Capitolo 24

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  Una freccia in legno di betulla fu adagiata sull'arco. La corda tese la verga, mente il riverbero del sole ne luccicava la punta di metallo in direzione del suo obiettivo.
La freccia scoccata vibrò nell'aria. Poco dopo, un falco urlò stridulo nel cielo colpito a un'ala.
Cassandra si precipitò a dare il colpo di grazia al malcapitato uccello. Rispettava i falchi ma in guerra si doveva accettare di tutto pur di non morire di fame.

  Torreggiò sul volatile e si piegò sulle ginocchia. Chiuse gli occhi e gli spezzò il collo, mettendo fine a quel stridulare che gli martellava nelle orecchie come arringa accusativa.

  I tre uomini col carretto giunsero al tramonto, caricando il bottino di caccia con aria sconcertata.

  "Non temete," li rassicurò lei "nelle mani di un ottimo cuoco saranno buonissimi." I loro sguardi, però, non mutarono nella convinzione.

  Quando giunsero al campo, i soldati accolsero la figlia del loro re con elogi ed entusiasmo. I loro volti da tanto tempo intristiti si illuminarono, mentre uno di loro, ridendo, prendeva qualcosa dal carretto e invece di storcere il naso pensava alle tante spezie che aveva conservato a lungo. Voltandosi, poi, verso un compagno gli sventolò una vipera morta sotto gli occhi.

  "Ehi, Vick! Questa te la cucino con la cannella, così passeranno tutti i tuoi mal di pancia e potremo dormire, finalmente!" Le risa che seguirono si trasformarono in schiamazzi e Cassandra riconobbe l'umorismo danese.
Bastava dare loro un po' di speranza e si ricaricavano come dardi sulle baliste.
Erano gli uomini coraggiosi e pieni di ardore che vantava la Danimarca.
Per suo padre anche i soldati erano cavalieri e tra di essi ne aveva nominati parecchi, distintisi per coraggio e umiltà. Adesso, doveva condurre quegli uomini alla vittoria e fare loro riacquistare l'attimo di sentirsi in pace col mondo, tendendo le mani favorevoli al destino che la polvere del deserto aveva sotterrato.

  Kellermann si avvicinò insieme ad altri due capitani. "Vincent e Simonsen, altezza" presentò. I due ufficiali, entrambi giovani, avevano l'aspetto di chi avesse raccolto i frutti dell'esperienza militare.
Rispose al saluto dei due uomini, che con aria timorata e seria si portarono la mano al petto e chinarono i busti in avanti.

  "Quando Kellermann ci ha annunciato la vostra presenza, gli uomini si sono messi a lustrare le loro lance quasi arrugginite e i cuochi hanno accesso i fuochi e raccolto l'acqua " esordì Vincent prendendo una coppa dalle mani di un inserviente per porgerla alla principessa. Lei la prese e se la accostò alle labbra, osservando i vessilli reali allargarsi al vento come aveva chiesto.

  Ampliò lo sguardo sui mille soldati che la guardavano con ammirazione e tristezza. Avevano perso il loro re e lei la conoscevano solo per le gesta compiute in una terra lontana che per anni l'avevano tenuta lontana da casa. La sua visione era sfuggita a quegli uomini cresciuti nelle battaglie e che da tanto non respiravano l'aria fresca delle fitte foreste.
Adesso, l'avevano davanti, bella come tutti avevano saputo che fosse dai racconti degli anziani, che la paragonavano a una valchiria.

  Molti di loro erano dimagriti e tra i più robusti, parecchi avevano perso i poderosi muscoli. Doveva condurre quei soldati a uno stato adeguato di combattimento. Sperò solo che il tempo non le venisse a mancare con i mori in agguato.

  "Re Waldemar ha sofferto quando è morto?" azzardò qualcuno, da anni troppo lontano da casa per ricordarsi delle buone maniere innanzi a un membro della famiglia reale. Kellermann lo stava richiamando ma lei lo fermò.

  "È morto da eroe!" Salì su un tronco e osservò il suo esercito. "Il capitano Kellermann vi avrà messo al corrente dei fatti accaduti nel nostro paese." Fece una pausa. "Con l'aiuto di Svezia e Norvegia abbiamo piegato gli armeni del principe Levon, ma egli non solo ha ucciso il nostro re" la frase le si stava strozzando in gola e deglutì con leggero affanno "ma dopo aver depredato il nostro regno, incendiato villaggi e ucciso molti innocenti, è riuscito a fuggire portando con sé il principe Eric. Io ..." lasciò la frase a metà scorgendo molti capi chini, mani che si coprivano gli occhi e volti tremanti di rabbia "... non so darvi notizie delle vostre famiglie." Scorse Kellermann serrare lo sguardo e osservare un compagno. "Le perdite sono  state tante." Respirò profondamente.

  Il dispiacere si leggeva chiaro sul suo volto e i suoi occhi si posarono sul sole arrossato che stava per scomparire oltre le dune. Quando tornò a guardare i suoi uomini si impose determinazione.
"Vorrei promettervi di riportarvi a casa sani e salvi e ritrovare i vostri cari. Non ho, però, il potere di esaudire tale promessa. C'è una cosa, tuttavia, che posso promettervi" parlò scendendo giù dal tronco e camminando tra i soldati.

  "Suderemo, uccideremo e saremo uccisi. Ci riprenderemo quell'onore che in tanti ci hanno privato. Ci guadagneremo il titolo di eroi, marciando sulle pietre dorate di Gerusalemme, e quando questa sarà salva, noi ritorneremo alle nostre case!"
Semplici parole che destarono sollievo agli uomini alti come colonne. Un sollievo che fece sparire loro le lacrime e annuire gioiosamente.

  Poco dopo, una voce che sembrava curarsi d'altro, si levò in fondo al carretto. "Vipere? Ah, conigli selvatici!" si rassicurò per poi soppesarne altri. "Falchi? Oh, buon Dio, pure i lucertoloni!" Tenendo la cacciagione a mezz'aria il giovane soldato si voltò sconcertato, notando che tutti gli occhi divertiti erano puntati su di lui.
"Dovremmo mangiare questa roba?"

  Un compagno ben robusto gli si affiancò, assestandogli una pacca sulla spalla che quasi lo fece ruzzolare nel carretto. "Sono ottime!" sogghignò questi agguantando una vipera e soppesandola. "Con le spezie giuste avrà un buon sapore!"

  Il soldato quasi svenne all'idea e le risa scoppiarono collettive, quando alcuni compagni scesero dalle rocce trionfanti con lo stesso bottino. Erano i migliori cacciatori del gruppo, scomparsi tutto il giorno. Quando seppero, da Kellermann, che cosa la marchesa avrebbe cacciato per loro, si diedero man forte contribuendo alla cena. Alla vista dello stesso buon risultato, il resto della truppa sorrise con sguardi ormai rassegnati.

  Quella sera i soldati danesi cenarono come non facevano da tempo e non importava cosa stessero mangiando. Nelle mani dei cuochi tutto era risultato squisito. Questi ultimi avevano avuto ragione. Con le spezie adatte tutto era commestibile, comprese le vipere.

  Passato il disgusto iniziale, Kellermann osservò una coscia di falco selvatico e immaginò che fosse quella ruspante di un pollo. Cassandra seduta al suo fianco faticò molto a trattenere un sorriso divertito.

  "Tutto sommato, domattina ci sentiremo tutti più leggeri" ridacchiò mestamente.

  "Ne sono convinto!" replicò lui. "Specialmente, se non mangio affatto."

  "Ehi, Frick!" chiamò un soldato, rivolto a un compagno ritto su un pentolone, intento a mescolare il contenuto. "Per dolce, che cosa ci consigli?" urlò a gran voce. Senza distogliere lo sguardo dal pentolone, Frick inarcò un sopracciglio e sorrise.

  "Cervello di falco in semifreddo con contorno di fichi." Il soldato ammutolì, accontentandosi delle pacche di consolazione che i compagni gli assestarono tra le risate.

  Kellermann trattenne il fiato e addentò la coscia rinsecchita del suo falco. Quando si voltò la marchesa non era più al suo fianco. La vide allontanarsi, scuotendo le spalle per i risolini sommessi.

 
 

CASSANDRA - La Leggenda del Custode - Vol.1  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora