𝑴𝒂𝒍𝒆𝒅𝒆𝒕𝒕𝒐 𝒕𝒂𝒓𝒍𝒐

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Mangiamo insieme una torta in un bistrot,poi raccontami i tuoi dolori

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Mangiamo insieme una torta in un bistrot,
poi raccontami i tuoi dolori.
Non posso allievarli, ma poggiali sul tavolo,
dividiamone almeno il peso.
-Anonimo

☀️

«Ribadisco che questa è una pessima idea» si lamenta Jeremiah.

«Sì, non fai che dire altro da quando siamo partiti: credo di averlo capito.»

«E allora perché non hai ancora fatto retromarcia?»

«Perché voglio sapere che cosa mi nasconde mia sorella» gli rispondo, stringendo le dita attorno al volante.

«Credo non ti sia chiara la parte dove ci ha ribadito più e più volte di farci gli affari nostri.»

«Sì che mi è chiara Jeremiah...» sbuffo.

«Non mi sembra» mi interrompe lui ma scelgo di ignorarlo: «...è proprio per questo che la stiamo controllando.»

«E io che pensavo che a quello ci pensasse già vostra madre» si porta la mano sulla fronte, in un gesto teatrale.

Gli dedico un'occhiataccia truce che, tuttavia, non lo intimorisce per niente; se mai, lo fa sorridere. È stato più forte di me: quando mia sorella si è messa a fare la misteriosa, quando ha ammesso di avere dei segreti con me, quando ci ha imposto di non ficcare il naso in cose che non ci riguardano, qualcosa dentro di me si è mosso, come un tarlo che mangia il legno. Ho cercato di resistere, di convincermi che, beh, non fosse giusto invadere la sua privacy, eppure, a quanto pare, non sono stato sufficientemente suadente. Non so se sia semplice curiosità, istinto fraterno o qualcos'altro; quel che so è che, grazie a quel maledettissimo tarlo, ora mi ritrovo seduto nell'auto con la quale sto seguendo mia sorella, e accanto a me, per non farci mancare nulla, il mio migliore amico. Jeremiah, fin da subito, mi ha espresso la sua disapprovazione in tutti i modi possibili ma, dopo diversi tentativi e anche un po' a tradimento, devo ammetterlo, sono riuscito a persuadere anche lui.

«Comunque, per la cronaca, questo si chiama pedinare non controllare» puntualizza Jeremiah, infilando ulteriormente il dito nella piaga.

«Sì ma il concetto è il medesimo.»

«Quindi usi la parola "controllare" per cercare di redimere i sensi di colpa che iniziano a farsi sentire?» continua imperterrito.

«Se vuoi, puoi pensarla anche in questo modo» lo accontento.

«Almeno, se proprio dobbiamo portare a termine questa missione di spionaggio, stalle più distante o si accorgerà che siamo noi che la stiamo seguendo.»

«Perché, secondo te si è accorta che qualcuno la sta seguendo?» chiedo mentre attuo il suo consiglio, rallentando per far aumentare la distanza.

«Non è stupida e poi, da quel che mi sembra di vedere, questa strada è deserta per la maggior parte della giornata: sarebbe strano se non se ne fosse accorta» mi fa notare.

La principessa TatianaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora