Capitolo 27

256 21 2
                                        

ALYS

Oggi



La testa di Elyas fa capolino dalla porta della chiesa. Un fremito mi scuote il petto, un sospiro di sollievo si mescola al bruciore della pelle irritata dalle corde. Cerco di mettermi in piedi, strofino con forza le mani legate sulle ginocchia per riattivare la circolazione. Sapevo che mi avrebbe trovata e il solo vederlo mi fa tornare a reagire.

La corda che mi stringe i polsi è lunga abbastanza da concedermi un margine d’azione. L’ho allentata quel tanto che basta per muovermi, così mi avvicino alla ragazza con le lentiggini, posizionandomi dietro di lei mentre Vittorio si distrae per un attimo di troppo.

Sollevo le braccia con un movimento rapido e deciso, facendo passare la corda sopra la sua testa e stringo forte intorno al suo collo esile. La sento irrigidirsi contro di me, il suo respiro si strozza in un rantolo soffocato mentre le sue dita si artigliano disperatamente al cavo di juta. Si dimena, ma è troppo debole. Io, invece, sono più forte e riesco a tenerla ferma, a usarla come scudo.

«Non muoverti o l’ammazzo». La mia voce è glaciale. I miei occhi puntano dritti su Vittorio, che si ferma a pochi metri da noi con il prete al suo fianco.

Un ricordo lontano mi esplode nel cranio e mi artiglia le viscere quando lo riconosco. Anche lui è stato uno dei miei mostri. La bile mi risale in gola, bruciante, carica di rabbia e disgusto.

Vittorio ride, una risata disturbante mentre avanza di qualche passo. «Uccidila pure, stramba. Ti sposerò lo stesso».

Stringo di più la corda, indietreggio con la ragazza sempre più vicina al mio petto. Il suo respiro è spezzato, le sue unghie mi scavano la pelle nel disperato tentativo di allentare la presa. «T-ti prego, lasciami… sono come te», mormora in un sussurro disperato. La sua supplica rimbalza contro la mia breve indifferenza.

«No», ringhio contro Vittorio. «Lei è importante, eccome. Altrimenti non avrebbe quel tatuaggio sulle mani». Sorrido, sicura di me. L’ho notato subito, appena è entrata nella chiesa. Lo stemma di famiglia impresso sulla sua pelle. Un marchio, un sigillo d’appartenenza alla fottuta mafia italiana che infesta la California. I Colombo e i Gambino.

Vittorio fa un movimento fluido e controllato, si porta una mano dietro la schiena ed estrae una pistola. Il suo braccio si solleva, punta dritto nella nostra direzione e rimane fermo. Non crede che io la uccida. O, forse, non gli importa davvero, ma io non mi fido. Non mi lascerò ingannare dal suo bluff, ma non sono  nemmeno il tipo di persona che sacrifica una donna. Con molta probabilità anche lei è una vittima.

«Torna qui o l’ammazzo», ordina con la fronte aggrottata, ma il suo corpo si tende, la mascella si contrae. Un piccolo segno di nervosismo che io colgo al volo. Vuole farmi credere che di lei non gli importa niente, ma so che non è vero.

Questa ragazza uccisa sarebbe un problema per lui.

«Non penso che tu riesca a uccidere un membro della tua famiglia, Vittorio», scandisco le parole, calcando sulle sillabe. «Gli anziani te la farebbero pagare cara. Specialmente quando scopriranno quello che la tua famiglia fa alle loro spalle.»
Già, perché non è la mafia italiana a essere coinvolta nella vendita di minori. No. Sono i Gambino, e il padre di Vittorio è uno dei membri dell’Associazione.

La tensione si taglia con un coltello e il respiro di Vittorio si fa più pesante. I capelli neri gli si incollano alla fronte mentre la mano che stringe la pistola vibra appena.


«I miei fratelli ti uccideranno», sussurra la ragazza con voce spezzata.

Vittorio ridacchia. «Ai tuoi fratelli dirò che ti hanno uccisa i Kovalenko.» Un ghigno feroce gli deforma il viso. «Non conti niente nella nostra famiglia, Giulia. E mai conterai qualcosa. Sei sempre stata una pedina nelle nostre mani».

Giulia?

Il nome mi rimbomba nella testa e si aggroviglia ai miei pensieri. Giulia Colombo? La stessa per cui Rick si è fatto due mesi di carcere?
Prendo un appunto mentale per tornare sulla situazione più tardi e stringo la presa su Giulia cercando di mantenere la mente lucida.

