Il lunedì non è il mio giorno preferito, ma la forza di volontà – che, devo riconoscermi, non mi manca – mi faiberare, con un gesto tanto rapido quanto seccato, dalle lenzuola con cui sono avvolta fin sopra la testa. Eseguo la mia solita routine del risveglio, aggiungendo un massaggio sugli occhi che avverto ancora stanchi e assonnati, per procedere sciacquandomi con l'acqua gelida: no, non sono masochista!
Ma è un rimedio per un efficace e immediato risveglio. Quando scosto le tende, assaporo ancora quel sole che, giorno dopo giorno, sta vincendo le grigie trame invernali. Aspetto mia madre e mio fratello sulla panchina – cosa che durerà ancora per qualche giorno, visto che si sta avvicinando il momento di togliere la fasciatura e a quel punto, con l'incombere della primavera, potrò tornare a correre oltre che a raggiungere la scuola a piedi, con l'aria del mattino che mi solletica ancora frizzante – e approfitto per rileggere la traduzione di latino, dal momento che la Del Fuoco interroga.
Tra la conclusione del programma, che non sta procedendo a gonfie vele, e le valutazioni ancora tutte da fare, ci aspettano mesi densi e impegnativi. Per questo non vedo l'ora di tornare a correre per concedermi quella valvola di sfogo che mi allontana dalla realtà e mi rigenera.
Appena scendo dall'auto, in procinto di dirigermi verso la gradinata principale, scorgo Stefano mano nella mano con Irene. Devono aver chiarito, deduco, visto che Stefano sembra partecipe e coinvolto nelle smancerie di Irene, che non si sta risparmiando. Mi sembra troppo persino per me, che sono sempre stata abbastanza romantica. Intravedo Chiara che sta entrando.
"Chi!" la chiamo e lei si volta con uno scatto improvviso che mi fa sussultare. È furiosa. Faccio per avvicinarmi quando è lei a raggiungermi, tornando indietro.
"Che c'è?" sbotta. La guardo perplessa, non comprendendo da dove venga tutto quell'astio. Non può essere per l'interrogazione di storia, Chiara non è il tipo che prende sul personale la scuola, certo, ci tiene, ma non al punto da far incidere il rendimento sulle sue giornate.
"Scusa, ti ho vista e volevo salutarti" dico a mia discolpa.
"Be' ora l'hai fatto!" ha le gote arrossate, la voce strozzata per la rabbia e gli occhi sgranati, come se fosse appena uscita da una lite. Cerco di farla voltare prendendola per una spalla, ma lei si scrolla di dosso la mia mano e se ne va dentro.
"Ma che ti prende?!" le urlo dietro, senza ottenere alcuna risposta o reazione, mi evita e si infila nel corridoio, tra gli studenti che si addensano all'ingresso delle rispettive classi, finché non la perdo di vista.
"Bren!" sento qualcuno chiamarmi, ma sto ancora pensando a Chiara e al suo strano atteggiamento per voltarmi e prestare la meritata attenzione a quella voce.
"Bren!" davanti all'insistenza cedo e mi volto. È Raul. Perfetto. La mattinata non potrebbe iniziare meglio.
"Buongiorno" biascica visibilmente in imbarazzo.
"Buongiorno a te" ricambio, mentre lui fatica a sostenere il mio sguardo. Non ce l'ho con lui, alla fine non ha fatto nulla... anche se, qualora non fosse arrivato Manuel, mi avrebbe baciata contro la mia volontà.
"Volevo chiederti scusa per sabato... ero ubriaco e... e..."
"Tranquillo, accetto le scuse" dico seccata, volendo sinceramente defilarmi da quella situazione.
"No, aspetta" mi prende istintivamente la mano per trattenermi, ma il mio sguardo – affilato – lo costringe a lasciarla "è che... volevo passare la serata con te, però non ero sobrio a tal punto da contenere i miei pensieri e... frenare i miei istinti" si finisce sempre a questo punto. L'uomo ha degli istinti animali che non riesce a controllare e la donna ne paga le conseguenze: che siano violenze verbali o fisiche, che siano sguardi indiscreti, battutine squallide o qualsiasi genere di mancanza di rispetto, loro finiscono sempre per giustificarsi di avere "quell'istinto" che fa di loro delle belve.
"Sai Raul, avrei apprezzato più che dicessi, senza filtri, che volevi provarci spudoratamente perché ti piaccio. Alla storia degli istinti che non si riescono a controllare non voglio crederci, guardati" dico indicando il liceo "frequenti una scuola, un liceo classico, per giunta, e il privilegio di studiare dovrebbe proprio farti distinguere dagli animali" dico simulando le virgolette "è in questo che ci distinguiamo da loro" aggiungo, indicando con l'indice la tempia "nell'intelletto, nella parola e tu, da studente, dovresti avere una mente allenata, ma, a quanto pare, non è così..."
"Scusa Bren... non" forse ho esagerato, o forse no. Sono ancora sovrappensiero per Chiara e irritata dall'atteggiamento che mi ha riservato. Non mi ha mai trattata così.
"D'accordo, facciamo finta di niente" concludo sforzandomi di sorridere ed essere convincente. Io e Raul ci dirigiamo insieme all'ingresso del corridoio che ci avrebbe condotti nella mia classe, quando vedo Manuel venirci incontro, anche lui furioso, anzi, sconvolto.
"Manuel" lo chiamo per catturare la sua attenzione, mi passa accanto senza neanche guardarmi, gli occhi sono assenti, la mascella serrata e i pugni chiusi.
"Manuel!" lo chiamo di nuovo. Raul è ancora accanto a me e posso percepire un certo fastidio nel vedermi presa dal mio compagno di classe piuttosto che da lui.
"Ma che cavolo vi prende oggi!" sbotto, allargando le braccia in segno di protesta. Si ferma all'improvviso, con una mano sulla maniglia del portone che chiude il corridoio, in procinto di uscire, e il busto rivolto verso di me.
"Me ne vado,vieni con me?" lo guardo accigliata. Che significa che se ne va? Doveva? Sapete una cosa? Non mi importa. Gli studenti si aprono in due file parallele per farmi passare, come se stessero assistendo ad una scena di unfilm. Dice di sì o dice di no?
STAI LEGGENDO
Un amore da serie A
أدب نسائيL'ultimo anno di scuola per Brenda significa iniziare a vivere davvero, lasciandosi alle spalle gli anni più complicati. Non è disposta a farsi distrarre da nessuno per raggiungere il suo obiettivo, diplomarsi con il massimo dei voti così da vincer...