IVY
Quando mi svegliai la mattina dopo percepii all'istante il calore emanato dalla sua pelle. Lui era ancora lì e mi teneva stretta al suo petto. Il mio braccio ricadeva sul suo addome e la mia guancia era appoggiata all'altezza del suo cuore. Era pacato e percepii il suo benessere, soprattutto ogni volta che i miei capelli vennero accarezzati ad ogni suo lento e profondo respiro. Mi parve di essere ritornata indietro di un anno, ma non era così. Già allora era tutto difficile, ma adesso....adesso sembrava quasi impossibile. Tutto sembrava remarci contro.
Ero confusa, non sapevo più se fidarmi o meno.
Il sentimento che nutrivo nei suoi riguardi non era mutato di una virgola , ma non bastava. Necessitavo dimostrazioni.
Quelle vere, quelle capaci di farti tremare il cuore e di traballarti l'anima. Certo, Hunter mi aveva salvato la vita e stava provando a starmi vicino come più poteva, ma chi mi garantiva che non stesse agendo spinto dai sensi di colpa?
A detta mia, neppure lui era sicuro di ciò che stava combinando.Non sapeva se mi voleva o meno.
Era confuso, ma non potevo più gettarmi nel vuoto come quando avevo diciassette anni. Non ero più quella ragazzina ingenua e cresciuta in una bolla di cristallo. La vita mi aveva resa forte ed emotivamente più intelligente ; mi sarei potuta gettare, certo, ed il coraggio non mi mancava, però, mi sarei lanciata cosciente del fatto che esistesse la possibilità che lui non si sarebbe fatto trovare pronto a prendermi.Sospirai affranta.
Avevo paura perché anche se in cuor mio sapevo con certezza che oltre a lui non sarebbe esistito nessun altro, sentivo la necessità di dimenticare come mi sentivo e di rammentare a me stessa che potevo meritare di più. Non avevo mai tradito la fiducia di Hunter in alcuna maniera, ma il fatto che lui si ostinasse a trattarmi male o a mettere in dubbio la mia credibilità, mi faceva pensare che forse non mi aveva mai amata come affermava. Non potevo permettere che l'amore smisurato che nutrivo nei suoi confronti potesse in qualche modo cancellare tutto il male che mi aveva fatto. Ero cresciuta e non vivevo più nelle favole create dalla mia immaginazione, o dall'idea che mi ero creata dell'amore.
«A che pensi?»
Persi un colpo al cuore, soprattutto quando la mano del ragazzo si mosse con dolcezza sulla mia testa, massaggiandomela e facendomi permeare dai brividi che attraversarono la mia schiena. Gettai un'occhiata all'orologio sulla parete constatando che fossero le sette e trenta. Da un momento all'altro sarebbe passato Ayron cosicché facessimo colazione insieme. Si avvicinò ed appoggiò le sue labbra sulla mia fronte, ma non capii se fu più un bacio oppure se provò a constatare se avessi o meno la febbre.
Avevo la febbre? Stavo male? Mi sentiva calda oppure era l'effetto della sua vicinanza a provocare in me tutto quell'ardore?Uffa, stavo bruciando da capo a piedi.
«Penso che sia ora che tu te ne vada.»
Non rispose ed io non ebbi il coraggio di guardarlo negli occhi. Cercai di scostarmi ma non me lo permise, riavvicinandomi a se. Stavolta dovetti guardarlo in faccia e mentirei se dicessi che non mi persi nei suoi occhi per un lasso di tempo che parve eterno.
«Forse non hai capito bene ciò che ti ho detto ieri sera.» Incalzò a bassa voce, scostandomi via dal viso i capelli. «Io non me ne vado.» Ribadì fissando per un po' anche le mie labbra quando le morsi a sangue. Difatti, col pollice , mi liberò dalle grinfie dei miei incisivi quello inferiore. «E se proprio dovrò andarmene, sappi che tu verrai con me.»
«Hunter-...» parlai scuotendo lentamente la testa «...io non sono più la stupida bambina che comandavi a bacchetta più di un anno fa. Non pendo più dalle tue labbra e questa è casa mia, quindi se non ti spiace, vattene.» Mi alzai dal letto lentamente, controllando la ferita.