Vittorio toglie la sicura dalla pistola, pronto a sparare. Un istante di vuoto e prima ancora che possa comprendere, un coltello si pianta con un rumore sordo nella sua mano. Il dolore gli fa spalancare la bocca in un gemito strozzato mentre la pistola gli sfugge, rimbalzando sul pavimento della chiesa con un suono metallico.

«Una volta ti dissi di lasciarla in pace.» La voce di Elyas riecheggia tra le pareti di pietra. È un tuono distante, freddo, letale. Avanza con passo misurato, lo sguardo incenerisce la distanza che ci separa. «Ma tu non mi hai dato ascolto.»

Vittorio prova a muovere la mano ferita, i muscoli della mascella contratti nello sforzo. Un altro coltello fende l’aria e si conficca nella sua spalla. Barcolla e un rantolo di dolore gli sfugge dalle labbra.

«Garcia…» ansima, tentando di sfilarsi la lama dalla carne.

Elyas schiocca la lingua, un cenno di disapprovazione mentre si liscia la barba corta con le dita. È glaciale. L’aria intorno a lui si carica di una tensione viscerale e la sua sola presenza mi fa battere il cuore fino a farmelo schizzare fuori dal petto.

Si avvicina senza distogliere lo sguardo, mi sfiora con un bacio leggero sui capelli. Poi, con una calma disarmante, scioglie i nodi che serrano i miei polsi. Il formicolio nelle mani mi fa stringere i denti, ma non mi concedo il lusso di distrarmi.

«Lega questa stronza su quella croce di legno.»

Il suo sguardo si posa su un crocefisso alto circa un metro e venti, alla mia destra. Il legno è grezzo, segnato dal tempo. Annuisco e trascino Giulia con me, ma lei continua a singhiozzare.

«Ti prego… io non sono come loro.» Gli occhi lucidi, il terrore che le deforma il volto, solo che non riesco a fidarmi di lei.

Ma su una cosa ha ragione, non è come loro. Se si tratta della Giulia di Rick, è anche peggio.

Elyas raggiunge Vittorio, che si contorce nel dolore. Senza esitare, afferra il coltello conficcato nella sua spalla e lo estrae con un movimento deciso. Il sangue sgorga, inzuppando la camicia bianca con un fiotto scuro.

Si china, lo fissa per un istante e poi gli sputa in faccia.

«Non ho pietà per chi si prende ciò che mi appartiene.» La sua voce è una lama affilata. Lo afferra per il colletto e lo costringe a rialzarsi con un movimento brutale.

Vittorio sogghigna, nonostante il dolore. Il suo sguardo è una provocazione velenosa. «Sono stato il primo a prendersela, messicano, e non sai quanto urlava quella puttana.»

Lo fa per ferirlo, per spezzarlo. Ma Elyas resta impassibile. La sua mano si chiude con una forza disumana attorno al colletto dell’uomo mentre lo trascina verso la colonna di marmo accanto all’altare.

Con gesti precisi, sfilando delle fascette di plastica dalla tasca, gli lega le mani dietro la colonna in una morsa serrata. Poi, senza preavviso, lo colpisce con una testata dritta sul naso. Un suono sordo, il rumore della cartilagine che cede. Segue un pugno diretto alla bocca e Vittorio sputa sangue.

«Era una ragazzina, lurido pezzo di merda. E adesso…» Elyas inclina il collo, osservandolo con attenzione glaciale. Il sorriso che gli sfugge è un presagio di morte. «Chiederai l’assoluzione dei tuoi peccati. Vero, padre?»

Alza la voce, e il prete alle sue spalle sobbalza. Prova a svignarsela, ma il suo passo incerto lo tradisce. Scatto verso di lui e il mio piede colpisce le sue caviglie con precisione, facendolo ruzzolare a terra.

Elyas mi raggiunge con uno sguardo che mi brucia la pelle, e senza dire una parola, si china su di me e mi bacia.

«Mi amor» inala il mio profumo, chiudendo le palpebre come se volesse imprigionarlo nei polmoni. Il suo respiro sfiora la mia pelle, caldo e denso di promesse oscure. Porta le labbra al mio orecchio, la sua voce è come una carezza ruvida.

«Se ti azzardi di nuovo a fare qualcosa senza di me, ti sculaccerò così tanto da farti cadere le chiappe.» Il tono con cui lo dice non è una semplice minaccia, è una dichiarazione di dominio. Sorrido, assaporando il fuoco che danza nei suoi occhi, e mi metto al suo fianco con una sicurezza ostentata.

«Attento, motociclista. Potrei farlo apposta.» Gli strizzo l’occhio con aria di sfida.

