Alys
Campus estivo – Los Angeles
16 anni e mezzo
Ho baciato Elyas.
Il mio EiGi, nel mio letto.
E sotto la doccia.
Stanotte.
E avrei voluto fare cose indecenti, le stesse che mi disgustano da tutta la vita. Ma con lui è stato diverso, mi è piaciuto.
La sua lingua calda e le sue forti mani tratteggiavano le curve del mio corpo come se non avessero bisogno di altro.
Come se stessero percorrendo qualcosa di familiare. Sapevano cosa fare e come muoversi.
Elyas non ne aveva abbastanza di me, e io non ne avevo di lui.
Ho ancora il suo sapore sulla pelle, la sensazione del suo corpo schiacciato sul mio.
Sono guarita? Non sono più rotta?
No, non sono rotta. Funziono bene solo con il ragazzo giusto.
Con le mani giuste.
Con le labbra giuste.
È riuscito ad allontanarmi dagli incubi che mi porto dietro da anni, e adesso che si è fatto giorno, e lui è sdraiato al mio fianco, vorrei scappare di nuovo.
Sì, perché mi torna in mente il tradimento, la pugnalata che gli ho dato alle spalle mentre lui è così sincero e schietto con me che quasi mi sembra impossibile sia un ragazzo vero.
Il ragazzino che mi ha salvato a scuola è il mio amico virtuale. Lo stesso con il quale ho parlato per due anni confidandogli metà della mia vita. Quella normale, quella poco contaminata.
Mi sento un verme, uno di quelli schifosi e viscidi che si infilano sotto la pelle passando attraverso le unghie, e che fanno in modo di nascondersi bene per poi uscire allo scoperto quando pensi di essertene liberata. Non riesco a guardarmi allo specchio senza sentire il disgusto strisciare sotto la carne, come una presenza che non posso scacciare.
Dovrei raccontargli la verità, dirgli che sono stata io a trascinarlo qui e di stare attento. Ma sono troppo codarda per farlo e preferisco vedermela da sola. È più facile così. Non dovere spiegare, non dovere giustificare le mie azioni. Eppure, un angolo del mio cuore urla, ma la paura mi stringe, impedendomi di fare il passo giusto.
Forse Rick potrà aiutarmi. Lui conosce la mia storia e sa cosa ho fatto. Sa quanto sono capace di fare per nascondere la verità.
Elyas si muove e io chiudo gli occhi perché non voglio che mi trovi sveglia. Non posso affrontarlo. Finché non risolverò questa faccenda non lo farò avvicinare a me. Non voglio che veda la parte di me che non ha ancora conosciuto, quella che mi fa sentire inferiore, sporca.
«Buenos dias, princesa» preme le sue labbra calde sulla mia fronte e va via senza rendersi conto che il mio respiro è cambiato mentre mi baciava.
Non appena resto da sola nel letto, mi alzo e mi infilo di nuovo sotto la doccia con riluttanza, l’idea di togliermi il suo profumo di dosso mi fa male al cuore. È assurdo come una sola notte possa segnarmi tanto. Come ogni parte di me si senta in attesa, come se avessi bisogno di una conferma, di un segno che tutto questo non sia solo una bugia che sto vivendo.
Quand’è che riuscirò a sentire di nuovo la sua bocca sulla mia? Forse mai, perché appena scoprirà chi c’è dietro la sua AiKo, non vorrà più vedermi.
Mi piaci da morire, princesa.
Le sue parole mi risuonano in testa, quasi fossi incapace di scacciarle. Sfioro con le dita il labbro inferiore mentre l’acqua tiepida mi cade addosso provocandomi un brivido sulla schiena. Riesco a sentire il battito del mio cuore accelerato ogni volta che chiudo gli occhi e penso al suo viso. Quella gentilezza che non merito, ma che bramo come se fosse l’unica cosa che mi resta.
Dimmi solo di sì, al resto ci penso io.
E ci ha pensato sul serio. È stato così intenso che mi manca il respiro al solo ricordare il contatto con la sua lingua. Avrei desiderato mi leccasse ovunque. La mente mi ha tradito. La pelle mi ha tradito. Ma il cuore, quello resta vuoto, perché non posso permettermi di volerlo davvero.
Mi do uno schiaffo mentale e rimetto il cervello in modalità nerd. Voglio scappare dal desiderio, nascondermi dietro la facciata che mi fa sentire sicura.
Mi asciugo di corsa, mi infilo la salopette e cambio le password di accesso alla mia camera inserendo almeno tre sistemi di sicurezza per non farli hackerare. Dovrebbero bastare per tenerlo lontano. Un altro strato di protezione, un altro muro. Ma non servirà, perché i veri pericoli sono dentro di me, non nelle cose che posso fare per proteggermi.
Prendo la tracolla con le cimici e le microcamere, qualche libro di informatica per il corso a cui sono costretta a partecipare ed esco dalla camera.
Mi sistemo gli occhiali sulla punta del naso e tiro un lungo sospiro.
Sono pronta a ignorarlo, a far finta di nulla e a dimenticarmi della scorsa notte. Ma so che non sarà mai così. Ogni passo che faccio è come se lui fosse lì, dietro ogni angolo.
Entro in aula quasi in punta dei piedi, cercando di non attirare l’attenzione, e mi siedo nel posto libero tra i primi banchi senza alzare nemmeno un po’ il mento, per evitare di vedere chi c’è intorno.
Sento i suoi occhi puntati sulla mia spina dorsale, un’energia intensa che mi percorre, e sono certa che stia per prendere fuoco da un momento all’altro.
Elyas riesce a bruciare tutte le cellule del mio corpo con la sua sola presenza. Come fa? Come può essere così potente senza neanche fare uno sforzo?
Respira, Alys. Respira.
Il professore fa il suo ingresso e finalmente la smetto di trattenere il respiro, ma il malessere mi rimane addosso. L’aria che mi circonda sembra diventare densa, come se non riuscissi a respirare bene.
Ha già provato a chiamarmi tre volte con quel suo accento messicano, ma io ho fatto finta di non sentire. Forse si starà chiedendo cosa mi stia passando per la testa, ma la verità è che non me ne importa.
Si stuferà del mostriciattolo che tutto il campus schifa.
Mi manca il fiato, come se avessi corso per dieci miglia senza mai fermarmi. Ogni battito del cuore è un urlo silenzioso nel mio petto.
La voce del professore mi arriva ovattata, lontana. Le sue parole sono aria fritta, insignificanti. Non mi stimolano, non mi toccano. Stare qui è del tutto inutile, una tortura senza senso.
Devo andarmene prima che finisca la lezione, prima che lui possa raggiungermi, prima che possa trovarmi e farmi impazzire con la sua presenza.
«Scusi, prof, ho bisogno di uscire. Non mi sento molto bene» mento, tossendo ripetutamente con una mano davanti alla bocca, cercando di sembrare convincente.
«Signorina Kovalenko, è già la seconda volta che se ne va durante una mia lezione. Partecipi ad altri corsi, se il mio l’annoia così tanto» il tono del professore è duro, e la sua minaccia di una nota di demerito fa solo aumentare il peso che sento dentro.
Sì, mi annoia da morire la sua lezione. Dovrei dirgli, ma non è per questo che me ne sto andando. Non sono qui per essere giudicata.
Annuisco e mi alzo, uscendo dall’aula senza voltarmi indietro, chiudendo la porta con decisione. Sfilo il cellulare dalla tasca, ignorando i dieci messaggi di Elyas che lampeggiano sullo schermo, e chiamo Rick.
«Ci vediamo tra cinque minuti al campetto da basket. Vieni da solo» dico, prima di mettere giù la chiamata con rapidità, e mi dirigo verso il cortile. Cammino veloce, perché non voglio che Elyas possa vedermi o seguirmi. La sensazione che lui possa essere alle mie calcagna mi fa quasi scoppiare il cuore.
Arrivata al campo, trovo già Rick che mi scruta da capo a piedi, e per un istante mi fermo, cercando di leggere i suoi occhi.
«Devi aiutarmi a trovarli, Rick. Hai parlato con Sascia?»
Si avvicina con la sveltezza di un felino, e mi tocca il viso, voltandomi prima a destra e poi a sinistra, come se stesse cercando di trovare qualche segno di dolore, di sofferenza che possa tradirmi.
Rick è spaventoso tanto quanto i miei fratelli. Alto, con spalle larghe, capelli scuri che ricadono sul viso e occhi blu intensi. Ha una mascella forte e cesellata, che gli conferisce un aspetto minaccioso. È un cazzo di sadico. Eppure, è con lui che mio fratello mi ha fatta addestrare. Sa tutto della mia storia, sa di quel ricatto che ancora mi perseguita. Lui è diverso da Artem. Più diretto, più crudele, ma sa come farmi sentire al sicuro.
«Sì, il video è sparito del tutto. Non c’è più traccia, quindi stai tranquilla», risponde Rick, facendo due tiri di spinello mentre si rilassa, sedendosi sulla panchina di ferro alle nostre spalle.
«Devo trovarli e dire tutto a Elyas, potrebbero fargli del male, Rick. Non ce la faccio a tenermi questa merda dentro, mi fa sentire uno schifo.» Lo raggiungo, sedendomi al suo fianco. In risposta, Rick mi posa un braccio attorno alle spalle e mi stringe, come se fosse l’unica cosa che potesse darmi un po’ di conforto.
«Smettila di farti questo problema. Quel messicano non è stupido, sa come difendersi.»
«Pensi che sappia di me? Mi tormenta per vendicarsi, vero?» Chino il capo, la vergogna mi schiaccia. La situazione in cui mi trovo mi sta soffocando.
«Alza la testa, bambina, o ti faccio ingoiare quelle cazzo di tastiere fluorescenti che hai in camera. Non ti abbiamo insegnato questo.»
«Non mi avete nemmeno insegnato a pugnalare le persone a cui voglio bene alle spalle», lo fisso negli occhi, che ora sono spalancati per lo stupore.
«Vedo che ti piace molto quel ragazzo, bene. Era ora che uscissi dalla tana. E comunque no, non credo che voglia vendicarsi di te. Sei la sua ossessione, Alys, non lo farebbe mai». Tira un lungo sospiro e fissa un punto lontano davanti a noi. «Riconosco gli occhi di un uomo ossessionato», dice, prima di fare un altro tiro di spinello. «Non dirgli nulla, bambina. Sono sicuro che già lo sa».
Forse Rick ha ragione. Elyas è sempre stato molto intelligente e mi conosce abbastanza da sapere quando mento. Non è un idiota.
Quando parlo con Rick, è come confrontarmi con Sascia. Spesso mi sento in colpa per escludere Artem da tutta questa faccenda, ma lo sto facendo per lui.
«D’accordo, adesso puoi darmi le mie pillole?» Allungo la mano con il palmo verso l’alto. Rick tira fuori dal taschino un barattolino di plastica arancione e me lo porge.
«Questo è l’ultimo, tuo fratello è stato chiaro e non ho intenzione di discutere con lui. Devi smetterla con questa merda». Lo tiene stretto tra le dita prima di mollare la presa. «Lo so, pensi che ti faccia stare meglio, ma ti assicuro che peggiorerà le cose se non decidi di affrontare il problema, e se continui in questo modo ti dovrò riportare nelle catacombe». La sua mano si ammorbidisce e mi lascia prendere il barattolo. «Solo che stavolta sarà peggio della prima», la sua voce minacciosa non ammette repliche, non mi resta che fare sì con la testa per farlo rilassare.
«Togli le mani di dosso dalla mia ragazza, Rick. O giuro che sarai tu la persona di cui dovrò vendicarmi». Un tono dall’accento messicano tuona alle nostre spalle. So benissimo a chi appartiene, e l’ultima parola che ha pronunciato scatena un brivido lungo la mia schiena. Rick si volta di scatto, e io gli stringo un braccio per tenerlo buono. So di cosa è capace.
I suoi muscoli si rilassano non appena gli tocco il bicipite, mentre gli occhi di Elyas sono fissi sulla mia mano. La tolgo come se mi fossi scottata, le gambe tremano.
Quanto avrà sentito? A giudicare dalla sua freddezza direi quasi tutto.
«Rilassati, non stiamo facendo nulla». Rick fa un tiro di spinello e riprende a parlare con un tono più distaccato. «Credo che il tuo ragazzo debba darsi una calmata, prima che la situazione ci sfugga di mano». Rick si rivolge a me con fare protettivo, poi si alza in piedi e cammina adagio, piazzandosi davanti a Elyas. «Li vedo bene, gli ingranaggi del tuo cervello che si muovono veloci. E se ti stai domandando se voglio scoparmi la tua ragazza, la risposta è sì».
Rick è fuori di testa, proprio come i miei fratelli. La sua indole provocatoria lo rende pericoloso. Non si sa mai come reagiranno gli altri, ma so bene cosa potrebbe fare lui se qualcuno non fosse alla sua altezza. Gli schiaccerebbe il cranio con un anfibio.
So bene perché lo sta facendo, ma non voglio dargli corda. Non voglio che Elyas pensi male di me, in nessun modo.
Elyas, in risposta, digrigna i denti e scatta in avanti per colpire Rick, ma lui lo blocca per un braccio, alzando la voce di un tono. «Io mi scoperei qualsiasi cosa, messicano, sono fatto così, sono un animale. Ma non toccherei mai la sorellina del mio miglior amico e dell’uomo che mi ha dato una vita, mio padre. Per cui, quando ti rivolgi a me, dosa bene le parole.»
Elyas rilassa i muscoli e smette di stare in guardia, come se quelle parole e lo sguardo di Rick fossero sufficienti a fargli capire quanto sia stato sincero. «E lei si merita di più di un animale,» conclude, dandogli una pacca sulla spalla, e poi gli sussurra qualcosa nell’orecchio. Elyas gli strizza l’occhio in risposta, come se non fosse successo nulla, e viene a sedersi accanto a me.
L’aria è elettrica, succede ogni volta che sono accanto a lui. Solo che adesso è incazzato con me, e questo mi rende nervosa.
Restiamo in silenzio per oltre un’ora, e nel frattempo ho strappato con le unghie l’orlo delle tasche della salopette, mentre lui si è acceso il terzo spinello. Indossa il solito smanicato di pelle e una maglia bianca aderente che mette in risalto i muscoli in tensione. Un paio di jeans strappati che scoprono parte della peluria gli fasciano le cosce.
A lui e ai suoi amici non è mai importato nulla di indossare la divisa del campus. Spesso lo faccio anche io, quella roba mi ricorda la scuola cattolica.
Non riesco a smettere di sbirciarlo con la coda dell’occhio, nonostante sento il suo sguardo che ha perforato ogni centimetro della mia pelle.
E mentre mi sfrego le mani sulle cosce, non faccio altro che chiedermi quanto abbia sentito della mia conversazione con Rick, e se è giusto tenergli nascosto questo segreto.
«Stai scappando ancora da me,» mi dice con voce fredda. «Pensavo di averti fatto capire che non serve a nulla.»
Chiudo gli occhi. Non voglio sentire il suo rimprovero, non riesco a guardarlo in faccia. Il suo profumo. Le sue mani.
«Guardami, princesa,» ordina deciso, scatenando un brivido fin sopra la punta dei capelli.
Quando vede che non mi volto, mi solleva il mento con un dito, costringendomi ad aprire gli occhi, e il suo sguardo mi gela all’istante.
«Dimmi per quale cazzo di motivo dovrei vendicarmi di te,» sbraita a un millimetro dalle mie labbra che mi tremano. I suoi bellissimi occhi verdi sono diventati nient’altro che due buchi neri.
Scuoto la testa senza fiatare.
«Non parli perché sai bene cosa succede se mi dici una bugia. Ma voglio la verità, Alys, ed è meglio che io la sappia da te, perché non sarò affatto delicato come ieri quando ti prenderò. Adesso parla!»
Odio vedere questa rabbia, e odio il fatto che sia stata io a provocarla. Elyas non merita le mie bugie e non merita il mio comportamento da vigliacca.
«Non parlarmi equivale a mentirmi, princesa,» le sue parole, profonde come se fosse pronto a profanarmi da un momento all’altro, fanno diventare il mio corpo incandescente. Mi alzo di scatto e scappo via, senza dare il tempo a Elyas di elaborare la mia reazione.
La risposta che mi rivolge fa eco da lontano: «Ci vediamo stasera, quando verrò a prendermi ciò che mi appartiene.»
Ma continuo a correre veloce, e quando raggiungo la mia camera, sono a corto di fiato. Sono al sicuro, lui non può entrare, ma devo andarmene dal campus. Restare qui equivale a impazzire.
Apro il barattolo delle pillole e ne ingoio quattro, insieme a un lungo sorso d’acqua. Aspetto che il battito cardiaco rallenti e crollo in un sonno profondo. Uno dove mi aspettano i mostri. Perché loro sono sempre lì. Non se ne vanno mai.
Quanto avrà sentito il nostro motociclista preferito?
Secondo voi conosce la verità?
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𝖂𝖊 𝕬𝖗𝖊 𝕮𝖍𝖆𝖔𝖘 - 𝕰𝖑𝖞𝖆𝖘 - 𝖛𝖔𝖑. 2
RomanceElyas Garcia De La Cruz è un giovane hacker messicano che fa parte del Mc Tijuana, uno dei club motociclistici più famosi del nord del Messico e del sud della California. È ossessionato da Alys Kovalenko, una nerd come lui, diventando con il tempo...
