Capitolo 26

259 21 1
                                        

ELYAS

Oggi



Mi sveglio da un sonno profondo. Non dormivo così bene da anni. Il profumo di Alys mi avvolge, ma un magone improvviso mi attanaglia lo stomaco.

Allungo un braccio per tirarla a me, ma la mia mano sbatte sul materasso vuoto. Apro le palpebre e scruto la stanza. I suoi occhiali non sono sul comodino. Forse è giù in cucina a fare colazione, ma quando guardo fuori dalla finestra, vedo che è ancora notte fonda.

Rotolo giù dal letto, mi infilo la tuta e le scarpe, e scendo al piano inferiore.

Alys non c’è, non la trovo da nessuna parte. Il magone nella mia pancia si fa più intenso, come una lama che mi perfora le viscere.

Torno di sopra e spalanco con violenza la porta della camera di mia sorella. Lei e il suo ragazzo sobbalzano e in un lampo, sono già sugli attenti.

«Alys è sparita» esordisco.

«Che cazzo dici?» Artem si alza di scatto mentre le faccio l’ennesima telefonata.

Spento.

Devo hackerarle il cellulare e cercare la sua posizione.

Torno in camera e frugo tra i cassetti, cercando qualsiasi cazzo di indizio. Il programma di hackeraggio fa il suo lavoro, mentre io sono a corto di fiato e con il nervoso alle stelle, so per certo che è successo qualcosa.

Che cazzo hai combinato, princesa?

Artem piomba alle mie spalle con Sascia e Rick in videochiamata.

«È andata a villa Gambino per liberare le ragazze» tuona Sascia, e io cerco di mettere a fuoco le sue parole nella mia testa.

Durante l’addestramento, Sascia mi ha raccontato il motivo per cui Alys ha accettato la proposta di Vittorio Gambino e della sua ostinazione nel voler salvare le sue amiche di scuola, senza curarsi che dietro tutto questo ci sia la fottuta mafia.

Getto i cuscini dall’altra parte della stanza, sollevo il materasso e prendo a pugni il muro.

«Calmati, cariño» la voce di Bea rimbomba ovattata nella mia testa.

«No, guapa, on chiedermi di farlo. L’ultima volta avevano preso te e sai bene come è finita. Non posso permettere che accada di nuovo! Cazzo!» strillo in preda al panico, mentre Artem mi afferra da dietro immobilizzandomi.

«Lasciami!» urlo, la gola in fiamme.

«Non succederà» borbotta sulla mia spalla. «Riacquista la lucidità e andiamo a cercarla. Sascia e Rick si stanno già dirigendo verso la villa.»

Annuisco appena e mio cognato allenta la presa. Continuo a cercare indizi in camera senza sosta, mentre il programma non riesce a rivelare la posizione esatta di Alys. Sto per impazzire.

Poi il mio sguardo si posa sul comodino dove un post-it che non avevo notato balza ai miei occhi.

“Perdonami, amore mio, ma dovevo fare questa cosa da sola. Spero di tornare presto da te. Nel frattempo, apri la scatolina di metallo dentro l’armadio, in basso a destra. Spero non serva, ma in caso di emergenza sai cosa fare.”

Accartoccio il foglietto nel palmo della mano e lo lancio via. Poi vado verso l’armadio. Mi chino, apro la scatola di metallo e tiro fuori gli auricolari e un sistema di rilevamento GPS collegato al suo bracciale.

Mi infilo l’auricolare e provo ad azionarlo con il dispositivo di localizzazione.

Niente.


«Princesa, mi senti?» Provo a parlare, ma un suono muto mi stringe un nodo in gola. Ho il cervello in subbuglio e una valanga di emozioni contrastanti mi annebbia la vista.

«Alzati e smettila di rimuginare sul passato, non accadrà di nuovo. Muovi il culo e andiamo a cercare mia sorella» sbraita il piccolo lord, afferrandomi per un braccio. «E tu resti qui, non provare a seguirci» dice a mia sorella. Lei non controbatte ma il suo sguardo si perde nel vuoto.
«Tenetemi aggiornata» mormora Bea, chinando la testa. Il riflesso nei suoi occhi neri si spegne.

«Non ti azzardare nemmeno a pensarlo, guapa» la stringo in un abbraccio e le bacio i capelli donandole conforto per qualche secondo, poi faccio un cenno a mio cognato e ce ne andiamo.

So cosa sta pensando mia sorella, perché le nostre paure coincidono. Quel giorno non ce lo toglieremo mai dalla testa.

Appena ho aperto gli occhi e non ho trovato la mia donna accanto, ho capito subito che qualcosa non andava. La sensazione di bruciore nella pancia, quella che mi avverte ogni volta che sta per succedere qualcosa di brutto, non mi abbandona mai.
Ho passato una vita intera a guardarmi le spalle, pronto al peggio. Ma nulla mi avrebbe mai preparato a quello che è successo nel bosco del campus.

Gli incubi non mi lasciano in pace, ma ho imparato a soffocarli con la smania di vendetta e ora non so cosa pensare.

Non voglio farlo. Perché se penso al peggio, non ragiono. E se non ragiono, non trovo Alys.

No, non accadrà ancora. Arriverò prima di quel pezzo di merda di Vittorio Gambino, e dovrà pregare il suo dio di essere già morto.
Gli uomini di Sascia non hanno mai smesso di sorvegliare la nostra casa, eppure non sono stati abbastanza bravi da impedire ad Alys di svanire nel nulla.

Salgo sull’Harley, scrocchio il collo e mi lego i capelli, poi mi rendo conto di aver dimenticato qualcosa.

Qualcosa che non può aspettare.

Torno in casa, salgo i gradini due a due e recupero gli oggetti che sono diventati un’ossessione nella mia testa. Torno in sella alla moto, con la convinzione che presto stringerò Alys tra le mie braccia.

Mi infilo il casco, ingrano la marcia e faccio ruggire il motore, poi parto senza voltarmi indietro.

Seguo Artem, che guida il suo Kawasaki, in direzione di villa Gambino. Dista circa quindici miglia da qui e non è una zona che ho mai frequentato. Con la mafia italiana non abbiamo mai avuto nulla a che fare.

Con il club, ci siamo sempre tenuti lontani da quei pezzi di merda.

Uno stridio nell’orecchio mi fa sussultare. Istintivamente, freno di colpo e accosto.

Alys si è collegata.

«Dove cazzo stai, princesa?» Sbotto incazzato, ma dentro di me si agita un vortice di ansia feroce. Il sangue mi pulsa nelle tempie mentre stringo il manubrio con tanta forza da far sbiancare le nocche. Artem ritorna indietro, i suoi occhi bruciano della mia stessa furia mentre si affianca a me.
Alys borbotta qualcosa, ma non sta parlando con me. Il mio stomaco si chiude in una morsa letale quando capisco con chi cazzo sta parlando.

«Dannazione, ti ha preso quello stronzo. Se osa torcerti anche solo un capello lo crocifiggo in quella merdosa chiesa.»

La mia voce è veleno, il mio respiro un rogo che mi brucia i polmoni. Lancio uno sguardo a mio cognato, il suo volto è una maschera di puro odio.
Mi sfilo il casco con un gesto nervoso e mi asciugo il sudore con il palmo della mano. Ogni fibra del mio essere urla di rabbia.
«L’ha presa Vittorio Gambino, sono nella chiesa della loro vecchia scuola.»

«Cazzo» sibila Artem, le sue mani si chiudono in due pugni minacciosi. «Lo ucciderò e darò fuoco a tutta quella fottuta mafia. Avverto Sascia che stiamo andando lì.»

Annuisco e mi rimetto il casco con un gesto secco. Le gambe mi tremano, un fremito incontrollabile mi attraversa il corpo mentre le mie mani cercano disperatamente di restare ferme sul manubrio.

Mentre sfreccio sulla statale a velocità folle, sento il sussurro strisciante di quell’idiota di Vittorio infilarsi nella mia testa come una lama arrugginita.
“Oh, stramba. Non lo avevi capito? Ti ho preso quella notte per primo e sarò anche l’ultimo a godere della tua dolce fica.”

Un gelo mortale mi trapassa. Cosa cazzo ha appena detto?
Il tipo che ha stuprato la mia ragazza a soli dodici anni con la maschera da lupo… era lui?

Il mondo si sfalda attorno a me. Il rombo della moto diventa un ruggito primordiale, la mia stessa esistenza si riduce a un unico pensiero.
Oh, stasera sì che mi divertirò. Su quell’altare. Con quel bastardo. Mentre triterò ogni singola parte del suo sudicio corpo che ha osato toccare la mia princesa.
«Col cazzo» borbotto dentro il casco, mentre la vista inizia a riempirsi di tanti puntini neri.
Alys ansima, il suo respiro è un grido spezzato, un sussulto di puro terrore che mi lacera l’anima. Deve resistere. Se non riesce a liberarsi dai suoi incubi, non ce la farà mai, e io non lo permetterò.
Bisbiglia tra le lacrime, sfugge all’udito di Vittorio. Ma io la sento. Cristo, la sento fin dentro le ossa.

“Scusami se ci ho messo tanto” singhiozza.
La sua sofferenza non avrà il sopravvento.

«Smettila e reagisci!» grido attraverso il casco, il tono è un ordine, ma anche un grido di disperazione.

“Se non dovessi rivederti…”

«Non dire così! Oggi sarà la nostra giornata migliore, lo prometto. Ma devi lottare, princesa. Devi reagire!»

Sento il suo sospiro e il peso del suo dolore. Spero che stia trovando la forza di tornare a lottare.

Le braccia si fanno solide, il manubrio diventa una parte di me. Non esiste più nulla, solo la strada e il rombo della moto che taglia l’aria.
Sono certo di aver preso almeno tre multe da quando sono partito. Il pensiero di lei mi tormenta. Non mi interessa nulla, tanto ormai sono oltre ogni limite.
Quando arriviamo in una stradina asfaltata che costeggia l’oceano, la vista del mare mi lascia senza fiato, ma la mente è altrove. Ci arrampichiamo lungo una ripida salita che va verso la collina a ovest di San Diego, come se stessi cercando di salire a una vetta che so non mi darà pace.
Mi ricordo questo posto, ma è diverso ora. Forse era diverso anche allora, ma c’era la confusione dei ragazzini che riempiva ogni angolo. Ora, tutto è silenzioso, vuoto, quasi come se l’oceano stesso stesse nascondendo il dolore.
Eppure, è qui che ho conosciuto la mia Alys, ed è qui che tutto è cambiato.

Se solo avessi immaginato come sarebbe finita, avrei ucciso Vittorio in quel fottuto istante. Me l’aveva detto, me lo aveva detto chiaramente, e io avevo sottovalutato la situazione. Non dovevo aspettare. Dovevo ammazzarlo e seppellirlo, ma come sempre sono stato troppo lento a capire. E ora, sono qui.

Alys era solo un piccolo scricciolo dietro quegli occhiali, ma non aveva idea del potere che aveva su di me. Un potere che mi scuoteva dentro, che vibrava in ogni fibra del mio corpo. Mi dicevo che un giorno l’avrei rivista, ma ritrovarla così, in un mondo di hackeraggio? Era destino.

E così sono diventato il suo stalker, la sua ombra. Non potevo più allontanarmi. Alys era diventata il mio veleno. Quello che mi faceva sentire vivo, che leniva le ferite della mia anima e me le riapriva con un’intensità devastante.
Quei suoi occhi blu, che tornavano nei sogni ogni notte, sono la mia ossessione. Il corpo chiaro come la luna, che mi brucia ancora nel cuore. Senza di lei, non so nemmeno più respirare e non voglio nemmeno pensarci. Come abbiamo fatto a stare lontani tanto tempo? Non accadrà più.

Fermiamo le moto all’ingresso. Il suono delle ruote che si fermano è un rumore che sembra riempire il vuoto. Mi tolgo il casco e lo appendo al manubrio, mentre mi scuoto i capelli. Mi cadono sugli occhi, oscurando per un attimo la vista. Ma io vedo solo lei, il suo volto che non riesco a scrollarmi di dosso.

Il cancello del maniero è aperto. Una sola macchina all’ingresso, ferma, con il portabagagli ancora aperto. Non ho bisogno di conferme. È l’auto di Vittorio, e il pezzo di merda ha osato metterla lì dentro.

Alys non smette di mandarmi messaggi criptati. La sua voce tremante mi perfora e mi fa venire voglia di urlare. Non voglio sentirla così, odio sentire quel tremore nella sua voce. È come se tutto il suo passato stesse cercando di inghiottirla, e io sono lì a guardarla, impotente ma non lascerò che accada.

Dai suoi messaggi, riesco a ricostruire tutto. In chiesa ci sono lei, Vittorio Gambino, un prete, e una ragazza, una sconosciuta che sembra essere lì come testimone di nozze.
E sarà un ottimo testimone.
Sfoggio un sorriso diabolico, un ghigno che mi si stampa in faccia mentre mi chiudo la cerniera della giacca di pelle. Il cuore mi batte più forte. Non so se per la tensione o per l’adrenalina che mi scorre nelle vene, ma so che sto per entrare in un gioco troppo eccitante per tirarmi indietro.
«Resta qui e aspetta gli altri, entrate solo quando ve lo dico io.» Lancio un paio di auricolari a mio cognato. Saranno il nostro legame, il nostro unico punto di contatto in questo inferno. Io, Sascia e Rick saremo una cosa sola, e niente deve sfuggire.
«Non ti lascio da solo, c’è mia sorella lì dentro. Cazzo, Elyas!» sbraita Artem, la sua voce piena di preoccupazione e rabbia. Ma non può capire. Non può afferrare fino in fondo quanto tutto questo sia necessario.

«Alys è il mio tutto. Per favore, fidati di me. Entrate al mio segnale, non un secondo prima.» La mia voce è calma, ma carica di quella determinazione che solo un demone potrebbe portare.
Annuisce, timoroso, ma alla fine fa come gli dico. Mi osserva mentre mi allontano, e lo lascio lì insieme alle moto, fuori dal cancello. La sua esitazione è palese, ma deve fidarsi.
Il dispositivo sul mio telefono non rileva nessun segnale di sicurezza, la paura si fa strada dentro di me, ma non posso fermarmi ora. Procedo verso la chiesa, facendo attenzione a non far rumore.
Il fruscio delle foglie delle querce taglia l’aria silenziosa, il suono è un eco che si perde nel vuoto, mentre una folata di vento mi fa rabbrividire. È come se l’intero luogo volesse inghiottirmi, e ogni fibra del mio corpo si ribella.
Il disgusto che mi trasmette questo posto è insopportabile. Il mio stomaco si rivolta, la nausea mi prende, ma la rabbia è più forte.

Sto arrivando, princesa. Presto sarò con te.

Il nostro cuore palpita veloce insieme a quello di Elyas.

Cosa avrà in mente?

A me una mezza idea è venuta...

𝖂𝖊 𝕬𝖗𝖊 𝕮𝖍𝖆𝖔𝖘 - 𝕰𝖑𝖞𝖆𝖘 - 𝖛𝖔𝖑. 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora