"Torniamo di sopra?"

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"Arrivo subito" riesco a pronunciare mentre lascia la mia stanza. Intravedo dallo specchio ovale davanti a me il maglione che Manuel ha fatto risalire fino al bacino, segno dei nostri movimenti irregolari disegnati sulle lenzuola, il che mi fa realizzare che è successo davvero.

Quel ragazzo mi sta sconvolgendo la vita ed io non posso più dirmi restia a volere che continui a farlo. Mi sto scoprendo ebbra del suo modo di sfiorarmi, baciarmi e possedere le mie emozioni. Non posso scendere con il volto ancora scosso dalla passione che ha scatenato in me, così mi rifugio in bagno per cercare di ripristinare la regolarità della circolazione sanguigna.

Quando sento di essermi calmata, sistemo il maglione, indosso un paio di calzini antiscivolo e scendo le scale. Lo vedo già alle prese con la traduzione, il vocabolario aperto e il sopracciglio increspato, tipico di chi sta tentando di risolvere e affrontare gli schemi logici a cui solo il greco sa sottoporti.

Lo trovo irresistibilmente attraente, ma devo controllarmi. Ho una responsabilità, su di lui, su di me. D'accordo ho diciotto anni, ma non inizierò adesso a fare l'irresponsabile immatura. Per cui per il mio bene, e anche il suo, prometto a me stessa di richiedere più rigore, da parte sua e da parte mia. Prendo il mio posto, mi lego i capelli e inizio anche io la traduzione di Plutarco.

"Non riesco a capire come tradurre questa frase" senza incontrare volutamente il suo sguardo, leggo la riga che mi indica con la matita.

"È un periodo dipendente dalla principale che ha il verbo impersonale. Sono tutti infiniti retti dallo stesso verbo" spiego dopo aver dato uno sguardo alla versione. Intanto apro il quaderno per scrivere la traduzione della prima riga.

"Ma da dove vieni? Dalla Grecia antica?" dice scettico. Sorrido, ma sono fedele alla promessa che mi sono fatta, per cui non cedo, neanche alle sue battute o osservazioni sarcastiche.

"D'accordo... e questo?" sento la matita spostarsi dal libro, al tavolo, fino a risalire al mio braccio.

"No" dico perentoria, spostando la matita via da me con un gesto deciso.

"No, cosa?" insiste, avvicinandosi. Lo guardo irritata, come può essere tanto maturo quanto infantile?

"Dobbiamo studiare" riesco a sillabare, nonostante i suoi occhi voraci e trasudanti di... desiderio?

"Ok" dice chiudendo le palpebre e riaprendole come se avesse deciso di placare i suoi istinti.

Riusciamo a studiare senza ulteriori distrazioni, finché non confrontiamo le versioni per cui lui, demoralizzato, inizia a lamentarsi di non essere in grado di recuperare.

"Stai andando bene, è solo che non puoi migliorare dalla sera alla mattina. Alla fine, ti ha solo sviato la scelta sbagliata di un significato, altrimenti non sarebbe andata male. Sono sincera" lo rassicuro. Chiudo i libri e faccio per portarli di sopra quando mi ferma e mi trattiene sulle scale.

"Domani ho il compito di inglese" mi avvisa, ma non capisco dove voglia andare a parare.

"Avrei bisogno di rilassarmi... il greco mi ha sfinito, peggio di un allenamento" di nuovo il suo sguardo languido, accompagnato da una voce profonda e sensuale che mi ipnotizza.

"Torniamo di sopra?" la sua voce calda mi provoca un calore che si addensa tra le gambe, per cui non posso fare altro che afferrare la sua mano, portarlo con me di sopra, dove, raggiunta la mia camera da letto, lo invito a sdraiarsi accanto a me. 

Un amore da serie ADove le storie prendono vita. Scoprilo ora