Quello che basta sapere

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|| FELIX POV||

Dopo aver formato le stanze, ognuno andò nella propria per disfare i bagagli e sistemare le proprie cose negli armadi. 

La stanza che mi toccò era arredata in maniera molto semplice ma comunque abbastanza grande da ospitare quattro persone: le pareti rigorosamente bianche con un unico quadretto fisso al muro, una finestra posta sopra l’ampia scrivania in legno con un paio di sedie dello stesso materiale.
Alla parete a fianco invece, si trovavano due armadi di medie dimensioni, né troppo piccoli né troppo grandi, normali (anche se non avrebbe mai potuto contenere tutto ciò che sia io che Jeongin avevano portato). I letti ovviamente a castello, erano invece posizionati sulla parete destra rispetto alla scrivania.

"WOW, ti sei proprio portato la casa dietro vedo!" mi prese in giro Han osservando le due valigie e borsoni che stavo ancora disfando.
"Ti va se ti dò una mano? Io ho già finito con le mie cose" chiese aprendo un cassetto dell'armadio iniziando a sistemare le felpe al suo interno. "Grazie mille Ji" gli sorrisi grato. 

Solitamente quando mi trovavo in presenza di altre persone, mi sentivo sempre un po' a disagio essendo una persona abbastanza timida anche se, non ero per nulla introverso.
Da quando misi piede in questa casa però, non ebbi nessuna sensazione di disagio anzi, mi sentii subito a mio agio insieme a tutti i ragazzi che in quelle poche ore, si erano rivelati tutto molto disponibili ed estremamente simpatici.

"Ragazzi io vado a provare la nuova palestra, non vedo l'ora! Qualcuno vuole venire con me?" chiese  Changbin entrando in camera e osservando il caos che ancora persisteva a causa delle troppe cose che avevo portato. 
"Non sei stanco Binnie? Abbiamo una settimana prima di iniziare, perchè non approfitti per riposarti?" rispose Minho anch'egli intendo a sistemare le ultime cose.
"Ma dai!!, Secondo te questo fisico si mantiene da solo?" gonfiò il petto  mostrando quei grossi bicipiti che si ritrovava.

Risi insieme ad Han vedendo l'espressione soddisfatta e sfacciata del ragazzo alla porta mentre Minho alzò gli occhi al cielo tornando a sistemare le sue cose.
"Tu e Chan quindi siete nati e cresciuti in Australia?" chiese quest’ultimo. "Oh, no, Chan è nato qui in Corea ma ha sempre vissuto in Australia e inoltre i nostri genitori sono Coreani per questo parliamo abbastanza bene la lingua" risposi. "Ci conosciamo ormai da anni, ed è come se lui fosse a tutti gli effetti mio fratello maggiore".
"Come siete finiti a partecipare alle selezioni per la JYP? O meglio, essendo australiani, come vi siete interfacciati al K-POP?" domandò curioso.

Pensai un momento a come rispondere a quella domanda, perchè effettivamente nemmeno io mi ero mai chiesto come fosse nata questa passione.
"Beh, diciamo che Chan a Sydney lavorava già a dei suoi pezzi, gli piaceva produrre musica e talvolta lo chiamavano a qualche festa per fare da DJ...io forse un po' seguendo la sua passione, iniziai ad interessarmi di più alla musica, scoprendo che non ero proprio malaccio nel cantare e nel ballare e così quando si presentò l'opportunità non ci pensai due volte nel buttarmi a capofitto con lui in questa follia e beh, eccomi quà". 
"Voi invece per-"

"RAGAZZI VENITE A CENARE!!" urlò Chan dalla cucina per farsi sentire da tutti.

Lasciai la gruccia che avevo appena preso dall'armadio e la poggiai sul letto andando in sala da pranzo, trovando già il tavolo apparecchiato. Minho prese posto dopo Han, mettendosi proprio al suo fianco mentre io occupai l’altro.

Seungmin ed I.N uscirono dalla cucina con due grosse teglie piene di pollo fritto, posizionandole da un lato e dall'altro del tavolo così che tutti potessero arrivarci facilmente senza doversi spostare.
"AAAAA!!! io adoro il pollooo!!" affermò entusiasta il ragazzo al mio fianco "Jisung, tu ami il cibo e basta" ridacchiò Minho facendo arrossire l'amico, costringendolo così ad abbassare lo sguardo.
La mia attenzione venne attirata da Hyunjin che uscì dalla cucina con un enorme pentola strabordante di zuppa e ramen talmente pesante, che egli stesso stava faticando a portarle.
Istintivamente mi alzai e presi lo strofinaccio sulla tavola, aprendolo tra le mani per afferrare la pentola bollente e aiutarlo a sorreggerla.
"Oh mammamia grazie, stavo per lasciare la presa" sospirò sollevato sorridendomi. 
Mi si mozzò il fiato quando vidi quel sorriso spuntare quelle sue labbra. deglutendo istintivamente togliendo lo sguardo dal suo viso senza dire nulla.

