"Medì in classifica facci salì"

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È tradizione ormai che io, Chiara e Stefano trascorriamo il sabato sera al White Wild, il nostro locale di ritrovo dai sedici anni, quando i nostri genitori ci hanno concesso di star fuori fino a mezzanotte e, se prima io e Chiara ci sentivamo comunque succubi dei più grandi - il White Wild è frequentato anche dagli universitari - ora, mature, a un passo dalla fine dal liceo e dunque dallo slacciarci i ganci della gabbia scolastica, ci sentivamo libere di essere noi stesse, di fare quello che volevamo, ballare, bere - un cocktail e finiva lì - senza preoccuparci degli altri, se c'erano occhi indiscreti a guardarci o se c'era qualcuno da cui stare alla larga. E poi avevamo Stefano, che, pur coinvolto continuamente nelle sue conquiste, non smetteva di controllarci. Mi sentivo fortunata ad avere loro. L'auto di Chiara è fuori, saluto mia madre e mio fratello.

"Mi raccomando, se ti fa male e non vuoi restare da Chiara..."

"Non esiterò a chiamarti, tranquilla" la interrompo prevedendo come voglia concludere la frase. Le do un bacio e mi avvio verso l'uscita.

"Come sei bellaaaaa" grida dal finestrino abbassato. Mi accorgo che al suo fianco c'è Stefano. L'effetto sorpresa è dovuto al fatto che la partita ha scombinato i nostri piani, per cui abbiamo rinunciato all'idea di prepararci insieme. Abbiamo comunque indossato gli abiti previsti, lei quello rosso, io nero, ma ci vediamo al completo solo ora. Io ho optato per lasciare i capelli mossi, lei ha domato con la piastra i suoi ribelli, e io sono rimasta sobria con il trucco - un sottile eyeliner e un rossetto rosso - mentre Chiara ha fedelmente esagerato. Ma è bellissima. Mi siedo sul sedile posteriore.

"Siete belle entrambe, dunque sentitevi fortunate perché oggi vi tengo d'occhio" brontola Stefano.

"Dov'è Irene?" chiedo sorpresa di vederlo con noi.

"È influenzata e non può venire..." risponde, ma non sembra così dispiaciuto.

"E per lei è ok che vieni da solo al White Wild?" lo stuzzico, vista la spiccata gelosia che ho personalmente conosciuto quando abbiamo preso quel famoso aperitivo.

"No" Chiara mi guarda tramite specchietto retrovisore e io ricambio lo sguardo interrogativo.

"Stef, ci nascondi qualcosa?" azzardo. Seguono istanti di silenzio alla mia domanda, poi infine sbotta.

"È che me la immaginavo diversa. La relazione. Invece mi sento soffocare! Stiamo sempre insieme, non mi lascia un attimo! Il cinema, il tifo al campo di atletica, lo studio, la gelosia!" non ho mai sentito Stefano preda di questa agitazione.

"Perché non ci hai detto niente? Credevo fossi felice con lei..."

"Anche io lo credevo, finché non l'ho conosciuta per bene! Sono mesi che la corteggio e ora non mi lascia neanche il tempo per respirare! Ieri siamo andati al cinema e mi è stata tutto il tempo addosso, come se potessi scappare da un momento all'altro e credetemi... ci ho pensato" io e Chiara scoppiamo a ridere. Abbiamo appena parcheggiato, scendiamo e approfitto per parlare con Stefano faccia a faccia.

"Avresti dovuto parlarcene, ma non siamo qui a farci la morale stasera, perciò divertiamoci. È il nostro ultimo anno" propongo. Ci stringiamo congiungendo le nostre teste. Ci abbracciamo ed entriamo, decisi a goderci la serata. Il White Wild come ogni sabato indossa il suo abito da sera, il ristorante si trasforma in un dance floor, le luci si fanno ora calde e offuscate, ora psichedeliche e intermittenti, a seconda del tema della serata che oggi prevede musica latino-americana ( ho un debole per il reggaeton, motivo per cui ho preferito non restare a casa anche se con una distorsione). Lasciamo i nostri soprabiti al guardaroba.

"Vado a prendere i cocktail, i soliti?" io e Chiara annuiamo e seguiamo con lo sguardo Stefano che sfida la calca per raggiungere la fila per i drink.

"Dici che sta bene?"

"Non lo so Chi, ma credo che abbia voglia di bere" dico mentre lo vedo ingollare tutto d'un fiato un cocktail che gli ha offerto qualcuno. Non riesco a vedere chi sia, per via dei ragazzi che lo coprono. Ho individuato solo la mano che ha porto il bicchiere a Stefano, che ha manifestato un certo entusiasmo a vederlo.

"E tu che mi dici? Hai parlato con Manuel dopo la partita?" la partita. Avevo portato con me, oltre a Chiara, Stefano, mio fratello - che, quando l'ho informato, non poteva crederci di avere riservati i posti in tribuna d'onore - e un amico di Leo. Manuel aveva giocato titolare ed era stato annunciato dallo speaker come la giovane proposta della serie A. Ad essere onesti, non ero una grande intenditrice di calcio, guardavo le partite, mi piaceva come sport, ma non potevo definirmi un'esperta.

Tuttavia, il suo talento era innegabile e aveva fatto impazzire i tifosi, in particolare la curva, che non aveva smesso di far arrivare tutto il calore del Raven e il piacere di averlo in squadra. Si erano spesi in cori come Medina facci sognare, facci sognare, Medina facci sognare; Manuel Medina uno di noi; Dalla serie A alla serie B, Medì in classifica facci salì. Era stata più una festa che una partita vera e propria ed era stato bello percepire tutto quell'affetto nei suoi confronti che ci aveva avvolti tutti come in un esuberante e travolgente abbraccio.

Ero contenta per lui, soprattutto dopo aver letto l'articolo, in cui gli era stato chiesto qualche commento a caldo sulla questione del richiamo per alcune divergenze che si erano create nello spogliatoio al suo arrivo. Manuel aveva glissato la risposta, dicendo che gli piaceva la città e ora era concentrato anche sull'esame di stato, in quanto lo studio per lui era importante quanto il lavoro. Ma mi aveva fatto pensare anche a quello che mi aveva accennato Mario, riguardo all'ultimo arrivato, che era anche uno dei più giovani e dunque preso di mira dai veterani.

"No, non l'ho raggiunto in spogliatoio, mi faceva male la caviglia e dovevo tornare a casa" mento. In realtà non sapevo cosa dirgli, dopo che avevo messo in chiaro le cose quella mattina. Non volevo complicazioni. Avevo fiutato il problema dal primo momento in cui mi aveva rivolto lo sguardo quando era entrato in classe, una classe che era stata grigia per tutti e cinque gli anni che l'avevo vissuta e che improvvisamente si era colorata di tutte le sfumature possibili. Aveva portato una luce con sé, dovevo ammetterlo e non volevo porre fine a quell'amicizia che stavamo instaurando. Mi faceva bene la sua presenza, quasi come una corsa, aveva un che di adrenalinico che mi stimolava a dare il meglio di me.

"Be', puoi complimentarti adesso per la vittoria" aggiunge Chiara indicando proprio verso Stefano. È lui quello che gli ha offerto il drink.

Un amore da serie ADove le storie prendono vita. Scoprilo ora