26. Cosa mi manchi a fare

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E non mi importa se non mi ami più
E non mi importa se non mi vuoi bene
Dovrò soltanto reimparare a camminare
Dovrò soltanto reimparare a camminare
Se non ci sei tu, uh

Calcutta, Cosa mi manchi a fare

Il giorno seguente, come da programma, torno a Roma, nel mio pied à terre trasteverino che mi accoglie dopo mesi di assenza.

Ho appena finito di pulire e far arieggiare tutta la casa quando ricevo una chiamata da parte della mia migliore amica.

‹‹Ehi Gigì, visto che siamo entrambe in città ti va una tazza da tè da Babingtons?›› propone con voce squillante.

‹‹Solo se ci aggiungi una fetta della torta più calorica tra tutte quelle del menù›› rilancio, sorridendo.

‹‹Andata›› accetta lei e, in capo a mezz'ora, ci ritroviamo sulla soglia della nostra sala da tè preferita.

Marina è raggiante, di quella felicità che si indovina da lontano e proviene, nella maggior parte dei casi, dal provare un sentimento corrisposto.

‹‹Ciao, straniera›› la apostrofo.

‹‹Un saluto del genere sarebbe più appropriato da parte mia›› mi fa notare ‹‹Considerando che, dall'ultima volta che ci siamo viste proprio qui, sei stata tu a girare mezzo mondo››.

‹‹Già, ma è il tuo viaggio ad aver prodotto risvolti lieti›› ribatto ‹‹Posso già cominciare ad appellarti signora Brancia Testasecca?››

Mar alza gli occhi al cielo, avendo però il buon gusto di arrossire:

‹‹Se avessi lasciato fare ad Alberto, probabilmente sì›› ironizza ‹‹Le nozze della sua ex con Ferri gli hanno messo addosso un assurdo spirito di competizione››.

‹‹O forse vuole solo assicurarsi che tu non fugga via un'altra volta›› replico tra il serio e il faceto ‹‹Dati i precedenti››.

‹‹Mettermi un anello al dito non è una garanzia in tal senso›› dichiara Mar, risoluta ‹‹Chiarire le nostre priorità e perseguirle sì e, per fortuna, Alberto sembra essersene reso conto››.

‹‹E quali sarebbero queste priorità?›› mi informo

‹‹Che si trasferisca ad Aix almeno per la durata del mio incarico accademico lì, decidendo magari di delegare alcune competenze attualmente spettanti al socio dirigente dello studio legale ad associati di fiducia come Alvaro Malaguti, per esempio›› spiega, sorseggiando la sua tazza di tè verde. ‹‹So benissimo che ci vorrà del tempo per organizzare tutto›› afferma ‹‹Ma proprio perché è indispensabile raggiungere una nuova stabilità, matrimonio ed un eventuale allargamento della famiglia sono da rimandare a data da destinarsi››.

L'accenno ad eventuali figli, data la situazione dei nostri rispettivi fratelli, incrina qualcosa dentro di me e, probabilmente, nella mia espressione perché Marina chiede, sollecita: ‹‹Stai bene, Georgiana?››

Scuoto la testa e, incapace di tenermi ancora tutto dentro, le racconto ogni cosa accaduta dal mio arrivo ad Antigua in poi.

‹‹Caspita, sono stata davvero una pessima amica per te negli ultimi tempi›› esclama. ‹‹Puoi perdonarmi?››

‹‹Non hai nulla da farti perdonare, Mar›› replico ‹‹Hai avuto la tua dose di tribolazioni››.

‹‹Cosa pensi di fare adesso?›› domanda la mia migliore amica, con un tono e un'espressione tanto somiglianti a quelli della sorella maggiore da strapparmi un sorriso mio malgrado.

‹‹Ho una partitura da finire di scrivere e tantissimi altri progetti a cui partecipare›› le faccio presente con leggerezza, nascondendo però non troppo bene il mio vero stato d'animo. ‹‹Scusami, devo essere pazza›› esclamo ‹‹Una donna sana di mente farebbe i salti di gioia nella mia stessa situazione››.

‹‹Non sei folle, solo un'innamorata infelice›› sentenzia Marina.

‹‹Sciocchezze›› dissento, seppur con scarsa convinzione.

‹‹Hai allontanato Bertrand perché eri sconvolta a causa della situazione, tuttavia lo ami e il fatto che non ti abbia più cercata, rispettando alla lettera le tue direttive in merito, ti infastidisce››. La mia migliore amica, servendosi della logica inappuntabile che l'ha sempre contraddistinta, riassume in maniera lucida e spietata la miriade di emozioni contrastanti da cui sono scossa.

‹‹Non sapevo ti fossi laureata in Psicologia durante il tuo recente periodo oltralpe›› la prendo in giro ‹‹In ogni caso, è assurdo››.

‹‹L'orgoglio, come l'amore, è dotato di una logica propria che spesso non corrisponde a quella canonica›› dichiara Mar ‹‹Il Cuore ha delle ragioni che la Ragione non conosce, lo sosteneva pure Blaise Pascal››.

‹‹È così che ci si sente quando si è davvero innamorati di una persona?›› la interrogo, sospirando.

‹‹Così come?›› vuole sapere lei.

‹‹Del tutto in balia di una sensazione priva di nome, impossibile da governare›› confesso.

La mia migliore amica mi rivolge un sorriso comprensivo, uno di quelli di chi ci è passato e sa come ci si sente: ‹‹Valuta attentamente se le ragioni dell'orgoglio siano più valide rispetto a quelle del cuore, Gigì, dopodiché decidi di conseguenza››

‹‹Non è orgoglio›› la smentisco ‹‹è...›› Paura.

Di rivedere Thomas, di sapere che è andato avanti, dandomi ragione nel catalogare ciò che c'è stato tra noi come un'avventura, come d'altronde ho sempre sostenuto di aver fatto io.

L'idea è insostenibile, per cui la scaccio dalla mia testa, cercando di non pensarci.

Le note di Shallow, provenienti dalla borsa di Marina, indicano che sta ricevendo una chiamata.

‹‹È mia madre, dobbiamo mangiare una cosa insieme al Country Club›› mi informa ‹‹Vuoi unirti a noi?››

Le faccio cenno di rispondere, rifiutando l'invito. Una dose, seppur minima, di Gianna Benedetti potrebbe risultare letale per i miei nervi, oggi.

‹‹A proposito, ti andrebbe di cenare con Alberto e me una di queste sere?›› propone la mia migliore amica. ‹‹Sei l'unica tra amici e parenti a non averlo ancora conosciuto in via ufficiale››.

‹‹Bisogna proprio rimediare, allora›› replico, sebbene la prospettiva di trascorrere una serata in compagnia di una coppia di piccioncini non mi faccia impazzire.

Ci salutiamo con la promessa di accordarci su luogo ora, poi mi incammino verso Trastevere.

Rientrata nel mio pied à terre, appoggio la borsa sulla consolle dell'ingresso, ingombra di carte e corrispondenza. Animata da un residuo di spirito, apro uno dei cassetti alla ricerca di un tagliacarte con cui aprire le buste ancora sigillate ma la mia attenzione viene catturata da un plico di pentagrammi diligentemente impilati.

Si tratta della musica scritta di getto dopo il gala di beneficenza, ispiratami dalle emozioni contrastanti suscitate dall'evento.

Riprendo tutto in mano, sedendomi al pianoforte.

Potrebbe essere un ottimo punto di ripartenza per la colonna sonora del documentario, la cui deadline è sempre più vicina.

Sento affiorare un sorriso sulle labbra.

C'è del lavoro da fare.

Spazio autrice

Cosa avrà in mente Georgiana?

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