Attenzione perché in questo capitolo la nostra piccola Alys
porterà a galla uno dei suoi più brutti ricordi.
ALYS
Oggi
Il formicolio mi assale le mani e le gambe, un’ondata di spilli sottopelle che mi fa stringere i denti. La testa pulsa, un dolore sordo e martellante che si propaga fino alla gola, dove un sapore acre di vomito minaccia di salire. Le corde vocali mi bruciano, come se avessi urlato per ore.
Con uno sforzo, apro le palpebre. La vista è sfocata, la mente ancora impigliata nel torpore di ciò che è successo, poi il ricordo esplode nella mia testa.
Cazzo.
Un’imprecazione mi sfugge dalle labbra secche. Vittorio Gambino mi ha trovata, e ora chissà dove mi sta portando.
Il cigolio delle ruote sull’asfalto e la rigidità del mio corpo disteso mi danno la conferma che sono nel bagagliaio di un’auto, legata come un salame. Il terrore mi morde il petto. Maledizione, spero solo che le ragazze siano riuscite a raggiungere il furgone nero.
Sbatto i pugni contro il retro del sedile posteriore, il panico che mi spinge a lottare anche se le corde scavano nella pelle mentre una voce gelida spezza il rumore sordo dei colpi.
«Sei sveglia, stramba?» Il suono della sua voce è ancora più odioso di quanto ricordassi.
«Vaffanculo!» strillo, sfidando il dolore in gola. La tosse mi squassa il petto, ogni colpo è un ago infilato nella lingua. Qualcosa mi scorre nelle vene, una sostanza che mi annebbia i sensi. Non voglio sapere cos’è, se inizio a pensarci, impazzisco.
Anni fa ho smesso con le pillole per l’ansia. Da allora, ho fatto attenzione a qualsiasi farmaco. La paura di ricadere in quel tunnel mi fa venire i brividi, e Sascia ha sempre tenuto sotto controllo il mio sangue con analisi costanti.
«Attenta a come parli, stai per diventare mia moglie.»
Una risata profonda rimbomba nell’abitacolo. Provo ad allentare le corde ma le dita si muovono a fatica. Poi un’improvvisa frenata mi fa ruzzolare nel bagagliaio, la testa sbatte contro il metallo con un colpo sordo e un fiotto di dolore mi esplode nel cranio. Stringo gli occhi e respiro a fondo cercando di non perdere il controllo.
Il bagagliaio si spalanca con un cigolio. La luce mi ferisce le pupille, e la sagoma di Vittorio si staglia contro un cielo cupo.
Respira, piccola. Pensa. Il tuo cervello ingegnoso trova sempre una soluzione.
Le parole di Sascia durante l’addestramento riecheggiano nella mia mente come un mantra che devo rendere realtà.
Vittorio mi afferra per il colletto della felpa e mi tira fuori con una facilità inquietante. Una lama scintilla per un istante prima di recidere le corde alle caviglie. Le gambe mi crollano sotto, ma lui mi strattona in piedi.
Me lo ricordavo diverso, perlomeno nelle foto. L’ultima volta che l’ho visto dal vivo gli ho spaccato la testa e l’ho mandato in coma per un anno. Da allora, ci siamo parlati solo al telefono o attraverso mio padre. Adesso, di fronte a me, sembra ancora più alto di quanto immaginassi, almeno un metro e ottantacinque. I capelli neri sono rasati ai lati, con una doppia sfumatura netta. Un baffo scuro gli incornicia la bocca sottile. È magro, ma il completo elegante nasconde una muscolatura insidiosa e quando i suoi mocassini di camoscio si sporcano nel fango, non fa una piega. Come se nulla lo riguardasse davvero.
Mi spinge a camminare lungo un viale alberato. Le foglie umide scricchiolano sotto i piedi, e un brivido mi percorre la schiena quando realizzo dove siamo.
Ogni muscolo del mio corpo si tende, la nausea mi attanaglia lo stomaco e il bisogno di vomitare è imminente.
I ricordi esplodono come una raffica di proiettili nella mia mente. Il maniero, la nostra vecchia scuola, e accanto, la chiesa.
La cappella è circondata da impalcature di legno, in ristrutturazione, proprio come aveva accennato Vittorio in uno dei suoi messaggi squallidi. Il suo piano era chiaro fin dall’inizio, eppure ora che lo sto vivendo, la paura mi travolge.
Mi trascina dentro. Il portone si spalanca con un calcio, il crocifisso intagliato vibra per il colpo. L’aria è pregna di incenso, un odore così denso da pizzicarmi le narici.
I dipinti religiosi sulle pareti sembrano chiudersi su di me. Sono anneriti dalla fuliggine, e nonostante l’incenso, il tanfo di bruciato è ancora lì.
Questa chiesa non è solo il luogo di innumerevoli abusi su minori, è anche il posto dove è morto mio zio.
Vittorio mi scaraventa a terra. Rotolo sull’altare e il marmo freddo mi mozza il respiro.
«Che cosa ci facciamo qui?»
Un ghigno diabolico si affaccia sul suo volto. «Aspettiamo il prete e ci sposiamo.» Risponde secco, senza mezzi termini.
Le mie gambe tremano, e per una frazione di secondo smetto di pensare.
Non dice sul serio.
Non può farlo.
Stringo gli occhi mentre Vittorio si dirige verso il confessionale, alla ricerca di qualcosa. Approfitto dell’attimo di distrazione per azionare i miei dispositivi nelle orecchie con la parola chiave.
Spero che entrino in funzione e che il mio piano d’emergenza vada a buon fine.
Stupida Alys, non avevi previsto il livello di psicopatia di questo stronzo e ora eccoti qui.
“Dove cazzo sei, princesa?” La voce di Elyas rimbomba negli auricolari, alterata e carica di preoccupazione, ma non posso rispondere. Non voglio dare modo a Vittorio di capire quello che sto facendo.
«Perché vuoi farlo nella chiesa della nostra vecchia scuola?» Domando a Vittorio, sperando che Elyas possa interpretare i miei messaggi.
“Dannazione, ti ha preso quello stronzo. Se osa torcerti anche solo un capello lo crocifiggo in quella merdosa chiesa. Arriviamo!” La voce di Elyas è rotta, ed io mi maledico per non aver coinvolto nessuno della mia famiglia.
Avevo sottovalutato l’effetto di questo posto.
Vittorio indietreggia e si toglie i guanti neri di pelle. Alcuni tatuaggi, che riconosco fin troppo bene, adornano le sue dita.
Si volta verso di me, e sulla sua faccia appare una maschera di lupo.
«T-tu? S-sei stato tu?»
Mi sento intrappolata in un ammasso di filo spinato, mentre l’intermittenza dei miei ricordi, che pensavo di aver sepolto negli inferi, torna a galla.
Reprimo un singhiozzo e, con le mani ancora legate, le porto al collo per cercare di ingoiare la sensazione di morire di nuovo.
Chiudo gli occhi e torno a dodici anni.

STAI LEGGENDO
𝖂𝖊 𝕬𝖗𝖊 𝕮𝖍𝖆𝖔𝖘 - 𝕰𝖑𝖞𝖆𝖘 - 𝖛𝖔𝖑. 2
RomantizmElyas Garcia De La Cruz è un giovane hacker messicano che fa parte del Mc Tijuana, uno dei club motociclistici più famosi del nord del Messico e del sud della California. È ossessionato da Alys Kovalenko, una nerd come lui, diventando con il tempo...