐈𝐄

In Francia non ci ero mai stata, quindi decisi di passare il lunedì della settimana ad esplorare Le Castellet , il comune Francese dove avremmo gareggiato quel weekend.

Avevo trascorso del tempo con Isa e Marta, non vedendole da parecchio tempo.
Si erano conosciute quel giorno e si erano piaciute fin da subito, quindi avevamo deciso di andare a fare cose da ragazze, e lasciare i nostri tre piloti in Hotel.

Avevamo fatto dello shopping per aprire la settimana al meglio, e avevamo mangiato il Pain au chocolat, come delle vere francesine.

Poi c'è stato il momento di tornare alla normalità, con i brutti pensieri, idee sul futuro e Max Verstappen con la sua imbattibile RedBull.
Il momento dopo il podio Austriaco è stato terrificante. Charles era andato da Lewis, che si era congratulato per la gara eccellente, mentre Max mi si era avvicinato, e aveva soltanto messo il dito nella piaga.

<<È andata bene la gara.>> mi disse. <<Benissimo, abbiamo vinto.>> dissi soddisfatta, specificando la prima parola. <<Sicuramente. Vincere è l'unica cosa che conta.>> lo guardai e aggrottai le sopracciglia. Cosa voleva dirmi? <<Sei ancora stressata?>> domandò, riferendosi alla mattina precedente. <<No. Il podio è stato bello, come il vostro duello in gara.>> lo guardai dal basso. <<È la calma prima della tempesta.>> sorrisi divertita. <<Ma quale tempesta?>> ma appena lo domandai lui fece qualche passo indietro e andò via sotto il mio sguardo. Guardai le sue spalle possenti e la scritta RedBull sulla schiena, la tuta blu scuro e il cappellino apparentemente numero due, ma che apparteneva al numero uno. Avrei mai accettato un posto in RedBull?

Poi però era tornato Charles e tutte le paure erano andate in fumo, mi ricordai l'emozione di salire sul podio, tenere tra le mani il premio e indossare la medaglia, spruzzare lo champagne e scendere dal podio odorando di alcolico.
Quella si che era felicità pura.

<<A che pensi?>> mi chiese Armando. Sorrisi. <<Niente.>> mi diede un pizzicotto sul braccio scoperto, guardandomi male. <<Aia!>> esclamai. Arricciai il naso. <<Stavo pensando all'incontro con Max.>> sbuffai. <<Ancora pensi alla caffetteria?>> scossi la testa. <<Al secondo incontro.>> lo vidi spalancare gli occhi. <<Secondo?>> annuii, facendogli segno di rimanere in silenzio.
<<Dietro il podio, è stato più strano del primo.>> lui scosse la testa. <<Quando hai intenzione di dirlo a Charles?>> alzai le spalle. <<Non lo so. Secondo te?>> lui alzò gli occhi al cielo. <<Appena possibile.>> annuii. <<Okay, appena abbiamo un momento da soli.>> lui alzò un sopracciglio. <<Promettilo.>> alzai gli occhi al cielo. <<Non sono mica una bambina.>> ma il suo sguardo insisteva sulla mia figura. <<Prometto, parola di scout.>> misi la mano sul cuore con fare teatrale, facendolo sorridere soddisfatto.

<<Amore>> mi girai, sentendo una voce inconfondibile chiamarmi. <<Si?>> incrociai due occhi verdi e sorrisi istintivamente. <<Vieni un secondo.>> annuii velocemente, prima di alzarmi. Armando mi bloccò per il braccio e mi guardò in silenzio. Lo rassicurai con lo sguardo e dissi. <<Si.>> lui sorrise e mi lasciò andare.

Seguii il pilota della Ferrari fino al suo motorhome, dove ci sedemmo vicini sul lettino ancora una volta dopo una gara. La stagione di Charles stava andando bene, stava recuperando su Max, e aveva perfino fatto la pole per la domenica, mancava soltanto la gara.

Allo stesso tempo però, Max si allontanava, scappava a trecento kilometri orari, e Charles poteva solo inseguirlo aspettando che facesse un passo falso, ma quello non arrivava mai, quindi doveva cercare il limite e portare avanti la scuderia e il suo sogno: essere incoronato campione del mondo.

<<Sono un po' agitato.>> Mancava poco alla gara, era il momento di entrare in macchina, fare le prove di partenza e preparasi sulla griglia. <<Ci sono.>> dissi, guardando le sfere verdi che aveva al posto degli occhi. <<Lo so. Ma, io ci sono? Sono pronto?>> aggrottai alle sopracciglia. <<Sei nato per questo, hai imparato a guidare prima di camminare, fai questo per passione, non per lavoro, ed io credo che non ci sia cosa più bella.>> provai a convincerlo, ma era da qualche gara che dubitava di se stesso, che non riusciva ad essere 100% sicuro di portare la macchina alla fine della gara. <<Non devi avere ansia. Quella ti rovina soltanto. >> mi alzai in piedi, infilandomi tra le sue gambe per avvolgerlo in un abbraccio. <<Ci sono tanti pensieri che ti stanno coinvolgendo adesso, pensi di non potercela fare. Ma parti in pole, con diciannove macchine dietro, hai aria pulita e la stoffa di un campione, puoi fare tutto e devi ricordartelo sempre.>>

Charles era puro, aveva animo gentile ed era una persona estremamente paziente, che amava aiutare tutti e rispettava i tempi di tutti, proprio come aveva fatto con me.

<<Grazie>> sussurrò, ed io lo strinsi ancora di più quando sentii la sua voce tremare.

<<E adesso, vai e vinci. Ti aspetterò sempre dopo ogni gara, ma questo lo sai già.>> si staccò per farmi vedere il suo sorriso e gli occhi leggermente lucidi.

Mi sentii fortunata ad averlo al mio fianco. Lo lasciai uscire per primo ed io subito dopo di lui. si alzò la tuta e indossò il casco. Lo guardai entrare in macchina e prima di uscire dal box mi rivolse un ultimo sguardo.

Non gli avevo parlato di Max, ancora una volta. Ma sembrava triste, non volevo aumentare i suoi pensieri, facendolo impazzire, avevo deciso di aspettare, di mettere lui al primo posto.

<<Non dirmi niente. Era parecchio giu'.>> guardai Armando e lui alzò un sopracciglio,
inizialmente non credendomi, ma poi annuì e guardò il monitor.

Quella volta non mancai sulla griglia di partenza, mi sentii libera nel vedere le macchine sfrecciare. Poi tornammo ai box e l'incubo sembrò farsi peggiore.
Una fitta allo stomaco voleva dirmi che qualcosa di brutto stava per accadere.
Di solito volevo avere sempre ragione, ma quella volta non desideravo altro che avere torto.

Charles uscì di pista. Fece un errore da rookie. La sua macchina sfrecciò immediatamente sulle barriere ed il mio cuore fece crack.
Max verstappen divenne leader del gran premio, mentre Charles non aveva ottenuto nemmeno un punto.

L'immagine che si fece spazio sullo schermo mi fece venire i brividi.

Stava piangendo, in diretta mondiale.

Con le mani si copriva il viso, disperato. I capelli erano scompigliati dal casco, le unghie erano mangiate a causa dell'agitazione.
Aprì le mani, mostrando il suo volto completamente sconnesso dal mondo.

L'unica cosa che mi frullava in mente era:

"Aveva appena mollato, o sbaglio?".

Tutto era crollato in un solo attimo, l'immagine di quel premio si era sgretolata davanti i suoi occhi, la felicità assoluta era svanita.
Il diventare campione del mondo era un sogno ormai lontano, una nuvola di passaggio.

La speranza era finita, Charles era finito.

La speranza era finita, Charles era finito

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Eyes never lie [Charles Leclerc]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora