Capitolo 10

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"Come faremo a raggiungere la collina? Siamo senza cavalli!" Guenda continuava a lanciare le sue lamentele e Adele con un'occhiataccia la zitti.

"Abbiamo le gambe e siamo riposati. Gli armeni riusciranno ad aprire la botola, presto o tardi, e per allora noi saremo già lontani" disse con tono perentorio.

Svolti gli ultimi preparativi, l'energica governante si mise in testa al gruppo. Si accostò a una parete e, subito dopo, allungò una mano su una leva ricurva nascosta in una nicchia. La parete si mosse. Adele la aprì con una spinta energica. Essa accedeva a un lungo corridoio.

"Non fate rumore!" ordinò con voce sommessa.

Tutti si immobilizzarono; qualcuno si era pure appiattito contro il muro. Lentamente, poi, cominciarono a seguirla con passo felpato e trattenendo, quasi, il respiro. Dopo una buona mezz'ora di tragitto, illuminati da due torce, la comitiva si arrestò bruscamente. Una parete liscia sbarrava il passaggio, ma una botola rettangolare dalla larghezza di un uomo sovrastava le loro teste.

"Siamo arrivati!" esclamò Adele con un sorriso di trionfo. Salì, dunque, la scaletta di legno e aprì la botola. Furtivamente, fece emergere gli occhi dall'oscurità, guardandosi più volte attorno per essere sicura che non ci fosse nessuno.

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Era trascorsa mezza mattina, quando il gruppo uscì dalla foresta per giungere ai piedi della collina.

I soldati armeni avevano impiegato molto tempo, invece, prima di trovare il passaggio che conduceva ai sotterranei, ma a differenza di quanto aveva previsto Adele, impiegarono ancora più tempo per capire come veniva azionata quella strana leva a forma di uncino. Una volta giunti nelle cantine, però, nulla attirò la loro attenzione.

"Niente! Maledizione!" imprecò Levon dando un calcio al braciere spento e ben ripulito. "E' come se qui non ci fosse mai stato nessuno!" ringhiò il principe.

"Impossibile!" intervenne il comandante Azir. "Non possono essersi volatilizzati nell'aria. Abbiamo assediato il castello per giorni. Se non sono passati per il ponte levatoio, devono essere per forza qui!"

Levon non immaginò neppure che l'astuzia di un'altra donna era riuscita a giocarlo. Adele aveva ripulito, accuratamente, la cantina, attenta a non lasciare tracce. Aveva spento il braciere, portandosi dietro la cenere dei carboni. Aveva sistemato il rozzo mobilio; fatte sparire le bende dei feriti e tolte le tracce di sangue dal pavimento, con una strana mistura, dando così l'impressione che nessuno avesse mai risieduto in quel luogo. Parecchie provviste, poi, erano rimaste al proprio posto. L'apertura del corridoio, infine, accedeva alla parete con lo stesso marchingegno della botola d'entrata. Difficile, dunque, scovarla.

"Abbiamo sottovalutato questi danesi, mio signore!" azzardò il comandante.

"Ho fatto ispezionare l'intera fortezza, i campi, le abitazioni, e questo vicolo era l'unico posto dove potevano essersi nascosti. Deve esserci un altro passaggio, qui da qualche parte!" continuò adirato, Azir. "Impiegheremo, però, dell'altro tempo per trovarlo e quella gente sarà ormai lontana" azzardò dopo un po', aspettandosi una reazione avversa da parte del suo signore. Si stupì, invece, della risposta calma che egli diede.

"Voi avete studiato l'intera zona, Azir. Che cosa proponete?"

Il comandante sostenne il respiro. "Ci sono alcuni villaggi dietro le zone collinose, saranno diretti laggiù. Non sarà difficile stanarli."

Levon lo guardò dritto negli occhi. "Sono villaggi abbandonati. I vostri uomini li hanno devastati!"

"Le chiese sono però intatte!"

CASSANDRA - La Leggenda del Custode - Vol.1  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora