18-HANNA

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Sentire la mano del signor Lee sulla schiena inizia a darmi fastidio. Anche perché la gente inizia a guardarci come se fossimo una coppia in fuga anziché essere qui per lavoro. La signorina che ci scorta, ogni tanto getta un'occhiataccia sia a me che a lui, e sospiro. Non vedo l'ora di sedermi, possibilmente più lontana che posso da lui.

Appena la ragazza apre le porte della sala riunioni, il mio capo entra per primo con la sua solita galanteria raggiungendo subito i presenti, dando mano a destra e a manca. Appena però entro anche io, il cuore mi si blocca in petto.

"Sehun!" I nostri occhi si incontrano e le sue labbra dicono il mio nome.

Ferma sulla soglia non so che fare, come muovermi, rivederlo senza mai essermelo tolto dalla testa mi fa battere così tanto il cuore che non so gestire le mie emozioni.

Il signor Lee mi richiama per presentarmi e quando con imbarazzo arrivo di fronte a lui, tendo la mano e lo fisso.

<< Piacere di conoscerla, mi chiamo Hanna Kang!>> Dico prima che lui possa aprire bocca. Non voglio che le persone intorno sappiano che ci conosciamo, mi sentirei ulteriormente in imbarazzo.

Lo vedo sorpreso e allora distolgo lo sguardo allontanando la mia mano dalla sua stretta che mi fa tremare. Il signor Lee possessivamente mi prende per un fianco e mi allontana da lui e dall'uomo che gli è accanto, il suo manager, e le loro parole mi arrivano ovattate.

E se prima il suo tocco mi dava fastidio improvvisamente diventa un rifugio. Non mi importa più cosa pensa la gente, vorrei solo non essere mai venuta qui.

Perché il destino sta giocando con la mia vita? Perché non posso semplicemente dimenticarlo?

Quando ci fanno accomodare, la mia sedia è proprio davanti a quella di Sehun e accanto al mio capo, che appoggia nuovamente la mano vicino a me, sullo schienale.

Incontro i suoi occhi e la mia espressione spero che non dica mai quello che penso, quello che sento. Ho le mani sudate e la gola secca. Ascolto il signor Lee decantare le lodi della nostra agenzia e iniziare a spiegare i termini contrattuali al manager, e io abbasso lo sguardo sui documenti nel tentativo di seguire ciò che dice, con pochi risultati.

Poco dopo arrivano anche le ultime persone che dovevano raggiungerci e la riunione diventa una lenta agonia. Cerco di fare finta di nulla, di non guardarlo per nulla e cerco di incontrare poco i suoi occhi che invece mi scrutano come hanno fatto sempre.

Quando ci spostiamo in veranda per pranzare, ho lo stomaco chiuso e le sedie sono troppo vicine fra esse. Il mio capo inizia di nuovo ad essere possessivo, così prendo il mio bicchiere di vino e scusandomi, mi alzo e mi avvicino al parapetto per guardare il panorama.

Ho bisogno di aria... Chiudo gli occhi nel vedere in lontananza il mare e bevo un sorso di vino.

Essere qui, al mare, con lui... che destino è? Come dovrei comportarmi? Devo solo essere professionale e far finta di nulla, posso farcela... mi dico convinta...

Fino a che non vedo che anche lui si alza.


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