Due

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|| CHAN POV ||

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|| CHAN POV ||

Prosciugato. 
Questa era l'unica parola in grado di definire il mio io.
Privato. Mi avevano strappato via tutto ciò che riempiva, colmava il mio vivere: l'anima, i miei valori, i ricordi e la capacità di provare emozioni felici.
Tutto mi venne tolto nel momento in cui feci i conti con ciò che solo nel profondo delle viscere, nel mio inconscio, esisteva.

Da quel giorno di ormai anni immemori, vivevo giocando a nascondino, a rincorrersi, scappando dalla sola possibilità che quel giorno sarebbe prima o poi arrivato. 

Passavo le ore a guardare Felix contorcersi nel letto, lo sentivo soffrire al di là di quella diavolo di porta che ci separava...una sola e sottilissima porta che stroncò l'unica via che avevo per cercare di fare qualcosa.
Non vivevo più per gli altri membri, non riuscivo nemmeno a vivere più per me stesso. 
Non riuscivo a darmi agli altri se non avevo nulla dentro di me.
Ciò che di così prezioso avevo curato, protetto e stretto al petto per anni quando le cose diventavano difficili, quella che era la mia famiglia, si stava lasciando andare...e io non potevo più fare nulla per impedirlo se non solo esserci fino alla fine quando la luce si spegnerà.

I ragazzi e io facevamo turni per monitorare la situazione e stare vicino al nostro amico, anche solo facendogli sentire che noi eravamo lì per lui e che mai lo avremmo abbandonato, specialmente in quel momento.
Avevo lasciato le redini del gruppo a Changbin e Minho, sapendo che sarebbero stati perfettamente in grado di portare avanti quel progetto di cui io, senza Lix, non volevo farne parte. 
Seungmin era quello che più spesso, insieme ad Han, veniva qui in ospedale a darmi il cambio nelle ore di luce. 
Ognuno faceva la sua parte per non far mancare niente alloro amico.

Il periodo più difficile, era la notte. 
Sapevo che Lix soffrisse di allucinazioni a causa della sua malattia e che queste, puntualmente, peggiorano con lo scendere dell'oscurità difatti,
ogni giorno alle 19.00 in punto, andavo in ospedale per passare lì la notte, su quelle sedie in corridoio, con l'unica speranza che mi facesse entrare… ma ciò divenne sempre più raro.
Quelle ore erano tanto strazianti per lui quanto per me: battevo forte i pugni sulla porta quando lo sentivo piangere e urlare a squarciagola per il dolore. 
Avevo paura si sarebbe fatto del male, avevo paura che pensasse che l'avessimo abbandonato...avevo paura...e non potevo fare nulla

Anche quella sera accadde...

Erano circa le dieci e trentotto quando dalla sua camera si sentì un grido. "FA MALEEE!!!! PERCHE' DEVE FARE COSI' DANNATAMENTE MALE!!! UCCIDETEMI ADESSO!! NON NE POSSO PIU'!!!" 
I singhiozzi talmente forti e le sue grida potenti e disperate, si propagavano nel corridoio ogni giorno.
Non provavo nemmeno più a trattenere le lacrime.
"P-per-Perchè a me..." singhiozzò.
Mi alzai di scatto, ormai stanco di non poter fare nulla e mi avvicinai alla porta facendo per aprirla, ma come sempre, chiusa. 
Battei più volte i pugni contro questa, con una forza tale da non capire come non riuscissi ad abbatterla.
"Lix, piccolo ascolta, sono Io, sono Chan aprimi ti prego! LIX!!!" gridai più forte per sovrastare le sue urla disperate affinchè potessi raggiungerlo in qualche modo.
Se un suo urlo fosse stato come una pugnalata, a questo punto il mio corpo sarebbe stato completamente macellato in una massa informe senza più una sola parte solida in cui affondare la lama.

Alcuna volta però la mia disperazione veniva accolta dal ragazzo, chiuso nella stanza come in sé stesso.