Elyas non risponde ma i suoi occhi si fanno di ghiaccio mentre si muove con la precisione di un predatore. Con un solo gesto, afferra la tonaca del prete, lo strattona senza alcuna grazia e lo trascina fino all’altare. Il suono dei suoi passi rimbomba nella navata della chiesa vuota, un’eco minaccioso che sembra voler soffocare il respiro del sacerdote. Con la stessa brutalità con cui ha trattato Vittorio, lo lega alla colonna di marmo opposta, costringendo entrambi a guardarsi.

Un’oscura soddisfazione mi si attorciglia dentro. Devono guardarsi. Devono sentire il terrore gocciolare sulla pelle, denso e ineluttabile.

Elyas torna da Vittorio e senza fretta, infila una mano nella tasca interna della giacca. Ne estrae un rotolo di nastro adesivo, ma ciò che mi fa sussultare è il piccolo oggetto che luccica tra le sue dita: l’anello di fidanzamento che Vittorio mi ha fatto recapitare tramite mio padre.

Il mio stomaco si chiude in una morsa. Come diavolo l’ha trovato? Lo avevo nascosto con cura, convinta di averlo sottratto al suo sguardo inquisitore. Sapevo che avrebbe dato di matto, ma avevo già deciso di liberarmene, stavo solo aspettato il momento giusto.
«Adesso» borbotta, la sua voce un ringhio basso mentre si china su Vittorio. «Ti infilerò in bocca questo merdoso anello che hai osato regalare alla mia ragazza, e lo ingoierai nel momento esatto in cui io ti ordinerò di farlo.»

La mano di Elyas si muove con una violenza chirurgica: gli spalanca la bocca e gli infila l’anello con una manata feroce. Vittorio si dimena, ma è inutile e un attimo dopo, il nastro adesivo sigilla le sue labbra, rendendo impossibile sia sputarlo che emettere un suono distinto. Solo rantoli soffocati si mescolano al silenzio della chiesa.

Gli occhi di Vittorio diventano rossi, un’ombra di panico si diffonde sulle sue iridi mentre il sudore inizia a imperlargli la fronte. Elyas non lo degna più di uno sguardo. Si volta, con quella sua calma predatoria, e inchioda il prete con gli occhi.

L’uomo impallidisce all’istante, il colorito del viso vira dal rosso acceso a un bianco cadaverico.

«Era uno di loro, vero?» La sua voce mi arriva come un colpo, dritta e implacabile.

Sento il nodo in gola sciogliersi in una singola lacrima. Scivola giù, fredda e lenta, tradendo ciò che vorrei nascondere. Elyas la cattura con il pollice, la osserva per un istante e poi mi bacia di nuovo.

Un bacio lungo e profondo, carico di veleno e promesse.

«Questa è la nostra serata, princesa, te l’ho promesso.» Il suo respiro sulle mie labbra è elettricità pura.

«Sono pronta.» Gli stringo le mani, sentendo dentro di me il battito di qualcosa di oscuro che lui ha risvegliato.

Elyas sogghigna, gli occhi brillanti di una luce pericolosa. «Beh, visto che a questi stronzi piace guardare e purificare le persone in onore di Dio, chi siamo noi per disobbedire a nostro Signore?»

“Messicano…” tuonano i miei fratelli attraverso l’auricolare.

«Non vi azzardate a entrare» risponde Elyas con lo sguardo di un felino puntato sulla mia faccia.

Si muove con una calma innaturale, studiandomi come una preda già intrappolata, il suo sguardo mi spoglia centimetro dopo centimetro mentre mi gira intorno, perlustrando ogni dettaglio del mio corpo. Il suono del suo respiro si mischia a quello della mia ansia crescente.

Poi è dietro di me. Le sue mani afferrano le mie e le costringono a stringere il marmo freddo dell’altare. Un brivido mi si arrampica lungo la spina dorsale mentre infila una mano nei miei leggings e la lascia scivolare attraverso il tessuto sottile degli slip. Le sue dita indugiano sulla mia fica, lente e spietate.

Il suo gemito caldo mi sfiora il collo. «Sempre così bagnata per me.»

Con la mano libera apre la zip della mia felpa, il suono del metallo che scorre nell’aria sembra rimbombare come un colpo di pistola. Mi palpeggia il seno, con movimenti lenti e sfacciati, poi affonda due dita dentro di me e inizia a muoverle con decisione.

«Elyas…» sospiro, mentre il mio corpo si tende contro di lui,ma lui non si ferma. Pompa con veemenza e una sicurezza feroce. Con uno scatto del ginocchio mi allarga le gambe e il mio respiro si spezza. Il suo tono si fa velenoso mentre sbraita: «È per questo che non sei mai stato il primo per lei, fottuto italiano» sputa le parole come un colpo d’arma da fuoco verso Vittorio. «Questa fica ha sempre voluto me.»

Mi penetra con un terzo dito e il mondo si inclina. Le gambe mi si fanno di gelatina, mentre l’orgasmo mi monta nel ventre come un’onda nera, devastante. Stringo le mani sul marmo, le unghie quasi lo scalfiscono. Il piacere mi azzanna, pronto a trascinarmi giù.

Poi Elyas mi lascia il seno. Sento il movimento, la tensione nei suoi muscoli. Con la coda dell’occhio lo vedo infilare la mano in tasca, e quando la riporta sulla mia, ancora serrata ai bordi dell’altare, qualcosa di freddo mi scivola nell’anulare sinistro.

Un anello.

Le sue labbra sfiorano l’incavo del mio collo. «Adesso viene il bello della serata.»

Il tempo si ferma. Un brivido violento mi si arrampica nelle ossa, fino a sentirmi spappolata dall’interno. Un cazzo di brillante mi luccica sul dito e il mio petto si contrae. Le lacrime mi velano gli occhi, non può essere vero.

«Prete, fai quello per cui sei venuto. Celebra il matrimonio.»

«C-cosa?»

Elyas ride. La sua mano mi abbandona, poi si porta le dita che stavano nella mia fica alla bocca e se le pulisce con la lingua, senza smettere di guardarmi. I miei occhi incrociano i suoi.

«Che c’è? Visto che ci siamo, ti lego a me per sempre.» Mi strizza l’occhio e prende la mia mano con il diamante portandosela alle labbra.

I miei fratelli lo uccideranno per questo.

«Ti ho detto di iniziare la funzione!» La sua voce rimbomba nella chiesa con un ordine insindacabile. Il parroco trasalisce, visibilmente terrorizzato, ma con riluttanza inizia a celebrare il rito.

«N-nel nome del p-padre…»

«E bla bla bla bla…» Elyas gli va incontro e gli molla un manrovescio che riecheggia come un colpo secco nella navata. «Arriva al dunque, prete» gli sputa in faccia, poi torna da me.

Il sacerdote deglutisce, si stringe le mani tremanti, e riprende con la voce spezzata dalla paura.

«Vuoi tu…»

«Elyas Garcia De La Cruz» suggerisce il mio ragazzo, con la sua solita strafottenza. Il suo sguardo è solo per me, come se in questa chiesa non esistesse nient’altro.

È così bello che potrei morire oggi stesso tra le sue braccia e sarei felice solo per averlo avuto anche per un istante.

«Vuoi tu Elyas Garcia De La Cruz accogliere come tua sposa Alys Kovalenko, promettendole di esserle fedele sempre, nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, e di amarla e onorarla tutti i giorni della tua vita?»

«Lo voglio. Cazzo, se lo voglio.»

“Stai sposando nostra sorella senza di noi, messicano, all’interno di una merdosa chiesa.” Sascia è fuori di sé. Io invece rido, mentre il cuore mi esplode nel petto.

Sono così emozionata che sopporterei la loro furia per il resto della mia stupida esistenza.

«Vi conviene rimanere fuori, lo dico per voi» bofonchia Elyas, senza distogliere gli occhi dai miei.

«E tu, Alys Kovalenko, vuoi accogliere come tuo sposo Elyas Garcia De La Cruz, promettendogli di essergli fedele sempre, nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, e di amarlo e onorarlo tutti i giorni della tua vita?»

La mia risata si spezza in un gemito d’emozione. Le mie mani scattano attorno al suo collo, il mio corpo si incolla al suo.

«Porca puttana, sì e sì e mille volte sì!»

Lo bacio con tutta la forza che ho nel petto, e lui mi afferra per i fianchi, sollevandomi con una facilità disarmante. Mi distende sul marmo dell’altare, con un sorriso predatorio. Poi afferra un enorme crocefisso di legno. Lo capovolge e lo incastra nel candelabro sopra di noi.

Con un salto, si arrampica sopra di me.

«Dì l’ultima frase, prete!» ordina, la voce un ruggito.

Il sacerdote è bianco come un cadavere.

«Vi dichiaro marito e moglie. P-puoi baciare la sposa.»















Pronte per fare un altro giro sulle montagne russe?

Il nostro Elyas in questo momento è decisamente blasfemo, 

ma come poterlo giudicare dopo tutto quello che ha passato la

sua novella sposa?

Un grande applauso al nostro motociclista preferito e alla 

piccola Alys che ha fatto questo acchiappo.

𝖂𝖊 𝕬𝖗𝖊 𝕮𝖍𝖆𝖔𝖘 - 𝕰𝖑𝖞𝖆𝖘 - 𝖛𝖔𝖑. 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora