33-SEHUN

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<<Non ho alcun diritto su di te. Questo arrogante pezzo di merda lo sa benissimo...>>, mi volto dandole le spalle, come se le sue parole mi avessero in qualche modo ferito, invece no. Niente può più ferirmi ormai. <<Che senso avrebbe cercare di convincerti, non è quello che sto tentando di fare, so bene che nessuno può farti cambiare idea, che se decidi qualcosa è quella e basta, credi che sia stupido oltre che arrogante?>> Mi avvicino al divano e mi lascio cadere indietro con gli occhi chiusi. <<Sei talmente accecata dalla rabbia e dai tuoi sentimenti che non hai capito il senso di una, una sola parola di ciò che ti ho detto. La cosa mi stupisce, di solito sei molto perspicace; non dico comprensiva e in fondo come potresti volermi comprendere, ma vedo che alla fine, a distanza di anni, non parliamo più la stessa lingua.>> I miei occhi continuano a restare chiusi ed esalo un sospiro che sa di rassegnazione. <<Pensi davvero di aver risolto con il tuo capo? Pensi davvero che, qualsiasi cosa tu gli abbia detto, cambierà davvero il suo comportamento?>> torno a guardarla, ora sembra così piccola ai miei occhi. <<Forse farà il bravo per qualche giorno, magari qualche settimana, poi tornerà alla carica. Addirittura, tenterà di farti cambiare idea su di lui, penserà che così ti concederai più facilmente.>> Sono tutti così in questo settore, i frustrati di merda che hanno una vita coniugale orribile e si buttano sulle assistenti. <<Tu non ti concederai, magari arriverai a dirgli o a fare qualcosa di particolarmente stupido, come schiacciargli un piede, dargli un calcio nelle palle, e ti licenzierà facendoti terra bruciata intorno.>> Un sorriso abbozzato mi dipinge le labbra. <<È così che fanno e per quanto tu sia una tipa cazzuta, capiterà anche te se non ti metti in salvo. Libera di credermi o meno.>> Alzo le mani in segno di resa. Poi le sue parole mi confondono di nuovo.

<<Dici che non hai intenzione di stare con me, che ti ho fatto troppo male, che non valgo la pena, eppure sei qui e ammetti di non saper starmi lontana. Onestamente ora sono io ad essere confuso.>>

Confuso, sì, ma le sue mani sul mio petto poi mi mettono di nuovo spalle al muro. Sciolgono i miei nervi, uccidono le mie insicurezze, fanno a pezzi il mio ego, ricuciono anni di ferite. È bello essere famoso, di successo, girare il mondo, ma quando non hai la persona che ami accanto con cui condividere tutto questo ogni cosa perde colore, valore, significato. Penso alle mie stesse parole e mi rendo conto che potrei sembrare un ipocrita, nonostante questo è la pura e semplice verità.

Torno a guardarla, anche se i suoi occhi lucidi continuano a farmi male. <<Non ti ho detto addio perché mi avrebbe fatto troppo male. Non ti ho detto addio perché guardare le tue lacrime mi avrebbe spezzato in due e avrei finito col restare e non sarei stato in grado di aiutare la mia famiglia ad uscire dai debiti, non avrei potuto mandare mia sorella a studiare all'estero... ma dirti addio avrebbe equivalso a non allontanarmi più.>>

Ora sì, i miei occhi si inumidiscono. Mi son detto che non avrei più provato dolore, che non avrei più versato una lacrima e ora eccomi qui. Sto piangendo. <<Non mi sono mai chiesto se stessi male o bene, non volevo immaginarti triste, distrutta dal mio egoismo. Ho preferito passare gli anni pensando a te come una donna formata, soddisfatta, che era andata avanti benissimo senza di me. Che mi aveva dimenticato. Dopotutto essere dimenticato era ciò che meritavo.>>

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