HUNTERTampico, Messico.
13 mesi dopo...Osservai l'angolo di quel piccolo locale. Venivo spesso lì per rivederla. Era diventato il mio posto preferito ormai.
Un'utopia.
Come al solito permisi alle immagini di lei di invadermi l'anima e c'era una scena ben precisa che spesso ripercorreva la mia testa ; lei che danzava spensierata al Karma.
Fuggiva, tornava e mi sorrideva.
Sorrisi amareggiato perché ogni volta sembrava sempre più reale, sempre più accurata, seppur con quel pizzico di incompletezza che mi faceva penare. Eppure, a distanza di così tanti mesi le mie narici riuscivano ancora a captarne il profumo. Il sapore delle sue labbra posate delicatamente sopra le mie. Le sue movenze a tratti raffinate , a tratti passionali. I suoi sorrisi dolci e gli sguardi che mi rivolgeva.
Tutti per me.
Ballava seguendo una musica che solo lei percepiva, differenziandosi dal resto del mondo che la circondava ed emanava amore, vita, speranza.
Sogni.
Tanti sogni, tutti infranti per un mio capriccio.
Affranto dai sensi di colpa, serrai gli occhi per un po'.«Ciao straniero.» Mi salutò la solita barista facendomi ritornare troppo presto alla realtà. Fino a quel momento non mi aveva mai rivolto la parola. «Che prendi, il solito?»
Le sorrisi come ad annuire, prima di appoggiare sul bancone il mio libro per poi accendermi una sigaretta. La donna, fece avvicinare il figlio che abbandonò i suoi compiti e si affrettò a riempire e a servirmi un bicchiere di Whiskey.«Gracias.» Mormorai sottovoce fissando un barattolo di vetro, forse usato in precedenza per la marmellata, appoggiato alla mia destra. C'era del denaro al suo interno.
Non molto, spicci.«È per comprarci casa.» Il giovane catturò la mia attenzione ed un sorriso illuminò il suo viso quando posai la sigaretta sulle mie labbra ed afferrai dal taschino dalla mia camicia una banconota da cento dollari. «Quelli sono cento dollari, quasi milleottocento pesos!» Sbatté le palpebre incredulo spostando via la mia mano, certo che stessi commettendo un'errore col cambio valuta. Non stavo commettendo alcun errore, ma l'onestà e l'innocenza negli occhi di quel moccioso di quattordici o forse quindici anni, per qualche strana ragione mi ricordarono...lei. Insistetti, fino a che imbarazzato, afferrò il barattolo e mi ringraziò quando infilai la banconota al suo interno.
«Luis, non infastidire il signore.» Lo riprese la madre in spagnolo scusandosi con me. «Vai a finire i tuoi compiti! La nonna ti aspetta a casa.»
«Non mi stava infastidendo.» La rassicurai sorseggiando il mio Whiskey.
«Mamma, ho promesso alla nonna che rimarrò qui fino a che non chiuderai.» Si ribellò il ragazzino. «E se loro tornassero? Chi ti proteggerà?»
Sollevai le sopracciglia origliando la loro conversazione ma non spostai lo sguardo dal mio bicchiere. La madre sospirò riportandolo al tavolo dov'era seduto fino ad un attimo prima. Sul volto della donna si dipinse dello struggimento, ma ciononostante provò a rassicurare il ragazzino, stampandogli anche un bacio sulla testa. Benché fiutai guai ed entrambi mi diedero la netta sensazione che qualcosa li turbasse, riportai la mia attenzione sul mio libro finché la banconota da cento dollari che in precedenza avevo dato al ragazzo si posò tra le pagine coprendomi le parole. Tesi la mascella e sollevai lo sguardo nella direzione della donna dai capelli ricci e neri.
«Riprendili.» M'incitò a farlo mentre la osservai attentamente non concependone il motivo. «Tanto se li prenderanno qui bastardi.»
Mordicchiai la lingua con gli incisivi.
«Quali bastardi?»«La banda di Tiago. Sono mesi che non danno più tregua a questo povero quartiere e quando vedranno i dollari ne vorranno altri. Vengono qui e riscuotono soldi che fatichiamo a guadagnare e a volte io e la mia famiglia, o tanti altri, non arriviamo a fine mese per colpa dei loro abusi.» Mi spiegò facendomi ribollire il sangue nelle vene per la rabbia. «Ti prego, riprendili, non voglio guai.»
