1- SEHUN

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Come ogni volta che voglio andare all'italiano, anche oggi quei traditori hanno disertato. Sono troppo poco sofisticati per me, penso, mentre cammino lungo il marciapiede che dalla SM porta al mio posto preferito in assoluto. Lì mi conoscono tutti e sanno tenere la bocca cucita, ho sempre un tavolo prenotato nel posto più appartato del locale e, cosa migliore dell'essere una star, non devo fare la fila. È un posto molto famoso e sempre pieno, di solito c'è la fila per entrare.

Arrivo e l'omone, riconoscendomi nonostante mascherina e cappello calcato in testa, mi sorride e mi apre il cordoncino per farmi passare, aprendomi la porta e invitandomi ad entrare. Mi avvicino alla reception per farmi vedere, pronto a procedere oltre verso il mio tavolo, quando la mia attenzione viene attirata dalla ragazza in attesa; sembra spazientita, anzi no, furiosa. L'addetta all'accoglienza è al telefono e le fa cenno di aspettare ancora, io sogghigno sotto la mascherina, sapendo che la ragazza è sempre un po' prolissa quando parla, però poi l'ospite in attesa si gira e io faccio un passo indietro, studiando attentamente il suo viso irritato, sentendo l'aria nei polmoni svanire. Piego di lato il capo, continuando a guardarla intensamente, concentrandomi per pensare. Il suo viso, i suoi occhi, i suoi capelli. Come potrei non riconoscerla? Distogliendo un secondo lo sguardo, noto che lei anche mi fissa e incrocia le braccia, ancora più irritata. Sicuramente è colpa della ragazza che ancora non ha abbassato la cornetta. Vorrei dirle qualcosa ma a che pro? Cosa potrei dire alla persona che ho mollato anni fa? Infine è lei ad aprire bocca. «Sembri troppo incredulo per far finta di non conoscermi!» La sua voce mi coglie impreparato, mi sento come se mi avesse letto nel pensiero e onestamente, ora che ha parlato, non posso fingere che non lo abbia fatto e passare oltre. «In effetti, sì. Ovvia deduzione visto che ti fisso da cinque minuti buoni.», rispondo prontamente, cercando di non fargli capire il mio nervosismo. «Quibndi ti ricordi chi sono? Se ti impegni un po' OH SEHUN, magari riesci a dire persino il mio nome.»

Quando pronuncia il mio nome, con quel tono che sa quasi di rimprovero, qualcosa inizia a smuoversi i miei ricordi. La guardo meglio sopraffatto. Quel modo di scandire il mio nome quando offesa o irritata, e finalmente un nome spunta dalla polvere del mio passato in un emozione dimenticata. «Nana? Han... Hanna Kang?»

Non può essere che dopo tanti anni, da Mangu-dong, io la ritrovi qui, a due passi dalla SM. Quanto tempo è passato? Undici, dodici anni da quel giorno? Dal giorno in cui sparii da un giorno con l'altro, senza dirle nemmeno addio?

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