Castello di Polvere

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||FELIX POV ||

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||FELIX POV ||

"il volo A365 per Seoul è pregato di recarsi presso il terminal A12"

                               18H DOPO

Seoul, quella che da troppo era diventata la mia nuova città dove avevo cercato di costruirmi una nuova vita partendo da zero, lasciando in Australia tutto ciò che prima ero ma che adesso torno di nuovo ad essere per l'ennesima volta.

Il nulla.

Non so con quali forze riuscii a strisciare fino a raggiungere il primo taxi per tornare a casa...
Non volevo tornare...

"Hey ragazzi fin- LIX, LIX CHE SUCCEDE DOV'È HYUNJIN??!!!!" Chiese Jisung gettandosi addosso quando mi vide appena varcai la soglia dell'appartamento.
Il dolore era così tanto visibile? Ma che importa...
Sentendo urlare, anche Seungmin e Chan si affacciarono nel salone dalla cucina, ma solo Seung si avvicinò preoccupato, accarezzando delicatamente la mia spalla senza chiedere nulla.
"Lix...CAZZO RISPONDIMI, CHE STA SUCCEDENDO!!?? COSA TI HA FATTO COSA CAZZO È SUCCESSO?!" Gridò ancora più forte Han passando le mani sul mio viso per controllare che non fossi ferito.

No...non ero ferito esteriormente...sanguinavo solo dentro.

Cosa potevo mai dirgli ? Cosa avrei potuto dire? 
Niente, assolutamente niente perché per le precedenti 20h, non riuscii ad emettere nessun suono se non quello dei singhiozzi che mi accompagnarono durante le strade di Parigi fino all'aeroporto.
Spostai la mano di Seung e sorpassai Han entrando poi in camera.
Prima di chiudere la porta alle mie spalle però, guardai per la prima volta da quando entrai in casa, Chan, l'unico a sapere il vero motivo del mio viaggio a Parigi. 
I suoi occhi erano fissi al pavimento, ma riuscii comunque a scorgere qualche lacrima scendere lungo il viso.

Chiusi la porta.

Tutto ciò che non ero ancora riuscito a tirare fuori si fece largo risalendo e travolgendomi come il più potente e distruttivo degli tsunami, devastando e spazzando via ciò che di più bello ero riuscito a costruire, a trovare in quella mia triste e inutile esistenza.

Le sue urla iniziarono a impossessarsi della mia mente, sempre più forti, sempre più forti, fino a farmi urlare e gemere dal dolore e dalla paura anche me.
Caddi a terra rannicchiandomi con la testa tra le man.
Piansi, cosciente che avevo perso per colpa del mio egoismo l'unica persona che fino a quel momento mi aveva tenuto in vita in questo mondo colmo di dolore e rimpianti.
Quelle grida mi avrebbero perseguitato a vita e io non avrei avuto il potere di fermarle.

"TI ODIO! ESCI DA QUI', NON TI VOGLIO MAI PIU' VEDERE, NON VOGLIO AVERE NIENTE A CHE FARE CON UNA PERSONA COME TE CHE PENSA SOLO A SE' STESSO E A NESSUN ALTRO! MI ODIO COSI' TANTO PER AVERTI SOLO AMATO CAZZO! ESCI DA QUESTA CAZZO DI STANZA!" 

E ancora: "NO; NON L'HAI MAI FATTO! ERO UN CAZZO DI GIOCATTOLO CON IL QUALE TI SEI DIVERTITO E USATO FIN QUANDO TI FACEVA COMODO! ESCI DA QUELLA CAZZO DI PORTA MA SOPRATTUTTO ESCI DALLA MIA VITA!" gridò abbassandosi leggermente verso di me.

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