Un 14 febbraio originale

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Dopo aver cenato in fretta, decido di mettermi a letto. Sono stanca e la giornata è stata emotivamente impegnativa a partire dalle interrogazioni, a finire dalla mia prima dichiarazione d'amore, ammessa e ricevuta. Posso tuffarmi in un sonno profondo.

Qualcosa mi infastidisce e mi fa sobbalzare. Ma che ore sono? È ancora tutto buio intorno a me, accendo l'abat-jour sul comodino e cerco di capire se si è trattato di un sogno o se quel rumore è reale. Il ticchettio di quelli che sembrano sassi contro le persiane della mia finestra persiste. Non so se andare a chiamare mia madre o se armarmi con...con... l'arma più pericolosa con cui potrei affrontare il presunto ladro o molestatore sarebbe una gruccia. Sbuffo. Decido di alzarmi e dalle fessure delle persiane provo a individuare chi sia l'autore di quel casino. Non posso crederci. Apro in fretta la finestra.

"Ma che ci fai qui?" con il cappuccio della felpa tirato fin sopra alla testa, i pantaloni della tuta e il giaccone della squadra, Manuel sta tirando o, meglio, attirando la mia attenzione con dei sassi. Non posso crederci.

"Ora entro" che?

"Come entri? Non posso farti entrare dal portone, se ne accorgerebbero!" impreco a bassa voce. Ma lui, incurante dei miei tentativi di dissuaderlo, si arrampica di balcone in balcone fino a raggiungere, con un ultimo salto, la finestra della mia stanza attraverso cui lo vedo entrare, incredula per quello a cui ho assistito. Mi affretto a richiudere le persiane e ad assicurarmi che non si siano svegliati affacciandomi sul corridoio. Ma le luci nelle loro stanze sono spente. Chiudo a chiave per sicurezza, almeno, se fossero venuti a cercarmi avrei temporeggiato per nascondere – anche se impossibile – Manuel. 

"Che ci fai qui? Che ore sono?" chiedo senza dargli effettivamente tempo di rispondermi. Prima che possa farlo, controllo sul telefono. Le cinque e cinquantacinque.

"Sei completamente pazzo!" dico a denti stretti.

"Sì, di te" aggiunge baciandomi e trascinandomi sul letto. Vorrei oppormi per parlare di quanto appena successo, cosa che, per quanto mi sorprenda e seduca, deve essere discussa perché non può entrare nella mia stanza di nascosto o mia madre, da genitore aperto e comprensivo, potrebbe convertirsi in un generale che mi rinchiude in convento.

"Hai controllato anche che giorno è?" mi chiede. Non capisco. Prendo di nuovo il telefono che ho posato sul comodino. 14 febbraio. Mi rendo conto che non ci conosciamo neanche da un mese e già siamo insieme. È normale? Non mi importa. Mi è più familiare di qualunque ragazzo abbia mai incontrato prima. Poi, in un secondo momento, capisco che si riferisca a San Valentino, giorno che non sono abituata a festeggiare. Lo guardo sconsolata.

"Sei tu quella che ha detto che avrebbe voluto qualcosa di originale" spiega come giustificazione e scoppio a ridere, affondando il volto nella sua felpa, ricordando la nostra conversazione mentre mi accompagnava a casa per la prima volta. E pensare che la relazione tra Stefano e Irene è finita persino prima di San Valentino.

"In effetti non avrei saputo aspettarmi qualcosa di più originale di questo" condivido circondandogli il collo con le mie braccia, costringendolo a ricadere su di me.

"Aspetta, aspetta" dice togliendosi lo zaino "so che sono di gran lunga la sorpresa migliore che ognuna si possa aspettare, ma ti ho portato anche qualcos'altro" dice con spavalderia. Mi sollevo e lo guardo incuriosita mentre lo vedo sfoderare una bustina bianca e una confezione damascata con riflessi dorati dalle tasche dello zaino.

"Cornetti al cioccolato per la nostra prima colazione a letto insieme" mostra "e... per rientrare nella norma, cioccolatini" dice sollevando con la mano la confezione.

"Non ho mai mangiato cioccolatini alle sei di mattina, ma prima volta più e prima volta meno..." sfilo il fiocco che la circonda e la apro per prenderne uno da infilare nella sua bocca.

"Te lo sei meritato" scherzo. Lo vedo soddisfatto, tanto da trattenermi le dita con le labbra, cosa che mi provoca un brivido ribelle sulla schiena. Manuel ripete il mio gesto, questa volta portando un cioccolatino alla mia bocca. Tuttavia, per non contribuire a scaldare eccessivamente la situazione lo prendo senza protrarre un altro, languido, contatto. Lo invito a sfilarsi la felpa per sdraiarsi al mio fianco, spengo la luce e trascorriamo l'ora che ci separa dal momento in cui deve lasciare la mia stanza - perché non si faccia scoprire - l'uno tra le braccia dell'altra. 

Un amore da serie ADove le storie prendono vita. Scoprilo ora