Non ti azzardare mai più

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"Ehi! Hai già finito? Tipico di te!" ho un rapporto speciale con Maria. Ha trentun anni e lavora da dieci anni nel bar della scuola.

"Posso prepararmi un caffè?" me lo ha insegnato lei nei momenti come questi, quando sgattaiolo fuori dall'aula appena terminato un compito o quando la classe entra alla seconda ora e me ne dimentico finendo per farle compagnia.

"Serviti pure... no anzi, lascia che faccia io, devi aver già faticato abbastanza a scrivere di Virginia Woolf" scoppio a ridere e, prima che le chieda come faccia a sapere che il compito sia proprio su di lei, ricordo che sa sempre tutto, raccogliendo dalla mattina alle otto fino alle tredici o quattordici schegge di conversazioni dagli studenti e dagli insegnanti. Ma non si lascia mai sfuggire nulla di troppo e la sua discrezione è uno dei tratti che ammiro, insieme alla sua stravaganza. E' una ragazza singolare Maria.

Porta i capelli rasati ai lati e un ciuffo rosso che le ricade sulla fronte e che, spesso, ferma con una forcina, una costellazione di piercing su entrambe le orecchie, con tanto di dilatatore sui lobi ma neanche un tatuaggio, dice che la farebbero sentire ingabbiata. E scruta il mondo con i suoi due occhi color acquamarina, un pozzo di curiosità.

"Be'? Cos'è questo silenzio? Tu non hai proprio niente da dire?" mi interroga come se fossi colpevole di qualcosa.

"In merito a cosa?"

"Come in merito a cosa? Non farmi ridere" sbuffa, non senza trattenere un sorriso "al nuovo arrivato!" dice come se fosse ovvio. Alzo gli occhi al cielo.

"No, non ho nulla da dire" chioso mettendomi a braccia conserte sul bancone - ovviamente sono dalla sua parte, non da quella dei clienti, ma me lo concede, anche nelle ore di punta.

"Be' qui non si parla d'altro. Anche le insegnanti fanno apprezzamenti" arrossisco incontrollabilmente e so che mi sta spiando con la coda dell'occhio, per verificare che effetto abbiano quelle parole su di me.

"Dai non ci credo che..."

"Ah sei qui" una voce, che riconosco, distrae entrambe e Maria non ha il tempo di finire la sua frase che proprio lui si materializza nel bar.

"Hai già finito?" chiedo sorpresa.

"Credevi di essere solo tu quella geniale?" arrossisco di nuovo.

"Non sono geniale..." lui sorride e viene a posizionarsi accanto a me. Vorrei dirgli che non è un posto per lui, che non può fare come vuole, ma la sua presenza al mio fianco è troppo avvolgente e rassicurante. Finisco così per mordermi la lingua e restare in silenzio.

" La professoressa è stata molto comprensiva, ha detto che l'avrebbe considerata come esercitazione e che il compito lo svolgo la prossima settimana" sono felice per lui.

"Lei è molto dolce, sono sicura che ti aiuterà fino alla fine" sorride, sfoderando quella dentatura bianca che sto scoprendo avere un effetto ipnotico su di me.

"Ciao, io sono Maria" Manuel le stringe la mano "tu sei il ragazzo di cui parla tutta la scuola" per la prima volta vedo Manuel lievemente arrossire, per la schiettezza di Maria.

"Non mi ritengo tanto importante..."

"Non preoccuparti, qui è normale... tutti i giorni sono sempre uguali, quando c'è la novità diventa l'argomento da strizzare finché non c'è più da ricavarci nulla" Manuel scoppia a ridere e contagia anche me. Il suo profumo, che ho bene in mente e che è stato l'autore dei miei sogni migliori quella notte, avvolge tutti i miei sensi, ma, in quel momento, con prepotenza, prende forma nella mia mente l'immagine di lui e Natalia che ridono insieme nella sua auto e lei che ci prova spudoratamente, proprio come ha fatto prima.

"Maria, io vado, è meglio che rientri" esco senza salutarlo, ma, non appena sono intenzionata a svoltare a sinistra per dirigermi in bagno, due mani, con una presa vigorosa e robusta, mi sbattono conto il muro.

"Ma che..." mi ritrovo la sua faccia davanti. Con espressione decisa e contratta, mi tiene le braccia sollevate e le mani bloccate nelle sue. Vorrei gridargli di lasciarmi ma non mi escono le parole, avendo, ad un soffio da me, le sue labbra, il suo respiro, i suoi occhi che slittano nei miei e quel piacevole brivido che mi corre per tutto il corpo, che mi fa dimenticare di essere nel corridoio più trafficato della scuola, e che non voglio rinunciare a provare.

Ma chissà per quale strano motivo in quel momento non sta passando nessuno. Ho perso la cognizione del tempo, della ragione, del senso del dovere, smarrita solo in quella bolla di piacere, che sta colmando un vuoto scavato anni prima. È in quel momento che preme le labbra sulle mie. Sta accadendo in un modo così inaspettato e improvviso che realizzo cosa stia succedendo dal mio battito che accelera incontrollabilmente, dal petto che inizia ad alzarsi ad un ritmo irregolare e dal gemito che lui soffoca in gola. Il mondo mi sembra cambiato nel momento esatto in cui ho sentito approdare la sua bocca, ardente, sulla mia. Una pressione vertiginosa mi lascia preda ad uno stordimento che mi fa vacillare.

"Non ti azzardare mai più" riesco ad articolare ansimante. Se un bacio ha avuto su di me l'effetto più surreale, passionale, estraniante, travolgente che abbia mai provato, cosa succederebbe se... Senza dire niente si stacca da me e prosegue in direzione opposta alla mia. Mi fanno tornare alla realtà le voci di Chiara e Stefano che mi chiamano dal fondo del corridoio e mi sembrano distanti anni luce, mentre osservo Manuel allontanarsi, come se si stesse allontanando da tutto e tutti, come se non volesse improvvisamente condividere con noi quella parte di mondo che sta occupando, come se volesse ritirarsi, stringersi nella sua solitudine. Lo vedo chinare il capo e dare un pugno contro il muro per poi svanire nell'interno del bagno.

"Come è andata?" esulta Chiara che irrompe dietro di me con un salto, facendosi leva sulle mie spalle. Stefano invece entra nel bar, con il volto sconvolto. Non è abituato a svolgere i compiti in classe all'alba - le otto equivalgono all'alba per lui, le otto e cinquanta hanno già un'altra luce nella sua sveglia biologica - e l'entusiasmo con cui ha incoraggiato me e Chiara è visibilmente svanito. È provato. Ha bisogno di una buona dose di caffeina.

"Non dirmi che hai lasciato il compito in bianco? Sarebbe la tua prima volta e... hai lasciato il compito in bianco?!?" Chiara trae le sue conclusioni, probabilmente in seguito alla mia espressione sconvolta.

"Chi ha lasciato il compito in bianco?" Stefano sbuca con un porta caffè, che utilizza per distribuirlo anche a me e a Chiara. Sto per rifiutarlo quando mi rendo conto che il torpore che mi percuote ancora il corpo non mi aiuterà ad arrivare alla fine della giornata e ci sono ancora le ore della Del Fuoco, di storia e di educazione fisica. Sì, decisamente ho bisogno di caffeina.

"Ehi Manuel" lo chiama Stefano con la mano. Fingo di concentrarmi sul caffè, che provvedo a scolare, fino a mordicchiare l'orlo del bicchierino di carta. Lui e Stefano se ne vanno insieme dritti in classe, parlando di chissà cosa. Mi ha palesemente evitata. Che impertinente! Prima si azzarda a fare una cosa simile e poi mi evita pure. Ma da dove viene questo?

"Ok, cos'è questa pseudo indifferenza?" e perché Chiara è così perspicace?

"Quale indifferenza?"

"Oh be' quella palpabile che avete appena simulato tu e Manuel. Non dirmi che lo hai maltrattato o..." si porta una mano alla bocca, ora sembra una bambina, con quelle gote che paiono ancora più paffute per via del sorriso che sta trattenendo e che sta per farla esplodere, e quelle treccine brune che le incorniciano il volto.

" O... vi siete..."

" Ma cosa vai a insinuare Chiara! Torniamo in classe..." è così evidente?

Un amore da serie ADove le storie prendono vita. Scoprilo ora