Capitolo 42

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Con lo sguardo beffardo, Adhir pose un sacchetto sulla grande scrivania di Ridefort.

"Qualcuno si starà chiedendo perché non sono dove dovrei essere" pronunciò il templare con atteggiamento attento.

L'armeno sghignazzò. "Non preoccupatevi monaco. Nessuno se ne accorgerà."

Ridefort si stava incamminando fuori dal palazzo quando si era visto quel funereo individuo sbarrargli la strada con la spada puntata contro.

"Il mio signore vuole che tu dia questo alla donna danese" e gli indicò il sacchetto chiuso da un laccio.

Il templare si corrucciò. "Che cos'è?"

"Un ricordo" rispose Adhir rinfoderando la spada.

"Dì pure al tuo signore che le trattative fra noi possono considerarsi chiuse. Le montagne presto apparterranno al Saladino e ..." L'armeno gli fu addosso, afferrandolo per la clamide.

"Non sei nella posizione di trattare col mio principe, cristiano!" Brandì il pugnale e ne rivolse la punta alla gola del monaco."Tu devi solo dire alla donna che c'è un regalo per lei da parte del mio signore" serpeggiò, chinando il capo di lato e pensando a quanto sarebbe stato divertente tagliuzzare un uomo di fede con una croce rossa sul petto.

"Ridefort!"

De Melville apparve alla porta con Alexander. Adhir fece sparire prontamente il pugnale. Di seguito, una voce femminile dietro di loro si fece udire dal corridoio nel chiamare il templare a gran voce.

Cassandra giunse dietro ai due uomini, che le fecero spazio. Lei si bloccò alla vista di Adhir il quale, sbiancato in volto per l'arrivo non previsto della donna, indietreggiò incerto. Lei aggrottò la fronte. Quel volto adunco e magro le parve maledettamente familiare. Dove lo aveva visto?

Come scossa da un fulmine si ricordò, infine, di chi era lo scagnozzo. I suoi occhi divennero due fessure infuocate. Adhir si mosse verso la seconda uscita e lei scattò in avanti, scalzando ai lati i due inglesi per lanciarsi all'inseguimento dell'armeno.

"Corretegli dietro!" urlò il templare ai due uomini. Questi ultimi si guardarono per un istante. Perché prendersi la briga di cacciarsi in qualcosa che non riguardava loro? Istintivamente, però, si misero a correre dietro alla donna.

C'era un cavallo ad attendere l'armeno all'uscita della cittadella.

"Accidenti, quanto corrono!" si lamentò Alexander, tenendo il passo con l'amico.

Quando Cassandra scorse le scuderie alla sua destra, si portò due dita alle labbra. Neve corse fuori dalla stalla e oltrepassò un vicolo illuminato dalle torce. I due inglesi furono quasi travolti dal passaggio dell'animale spumeggiante e senza sella. Si arrestarono di colpo. Alla loro sinistra videro due cavalli ancora sellati. Subito dopo, si precipitarono a recuperarli.

Adhir aveva raggiunto, intanto, il suo cavallo, mentre Neve, accostandosi alla sua padrona, le permise di afferrarsi alla criniera per issarsi agilmente in groppa.

Fuggitivo e inseguitore corsero a spron battuto sulla terra arida. I fuochi della città si andavano allontanando e la luna teneva alto il chiarore sulla valle.

Il manto bianco di Neve splendeva nello sforzo che lo rendeva ancora più latteo nella corsa. Cassandra afferrò la sua stella, le cui lame saettarono fuori, e la lanciò. Il suo sibilo echeggiò nell'aria e raggiunse Adhir dalla distanza di venti metri, andandogli a recidere il lobo dell'orecchio destro.

L'armeno urlò, toccandosi l'arto ferito, mentre la stella tornava a posarsi sulla mano della principessa.

A un tratto, la luna si oscurò, non prima che nuvole nere scendessero rapide e dense a coprire la fuga di Adhir. Dall'altura di un piccolo promontorio roccioso una figura incappucciata sembrò apparire dal nulla.

CASSANDRA - La Leggenda del Custode - Vol.1  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora