Supernova

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|| Dott

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|| Dott. HONG POV ||

Conoscevo quel ragazzo da tutta la vita.

Capii fin dalla prima volta che lo vidi che non sarebbe stata una persona qualunque, i suoi occhi erano diversi da tutti in questo mondo.
Ero sempre stato il medico curante di tutta la famiglia Lee, mi ero occupato di loro come medico sin dal loro arrivo in Australia, instaurando un rapporto sia professionale che di amicizia.
Ero così legato alla famiglia Lee, che quando fu il momento di dare alla luce il primo figlio io ero lì, affiancando l'ostetrica.
Vidi dare alla luce prima Rachel, poi Felix Yongbok e infine Olivia.
Quando venni a sapere dell' incidente che aveva visto coinvolti i miei migliori amici, ero di turno in ospedale quella notte.
Li vidi arrivare in condizioni più che critiche, evidentemente irrecuperabili, coperti di sangue in ogni dove, quasi irriconoscibili.
Il mio pensiero si soffermò immediatamente ai piccoli.
Quella stessa sera, promisi ai quei corpi ormai privi di battito, che mi sarei preso quei bambini sotto la mia cura, non li avrei mai abbandonati a loro stessi, sia per il legame che ci univa sia per paura del futuro che avrebbe potuto aspettargli. 
Così per circa un anno accolsi in casa mia tutti e tre, insieme a mia moglie Amalia e il cane Choly.
Ho visto Felix crescere ogni giorno, ogni dí tornava a casa dopo scuola e aiutava a prendersi cura della casa e successivamente affiancava la minore per aiutarla con i compiti scolastici. Anche se più e più volte Amalia gli aveva ripetuto che quello non era compito suo, Felix ripeteva sempre che quella era la sua famiglia e come tale, avrebbe dovuto occuparsi di loro senza mai far mancare niente alle due sorelle.

"I miei genitori avrebbero voluto fosse così" diceva, "prendersi cura della casa e aiutarsi, come una famiglia, o quel che ne rimane".

Quando vi erano poi gli incontri tra la scuola e la famiglia, non mi era permesso andare in qualità di tutore, nemmeno a mia moglie poteva, Felix ci diceva che se ne sarebbe occupato lui stesso, facendosi carico di rivestire quel ruolo di capofamiglia, forte e determinato.
Divenne in pochissimo tempo un adulto, troppo poco tempo, maturò da bambino ad uomo da un giorno all'altro nonostante la sua più che giovane età. 
Durante quell'anno però, ci furono dei comportamenti strani da parte del ragazzo, spesso cambiava umore repentinamente; bastava niente per farlo scattare. 

Il primo campanello di allarme che notai, fu una mattina proprio prima di andare a scuola: come sempre, dopo aver fatto colazione, i ragazzi andavano al piano di sopra a prepararsi e a prendere i loro zaini.
Quella mattina però, quando Felix si alzò dal tavolo, lo vidi fissare immobile la ciotola che aveva davanti, pietrificato con le mani sul tavolo, come se non vedesse più nulla o come se  avesse avuto un forte giramento di testa.
Toccai la sua spalla chiedendogli se andasse tutto bene, ma non ebbe alcuna reazione, non percependo minimamente il mio tocco. 
Gli passai una mano davanti al viso per cercare di sbloccare quello stato di trance, e solo allora volse lo sguardo nella mia direzione, ma era confuso, come se non avesse idea di chi fossi.
Quando li chiamai per uscire, Rachel e Olivia scesero di corsa le scale, esortando il fratello a sbrigarsi, in quanto era ormai quasi l'ora della prima campanella.
Fece per scendere le scale ma mancò il primo scalino, posando il piede a vuoto e cadendo per tutto il resto delle scale.
Cercò il corrimano per aiutarsi a rimettersi in piedi, ma invece di allungarla verso la posizione effettiva del corrimano, la tese verso il lato opposto, tentando più e più volte di trovare l'oggetto che però non vi era.
Questi strani atteggiamenti non scomparvero nel tempo, bensì si accentuarono.
Ciò mi spinse a effettuare delle ricerche basandomi su quei pochi e strani sintomi che avevo annotato nel tempo.
Più questi si palesavano, più la mia paura che fosse una malattia cerebrale cresceva poiché comprendevo, quel che in tal caso il ragazzo avrebbe dovuto affrontare.
Quando decisero poi di trasferirsi da Bang Chan l'anno dopo, le cose si complicarono.
Non potevo più osservare il suo comportamento e non potevo più prendermi cura di loro.
Decisi così di parlare al maggiore dei sospetti che avevo, del timore che cresceva dentro di me, così da farmi riferire tutto ciò che di strano notava dell'amico.

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