"Lix..." feci per dire quando dopo quasi per magia, mi aprì.
Avanti a me, lentamente, vidi comparire la figura di qualcuno che nemmeno sembrava essere la persona che conoscevo.
Mi osservò confuso, con sguardo impietrito, incastrando i suoi occhi nei miei.
Mi guardò con occhi che prima non avevo mai visto...non riuscivo a decifrare ciò che stava passando nella sua mente, non riuscii a decifrare una sua parte di quel dolore.

" S-sei tornato da me..." disse in un sospiro, incredulo.
Fù allora che capii: ero l'illusione di Hyunjin, credeva fossi lui.
Ma io non ero lui.
Lui non era quì.

"Lix, posso entrare ?..." chiesi con voce tremante, con il terrore che quella porta si potesse chiudere quando avrebbe riconosciuto la mia voce.
"Hyun.." . "No" dissi serrando i pugni e chinando il capo. "Non sono lui..." specificati con un filo di voce.
Cambiò espressione, spegnendo lentamente quella scintilla accesa debolmente che aveva negli occhi.
"Oh" riuscì solo a dire prima di girarsi e lentamente strisciare dentro il letto sfatto.

Non si curò di chiudere la porta questa volta, così colsi quell'opportunità per intrufolarmi. 
Ero ormai abituato a quel posto, a queste piccole stanze bianche e celesti con l’ incessante rumore stridulo dei macchinari, tanto fastidioso quanto rassicurante.
Era tutto perfettamente in ordine...comprese le vaschette con il cibo, ancora chiuse sul comodino di fianco al letto, solo l'acqua era stata aperta, con metà del suo contenuto.

Non era una notizia nuova che Felix non stesse mangiando. 
Quando quelle poche volte lasciava la finestra della porta della sua stanza, con la tendina alzata, chiedevo a chi di turno di controllare sempre se mangiasse e puntualmente, l'esito alla domanda, era negativo. 
Dopo quattro giorni dal suo ricovero, io e il dottor Hong decidemmo di alimentarlo attraverso le flebo, in quanto il minore si stava lasciando andare troppo velocemente...proprio come voleva. 
Mi avvicinai al letto sedendomi appena sul bordo, facendo attenzione a non causare alcun fastidio all'altro che nel mentre, si perse a guardare fuori la finestra.

Improvvisamente si voltò, perdendosi completamente quando i nostri occhi si incontrarono stavolta, consapevoli che non fossi Hyunjin.
Quel silenzio, quei suoi occhi vuoti, potevo vedere che nel loro abisso si trovava egli stesso, intrappolato, urlando a gran voce.
Quella, fu la richiesta di aiuto più spaventosa e disperata che nella vita un uomo potesse mai ascoltare. 
Gli si riempirono d'un tratto di lacrime, ma di queste sue preghiere, non ne cadde nemmeno una, non permise a nessuna di quelle di chiedere aiuto.
Stremato dal vederlo così, vittima e boia di quello strazio, mi lasciai andare completamente.
Gettai il capo sul suo ventre stringendo forte quelle lenzuola nelle mani, liberando, finalmente, ciò che dentro avevo costretto a stare per tutti quei giorni.

Per tutti quegli anni...

Ma come se non bastasse, per l'ultima volta, circondò il mio corpo tra le sue piccole e ormai fragile braccia, catturando ciò che di brutto stavo rilasciando, rassicurandomi che era ancora lì, come sempre.
Felix restò semplicemente in silenzio, consapevole del fatto che tutto questo era un dolore troppo grande da riuscire a tenerlo represso per ancora qualche minuto. 
Mi sentii disgustoso nel piangere lì con lui, lì con lui che invece si era limitato a tenermi in quel contatto per accogliere il mio dolore e lasciarlo fuoriuscire.

Questo era Felix. 
Non importa quanto dolore provasse, non importava quanto stesse male in quel momento, se qualcuno avesse avuto anche il minimo segno di dolore nei propri occhi, lui lo avrebbe accolto e diviso il peso. 

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