È solo un aperitivo (2)

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Ci sediamo nel dehors del bar, accomodandoci ad un tavolo all'angolo, accanto alla vetrata che ci permette di avere una visuale sull'esterno. Stefano prende posto sul divanetto vicino a Manuel, facendo cenno ad Irene di sedersi davanti a lui. Lei, divertita, lo asseconda e Stefano può finalmente godersi, ammaliato, la bellezza della sua infatuazione. Irene non è una ragazza che passa inosservata, con quegli occhi azzurri e i capelli biondi che le donano un lineamento angelico, un fisico scolpito dagli allenamenti e una mente acuta, una delle migliori della scuola.

Vederli insieme, con Stefano che cerca di essere gentile e brillante - e questo gli viene abbastanza naturale, d'altronde molte ragazze cadono ai suoi piedi - mi fa quasi dimenticare di avere davanti la nuova minaccia per la mia integrità mentale.

Quando sposto l'attenzione su di lui, non posso fare a meno di notare il sorriso malizioso che si è acceso sulle sue labbra. La luce soffusa sembra accarezzargli il corpo per farlo risplendere della bellezza di cui è dotato, una bellezza che non usa sfrontatamente per fare colpo, come farebbe chiunque nella sua posizione e alla sua età, una bellezza che sembra quasi non sapere di avere.

I suoi occhi profondi e scuri, le labbra, che devono essere incredibilmente soffici, il collo, possente, scolpito dagli allenamenti e quelle spalle, dritte e larghe, all'apice di due braccia che reggerebbero e proteggerebbero chiunque. È perfetto. Dannatamente perfetto.

"Bren..." mi accorgo che tutti e tre, oltre al cameriere, hanno lo sguardo puntato su di me. Cavolo. Mi sono messa di nuovo in una situazione imbarazzante, persa a contemplare il suo aspetto, e non mi sono resa conto che stanno aspettando che ordini anch'io. Stefano mi guarda con il suo sorrisetto furbo, tipico di chi ha intuito i miei pensieri e io mi limito a fulminarlo con lo sguardo.

"Per me un... Un" non riesco a formulare il nome del cocktail che ho in mente.

"Il solito Bren?" per fortuna Roberto, che ormai ci conosce molto bene, interviene in mio aiuto.

"Sì, va bene" dico distrattamente. Stefano strabuzza gli occhi.

"Bren, ma sei sicura? Non hai mangiato niente!" mi rimprovera. Solo ora comprendo di aver ordinato il Daiquiri, il mio cocktail preferito... ma quando usciamo la sera. Non è un cocktail da prendere per un aperitivo prima di cena, dopo un allenamento e una giornata sfiancante.

"Perché, qual è il suo solito?" chiede curioso Manuel. Prima che risponda, ci pensa Stefano ad informarlo.

"Scusi" Manuel chiama il primo cameriere che gli passa accanto "vorremmo ordinare anche dei panini, pizza e patatine" io, Stefano e Irene ci scambiamo uno sguardo interrogativo. In questo modo ci allungheremo decisamente in una cena, visto che sono già le sette passate.

"Così almeno avremo tutti lo stomaco pieno e non ci saranno postumi, visto che domani c'è scuola" dice guardandomi dritto negli occhi con fermezza.

Manuel congiunge le mani in un pugno e posa gli avambracci sul tavolo. I nostri volti non sono molto distanti e posso percepire il suo profumo che, come una formula ipnotica, mi seduce. La voce di Stefano, che cerca di tenere alta l'attenzione di Irene, si sfuma sempre di più, come tutto il resto. Non ci sono contorni, non ci sono confini. Gli occhi di Manuel mi tengono in pugno e mi fanno accedere ad un'eterna dimensione in cui siamo soli.

"Parlami un po' dei nostri docenti, c'è qualcuno che dovrei temere di più?" la sua sicurezza, che sgorga dal tono di voce deciso, dallo sguardo che non teme di incontrare il mio, anzi, sembra volercisi tuffare dentro come fosse il suo posto preferito, i movimenti del suo corpo che non danno segni di cedimento, mi fanno sentire più piccola e vulnerabile... incredibilmente vulnerabile.

E io non mi sono mai sentita così. Lo sport, lo studio, l'impegno sociale a cui mi sono da sempre dedicata, mi hanno formato nella ragazza che sono, orgogliosa, sicura di quello che vuole - o almeno credo - e forte.

Mi sono sempre reputata forte, per non essere come le altre, per non buttarmi tra le braccia del primo che passa e andare a raccontare in giro, con vanto, il mio primo bacio, la prima uscita o la prima volta. Ho sempre creduto in un amore travolgente e totalizzante, sì come quello dei romanzi, e sì, anche come quello dei film, ma sono diventata abbastanza grande da realizzare che sia solo un mito, un affascinante mito non destinato a realizzarsi. C'è un margine di tempo per certe cose, persino per sognarle, e io sono fuori. Ora dovrei solo pensare ai miei piani, al mio futuro, lo devo a me, ai miei sacrifici e...

"In realtà non c'è nessun docente che fa paura... ma è bene che tu cominci a studiare visto che entriamo nel periodo più focoso dell'anno" lo punzecchio con una improvvisa ritrovata tranquillità. Posso gestirlo, è bastato mettere in chiaro a me stessa i miei obiettivi. E nessuno li decentrerà.

"Oh questo è molto rassicurante" dice scoppiando a ridere. Arrivano le nostre ordinazioni, Stefano e Irene sono entrati nella loro atmosfera parallela, non fanno caso a noi.

"Come mai ti sei iscritto ad una scuola pubblica? Insomma, avresti potuto continuare in una privata, sarebbe stato più semplice."

"I miei genitori sono degli stacanovisti" dice con aria arresa, senza perdere il sorriso sulle labbra "non avrebbero lasciato che mi concentrassi solo sul calcio, lasciando da parte lo studio. In altri termini, sono più rassicurati sapendomi anche impegnato in uno studio serio, senza favoritismi e privilegi" deve essere una famiglia di sani principi, penso, e questo... mi piace. Lui indaga il mio sguardo, forse è in attesa di qualche mio commento alla sua risposta, ma io non faccio altro che concentrarmi sull'armonia e la coordinazione dei suoi movimenti mentre si prepara il piatto.

"A proposito di genitori, devo avvisare mia madre che non ceno a casa" approfitto per allontanarmi un po' e comunicare che avrei fatto tardi. Mia madre si fida di me e non mi chiede mai con chi mi attardi. L'unica cosa che mi raccomanda è di non tornare a casa da sola. La fa stare più tranquilla e come darle torto, con tutto quello che si sente in giro? Quando torno al mio posto, mi sorprendo di vedere il mio piatto già riempito. Stefano non può essere stato, dal momento che è nel suo universo parallelo con Irene.

"Ti ho messo qualcosa nel piatto o Stefano non ti avrebbe lasciato nulla" mi sfugge un sorriso, conosco Stefano e so di cosa è capace. D'altra parte, deve soddisfare la fame di un corpo dal metro e ottantacinque.

"Grazie..." dico intimidita dalla sua sicurezza e da una premura a cui non sono abituata, se proveniente da estranei o semi estranei.

"Ecco, ora puoi bere tranquillamente il tuo Daiquiri" nessuno ha mai mostrato tanta premura verso di me.

Un amore da serie ADove le storie prendono vita. Scoprilo ora