Ironia della sorte, l'universo volle proprio quel ragazzo prendesse il posto  di fronte al mio, ma che coincidenza eh? Pensai un po' spazientito dopo che stavo facendo di tutto per cercare di non fissarlo.
"Tutti a tavolaaaaa!!!!" Urlò per l'ennesima volta Chan riferendosi a chi era ancora nella propria stanza.
Quando tutti presero i propri posti, ringraziammo per il cibo e ci tuffammo nella nostra prima cena insieme.
"Allora, nostri cari Australiani, come vi sembra la Corea?" Chiese Seungmin cercando di fare conversazione.
"Oh beh, per me non è la prima volta qui" specificò Chan portandosi alla bocca le bacchette. "Sono già venuto un paio di volte a trovare i miei nonni. Mentre Yoo-...Felix è la prima volta" si corresse in calcio d'angolo.

Non mi piaceva il mio nome coreano, era strano ed imbarazzante. Quando i miei nonni seppero della gravidanza di mia madre, mio nonno volle a tutti i costi darmi un nome coreano (oltre quello Australiano) che no, non poteva essere normale, ma doveva richiamare grandezza e potenza, così decise Yongbook, profumo di drago...imbarazzante? Assolutamente si.

"Lix? Hey Lix ci sei?" Mi richiamò il maggiore. 
"Oh ehm, sisi, ci sono" scossi la testa e passai un paio di volte la mano fra i capelli.

La serata passò abbastanza velocemente e i ragazzi si mostrarono tutti molto più simpatici di quello che mi sarei mai aspettato, insomma, tutto stava andando, per una volta, nel verso giusto.
In diverse occasioni io e Hyunjin ci becchiamo a guardare l'altro di nascosto, talvolta ci fissavamo intensamente nelle iridi distogliendo qualche secondo dopo lo sguardo a causa dell'imbarazzo.
"Hey Fel, ora tocca a te" mi richiamò Changbin facendo voltare tutti, TUTTI, nella mia direzione.

E mo? Che gli dico? Cosa potevo realmente dire sulla mia vita? Che faceva schifo? Che mi facevo pena? 
Cazzo che situazione.
Iniziai ad agitarmi e cercai tra tutti gli sguardi quello di Chan, che mi incoraggiò per l'ennesima volta a dire qualcosa su di me.
"Mh...non c'è m-molto da sapere in realtà, come tutti voi sono appassionato di musica e amo alla follia ballare, mi libera dalle vesti che coprono la mia vita" 
Fui interrotto da I.N che posò una mano sul ragazzo che mi stava di fronte.
"Oh Hyun, mi sa che qui c'è qualcuno con cui andrai proprio d'accordo!" Sorrise felice.

Okay? 

"Mi piace la fotografia, ma non essere fotografato, mi piace la moda, scrivere, l'arte..." 
Man mano che elencavo tutti i miei hobby e le mie passioni, notai che occhi di Hyunjin illuminarsi di pura luce e stupore, rivolgendomi tutta la sua più viva attenzione, facendomi sentire...speciale?  
Semplicemente mi faceva strano vedere un ragazzo così perfetto, incantato e veramente interessato da ciò che io, Lee Felix, l'essere più inutile della terra, dicevo.
Dopo aver aiutato i ragazzi a lavare le stoviglie e spazzare la cucina, mi diressi verso il bagno per una veloce doccia pre-nanna.

L'acqua che scorreva sul mio corpo riusciva a portarsi con sé ogni pensiero pesante della giornata, lasciando che andassi a dormire in un certo senso più leggero, ma per la prima volta in venti anni, ciò non avvenne.
Continuavo a pesante a quel ragazzo che ero rimasto incastrato nella mia mente non volendo liberarla...e non ne capivo il perché...o meglio, non volevo.
Sapevo che non avevo via di scampo, perché lo avrei visto tutti i giorni per tutto il giorno, e questo quasi mi faceva paura...

Decisi così di tenere una certa distanza da lui, non per qualcosa che aveva detto o che aveva fatto, perché mi era sembrato un ragazzo introverso ma estremamente simpatico e gentile, ma non potevo permettere che l'attrazione che provavo verso di lui si trasformasse in altro, non potevo, ma soprattutto non volevo.

Io sono la mia malattia e in quanto mia, era mio il compito di preservare le persone e allontanarle per non fargli del male.



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